Contro lo spopolamento i protagonisti sono “quelli” che hanno resistito

Per rilanciare i borghi occorrono gli abitanti dei borghi. Quelli che hanno resistito. Che non ce l’hanno fatta a serrare alla meno peggio le case di una vita. Le porte dei paesi sono narranti, trasudano di vissuti, dicono storie. Per questo meritano di essere spalancate. Chi resiste va premiato, coinvolto, è una risorsa senza precedenti.
Nei nostri paesi le porte delle case sono ancora aperte. Nei vicoli lo smog non entra, e spesso neanche la paura. Questa è la cifra che caratterizza il Sud, tanti luoghi un tempo vissuti e ora sempre più deserti.
Premiarli significa non dimenticarsi dei servizi essenziali.
Ci sono alcuni villaggi, nel nord Europa, nelle zone più fredde, dove ti danno una casa e ti pagano fior di quattrini se ti trasferisci lì. Sanno già che devono garantirti salute, lavoro, utilità, e in cambio chiedono di animare villaggi e campagne, e ovviamente di lavorare.
Da noi è spesso il contrario. Quasi ti costringono ad andare via dal paese, perché nel paese non c’è niente.
L’unico ossigeno è quando ci impianti un po’ di eventi culturali, quando fai chiasso nella piazza. E quelli che sono rimasti partecipano: prendono le sedie della loro cucina e stanno all’aperto. E se hai bisogno di qualcosa non ti dicono di no. Questa è ricchezza. E disperderla è un po’ come sfocare la propria identità.
Per rivitalizzare i borghi occorre pure che chi ha avuto il coraggio di restare si rimbocchi le maniche. Che lotti per quelle casette tra i vicoli un tempo vivaci e ora piuttosto silenziosi. Che non ci si arrenda al declino e alla dimenticanza ma si tenga viva la memoria.