Attualità
Meeting Rimini. Roberta Metsola: “lottiamo per l’Europa”

Buongiorno a tutti.
Grazie per avermi accolta qui. È un onore, ma anche una responsabilità, riporta le nostre riflessioni in Europa.
Grazie Presidente Scholz – grazie, caro Bernhard – per il vostro invito e per il caloroso benvenuto.
E grazie anche a tutti i volontari che ho incontrato stamattina e alla società civile, che hanno reso possibile tutto questo.
Volevo iniziare dicendo che l’Europa è ciò che noi – tutti noi – abbiamo il coraggio di rendere possibile.
Non è definita. Non è completo. Ma il destino di questo progetto unico al mondo dipende da ciascuno di noi.
Ecco il mio appello: lottiamo per l’Europa. Non permettiamo mai di arrenderci. Non sottovalutiamo mai ciò che possiamo diventare.
Siamo ancora all’inizio del nostro progetto. Sì, il mondo è cambiato, sì, gli Stati Uniti sono più complicati di un tempo, sì, la guerra in Ucraina aveva messo in luce la nostra dipendenza dalla Russia, sì, la terribile situazione a Gaza ha mostrato a una nuova generazione quanto abbiamo bisogno di un’Europa più forte che promuova la pace e sì – come ha detto Mario Draghi – la forza economica e il soft power dell’Europa non sono più sufficienti per garantire che l’Europa resti un leader globale.
Lo status quo significa arrendersi. Significa lasciare l’Europa ai margini, L’Europa non è mai stata spettatrice nel mondo e non dobbiamo mai abituarci a esserlo. Siamo leader. Dobbiamo solo avere il coraggio di prendere le decisioni necessarie.
È tempo di smettere di guardare all’Europa così com’è e iniziare a costruire l’Europa che può essere.
All’Europa restano due sole opzioni: un cambiamento coraggioso o la lenta e dolorosa spirale verso l’irrilevanza. Io sostengo il cambiamento. Il Parlamento Europeo sostiene il cambiamento.
Sappiamo tutti che il cambiamento non è facile. Il cambiamento comportamentale.
Dobbiamo porci le domande difficili: vogliamo essere in grado di difenderci? Vogliamo davvero integrare i nostri mercati e sbloccare il grande potenziale che conosciamo? Vogliamo sostenere le nostre imprese, i nostri imprenditori? Vogliamo garantire il nostro modello di libera impresa e di reti di protezione sociale?
Allora la risposta, amici miei, è una sola: Europa. L’Europa che può essere. È ora il momento di costruire.
È vero ciò che dice Bernhard: l’Unione Europea ha affrontato sfide che pochi anni farebbero state impensabili. Queste sfide sono reali, e gli ultimi anni ci hanno insegnato che, per rispondere al nuovo mondo in cui viviamo, l’Europa deve cambiare. Se non siamo leader siamo follower.
Deve diventare più agile, più veloce, più giusta, più capace di produrre risultati concreti per le persone; Deve saper usare al meglio gli strumenti a disposizione e avere il coraggio di crearne di nuovi quando non li possediamo ancora. Significa riconoscere che lo status quo, con cui tutti ci eravamo sentiti a nostro agio e che ha garantito cambiamenti per una generazione, non è più sufficiente.
Il coraggio è una parola difficile da usare in politica. A volte sembra che tutti vogliano il cambiamento, ma pochi sono realmente disposti a cambiare.
Negli ultimi anni il Parlamento europeo è stato riformato in modo radicale, perché’ abbiamo capito che se le nostre istituzioni diventano troppo miopi, troppo comode o troppo appesantite dalla burocrazia per adattanti i cittadini perderanno fiducia nella capacità dell’Europa di mantenere le promesse. Il mio caro amico David Sassoli ci aveva allertato su questo anche qui, a Rimini.
Gli europei sono, per natura, costruttori, innovatori, inventori, imprenditori: creiamo e aspiriamo all’eccellenza. Questo ha reso la nostra parte del mondo protagonista del progresso globale e delle rivoluzioni industriali. Così abbiamo creato arte, coltivato cultura, costruito imprese e portato generazioni dalla povertà e dalla guerra alla prosperità. Pochi questo sanno meglio dell’Italia.
