Cultura
Anniversario Nostra Aetate. Il rabbino Zoller e gli studi sull’ebraicitá di Gesù
Il rabbino di Trieste convertito al cristianesimo anticipa temi poi ampiamente sviluppati dalla Terza ricerca sul Gesù storico
Il mese di ottobre 2025 può essere un’occasione per riprendere in mano “Nostra Aetate”, la dichiarazione del Concilio Vaticano II circa il rapporto con le religioni non cristiane. Il testo definitivo (la precisione è opportuna visto che ha avuto una lunga genesi, nel merito delle quali non entriamo) venne pubblicato il 28 ottobre 1965, esattamente 60 anni fa. Israel Zoller fu un rabbino ebreo che visse e operò prima del Vaticano II, di cui però anticipò alcuni temi, poi divenuti centrali nella riflessione interreligiosa ed ecumenica della seconda parte del XX secolo. Temi come l’ebraicità di Gesù diventati fondamentali nella terza ricerca sul Gesù storico, e che ancora oggi costituiscono parte importante dei manuali di cristologia. Nato nel 1881, Zoller fu per molti anni rabbino a Trieste, dove guidò con grande vigore la comunità. Insegnò all’Università di Padova finché – nel 1938 – non gli fu impedito dalle leggi razziali e, nel 1939, divenne direttore del Collegio rabbinico e rabbino capo a Roma. Nella Capitale fu spettatore in prima persona del rastrellamento nel ghetto ebraico del 16 ottobre 1943. Successivamente, senza poter qui entrare nei dettagli, Zoller abbracciò la fede cristiana, cambiando il nome in Eugenio (in onore di papa Pacelli) Zolli. Zolli è così affascinato dalla figura di Gesù, da voler indagare in cosa consiste la straordinarietà del maestro di Nazareth. Il tema, compiendo un passo trasversale, interesserà molti studiosi ebrei, tra cui il rabbino Jacob Neusner, e trova parimenti spazi nei manuali di sistematica cristiana meglio progettati. Il punto di partenza, oggi, per recepire la sensibilità di Zolli, è proprio la consapevolezza dell’ebraicità di Gesù. Questo tema, anche in ambito teologico, oggi è indiscutibile. A ben vedere, tale approdo scientifico risulta decisivo nei tempi presenti, quando si nota un proliferare di pubblicazioni sui vangeli dal punto di vista ebraico. E siccome Zolli, così come i migliori teologi e i rabbini più avveduti, si interroga sull’identità di Gesù, si nota la sua risposta onesta e aperta a ogni forma di dialogo. “Gesù parla come uno che ha “exousia” (potere, gloria), cioè non come uno che rappresenta un potere terrestre, ma come uno che ha ricevuto l’autorizzazione religiosa e morale da Dio stesso“. In sostanza Gesù colpisce l’ebreo perché ha una certa autorità, e – si potrebbe aggiungere – perché i suoi interlocutori hanno percepito la sua specialità. Zoller si inserisce nelle file dei tanti esperti che ritengono non possibile ricostruire il Gesù terreno, credendo piuttosto che una conoscenza del maestro di Nazareth possa aversi attraverso la mediazione di chi lo ha incontrato e poi testimoniato. Zoller non deprezza la figura di Gesù nell’ebraismo, né considera poco originali le sue azioni e le sue opere, ma rileva proprio la forza dei “loghia” (i detti, ndr) pronunciati, capaci evidentemente di una forza decisiva nella percezione dei suoi contemporanei e nel contesto di riferimento.