Ieri mattina ero in un paesino della Calabria e ho incontrato Nicola, un giovane imprenditore. E quello che Nicola vuole dall’Europa è che rendiamo la sua vita un po’ meno complicata per far sì che la sua piccola impresa possa crescere nella sua bellissima terra. Nicola non ci sta chiedendo troppo.
Ecco perché il mio, oggi, è un messaggio di ottimismo e speranza. Di fiducia nella nostra capacità di essere all’altezza di questo momento storico. L’Europa non è nata per essere spettatrice, e non è nella sua natura diventarlo.
Il primo passo è creare le condizioni per una crescita stabile e sostenibile: semplificando le regole, rafforzando il mercato unico e sviluppando il commercio. E vi assicuro: il Parlamento europeo non si sta tirando indietro dal prendere le decisioni necessarie per far avanzare l’Europa.
Qualche mese fa, il Presidente Mattarella, durante la sua visita al Parlamento europeo ha definito il nostro Parlamento “il centro di gravità che collega le istituzioni ei cittadini” – questa è una responsabilità che prendiamo molto seriamente.
Per quanto riguarda la nostra agenda di semplificazione – il cuore del nostro impegno per costruire un’Europa che funzioni meglio per i suoi cittadini – stiamo facendo progressi.
In Italia – e in Europa – non mancano innovatori, talenti e creatività. Ho visitato molti luoghi d’eccellenza tecnologica, tra questi il supercomputer Leonardo, tra i più potenti d’Europa, che si trova a Bologna, capace di elaborare enormi quantità di dati e sostenere ricerca e innovazione. Ma sappiamo anche che approvare 13.000 provvedimenti legislativi nella scorsa legislatura – contro i soli 3.000 negli Stati Uniti – frenerebbe chiunque dal poter guidare la strada verso il futuro.
Dobbiamo essere onesti con noi stessi: capire dove siamo andati troppo in fretta e dove invece non siamo andati abbastanza lontano. È questa riflessione, questa consapevolezza, che oggi deve guidare il nostro modo di governare e legiferare e il lavoro quotidiano che io ei miei colleghi svolgiamo nella vostra Casa in Europa.
È questo approccio che ha portato al compromesso sul dossier degli imballaggi, grazie soprattutto al contributo dell’industria italiana e agli sforzi degli eurodeputati italiani.
Come alcuni colleghi presenti in sala e che saluto: i colleghi Picierno, Sberna, Fidanza, Salini, Gori. Grazie di essere qui. Tutto questo lavoro ci ha permesso di posticipare l’applicazione di alcune norme aziendali e di rinviare l’applicazione degli obblighi di rendicontazione e di due diligence per le imprese, e di adeguare le soglie tariffarie di importazione, proteggendo le aziende europee ancora in fase di consolidamento.
Dobbiamo restare allineati ai nostri cittadini. In Europa le nostre industrie sostengono milioni di posti di lavoro. L’Europa dovrebbe dare meno lezioni dal tono moralista e agire di più. Sono orgogliosa delle nostre industrie e voglio sostenerle, non ostacolarle.
In definitiva, il nostro principio è semplice: dove possiamo semplificare, dobbiamo farlo; dove occorre correggere e adattarci alle nuove realtà – dobbiamo farlo. Questa è la direzione che stiamo dando al nostro lavoro.
Lo stesso vale per il rafforzamento dei nostri mercati unici nei settori dell’energia, dei servizi bancari, dei mercati dei capitali, delle telecomunicazioni e della difesa.
È così che potremo colmare il divario tecnologico tra Stati Uniti e Cina. Un’integrazione più profonda potrebbe sostenerlo. Ridurrebbe i costi, aumenterebbe gli investimenti e renderebbe più facile per le imprese operare in tutta Europa.
Una delle notizie più rilevanti degli ultimi mesi riguarda i negoziati commerciali tra Unione europea e Stati Uniti.
Su questo voglio essere inequivocabile: non esiste alleanza più solida, né sintonia democratica più profonda nella storia del mondo moderno, di quella tra Europa e America. Le nostre aziende sono integrate, così come i nostri stili di vita.
L’accordo commerciale provvisorio è un passo avanti per le nostre relazioni transatlantiche – e per la fiducia tra i nostri due continenti. Il Parlamento farà la sua parte: lo esaminerà un fondo per garantire che funzioni per le imprese ei consumatori europei.
Ma dobbiamo anche trasformare questa esperienza in un insegnamento. Dobbiamo guardare oltre, verso la partnership con Africa e America Latina, basata su investimenti e relazioni commerciali solide.
Questo è il messaggio che condivido in ogni Paese e che porterò al G7 dei Presidenti dei Parlamenti in Canada la prossima settimana.
L’Europa non si è mai tirata indietro di fronte alla costruzione della cooperazione globale. Nessun luogo lo dimostra meglio dell’Ucraina: Kiev non sarebbe libera senza il sostegno europeo, ei negoziati di pace non sarebbero possibili senza gli sforzi costanti dell’Europa. In questo impegno desidero ringraziare il Presidente Meloni e il Ministro degli Esteri Tajani per il contributo determinante dell’Italia nel difendere i valori europei. Abbiamo sempre spinto per la pace – una vera pace – che nasce dalla capacità dell’Ucraina di restare forte. Dobbiamo continuare a spiegare perché il nostro sostegno all’Ucraina è così determinato. Non è solo altruismo: è la nostra capacità di difenderci, è l’aspirazione dell’Europa a vivere libera. Un principio che non dimenticheremo mai.
Ecco da dove nasce la nostra insistenza su vere garanzie di sicurezza – perché la storia ci insegna che senza di esse tutto ciò che otterremmo sarebbe solo il rinvio di un conflitto più grande, più sanguinoso, con conseguenze ancora peggiori.
Quindi, certo che vogliamo la pace. L’abbiamo sempre voluta. Ma una pace duratura. Che mantenga tutti noi al sicuro. Che si fondi sul principio del “niente sull’Ucraina senza l’Ucraina” – e perché ciò accada deve significare che nulla sull’Europa possa essere deciso senza l’Europa. Non perché vogliamo la guerra ma perché vogliamo la pace.
Quindi bene quanto sia essenziale mantenere il consenso dei cittadini, soprattutto oggi, quando le giovani generazioni si mostrano più scettiche. Per questo abbiamo bisogno del Parlamento europeo – la voce eletta dei cittadini.
Dobbiamo anche rivolgerci a un pubblico più giovane e più scettico sul ruolo dell’Europa nel tracciare una via d’uscita in Medio Oriente e a Gaza, dove la situazione resta orribile. Troppe vittime innocenti. Gli ostaggi non sono ancora stati rilasciati. E troppi bambini stanno pagando le conseguenze, ieri altri giornalisti sono stati uccisi: questa situazione è intollerabile.
Vogliamo che le uccisioni cessino. Che la sofferenza finisce, che gli ostaggi vengono rilasciati. Non possiamo essere indifferenti.
Lo dobbiamo a tutte le generazioni future per aiutare a porre fine a questo ciclo di guerra perpetua. E questo è possibile.
Cari amici,
Sicurezza, competitività, sussidiarietà, semplificazione, pace – non sono soltanto parole d’ordine. Sono i mattoni del prossimo capitolo europeo.
Se vogliamo la pace, dobbiamo proteggerla. Se vogliamo la crescita, dobbiamo renderla possibile.
Se vogliamo la fiducia, dobbiamo meritarla. E se vogliamo essere guida, allora dobbiamo cambiare – con leggi più intelligenti, politiche più coerenti e il coraggio di agire.
Il Parlamento europeo è sempre stato chiaro e coerente nel difendere la pace, la dignità umana e la centralità della persona. E lo dico come cattolica, come profonda europeista, come figlia del Mediterraneo e come Presidente europea.
Grazie. Viva l’Italia, viva l’Europa.
