Calcio e violenza. Fiasco: “Combattere la degenerazione nello sport con una politica educativa e culturale per ritornare ai valori”

Una partita di calcio tra adolescenti con un finale imprevisto. È successo a Collegno nel Torinese, al termine del match fra le squadre giovanili under 14 del Csf Carmagnola e del Volpiano Pianese, nell’ambito del torneo Super Oscar: al triplice fischio finale, durante una rissa in campo scoppiata fra ragazzini, il papà di un giocatore del Carmagnola ha scavalcato le recinzioni per andare a picchiare il portiere della squadra avversaria, di 13 anni. Il giovane portiere è stato portato in ospedale, dove i medici hanno riscontrato la frattura del malleolo. Intanto, il giudice sportivo Roberta Lapa della Lega Nazionale Dilettanti ha squalificato per un anno il portiere del Volpiano Pianese, picchiato dal papà del rivale, e un giocatore del Carmagnola coinvolti nella rissa per “la gravità della condotta violenta assunta da ragazzi in età giovanissima, che inficia i sani principi dello sport improntati alla correttezza e al rispetto dell’avversario”. Il padre violento, una volta fermato, si è difeso proprio dicendo che il portiere ha iniziato per primo colpendo il figlio, ma certo questo non giustifica la sua azione, che, dice al Sir il sociologo Maurizio Fiasco, è meno rara di quello che possiamo immaginare.

Professore, non è un caso unico quello avvenuto a Collegno?

L’episodio sconcerta perché un adulto, che va a separare i ragazzi che si azzuffano, poi è il primo che malmena un tredicenne, ma non sono così rari gli episodi di violenza di adulti verso ragazzi, benché non arrivati fino a fratturare un osso come nel caso del giovane portiere. Quest’ultimo caso è stato particolarmente cruento.

Già era scoppiata una zuffa tra i ragazzini delle due squadre, tanto che ci sono state delle squalifiche da parte del giudice sportivo. Non si riesce a creare un sano agonismo?

La zuffa tra i ragazzi mentre giocano una partita è un classico. Bisognerebbe cercare di evitarla, ma non è un fenomeno di oggi, fa parte dell’esuberanza adolescenziale o giovanile. Certamente, una zuffa viola lo spirito dello sport e soprattutto il suo carattere educativo, l’apprendimento delle regole di rispetto degli avversari, di lealtà, di gratuità, perché lo sport nasce come un’esperienza libera, gratuita. Con un sapiente allenatore, un arbitro all’altezza, un contesto corretto, una zuffa si spegne sul nascere.

Nel caso di Collegno l’aggravante è la violenza perpetrata da un genitore su un ragazzino…

L’aspetto degenerativo è dato dal fatto che sono parecchi gli episodi dove la proiezione degli adulti, dei genitori, sulle prestazioni, sul ruolo, sul trattamento, sui risultati del figlio in campo, trascende in identificazione fino al punto di pervenire alla visceralità e si trasforma in accanimento fino alla violenza partigiana. Anche in caso di lite tra coetanei, l’adulto, invece, pur se è il genitore di uno dei contendenti, dovrebbe avere una posizione di terzietà, è chiamato a spegnere il conflitto, non ad alimentarlo.

Lo sport dovrebbe insegnare tanti valori positivi…

È così, anzi dimentichiamo, solitamente, un dettaglio importante.
Nel novembre 2023 è stato modificato l’articolo 33 della Costituzione e lo sport è diventato un valore della Carta fondativa della Repubblica.
Ed è stato introdotto in Costituzione proprio perché è la sintesi di valori fondativi della Repubblica, cioè la legalità, l’educazione, il rispetto delle regole, la salute, l’armonico sviluppo della personalità, la coesione sociale. Questo comporta che a tutti i livelli lo sport deve essere promosso perché vi sia la più ampia pratica, le più ampie opportunità, il rigoroso rispetto dei canoni che definiscono una pratica quale sport. Da una parte, vanno promossi i valori dello sport non con qualche manifesto retorico, ma con programmi educativi, di socializzazione, di facilitazione dell’accesso alla pratica sportiva, di gratuità perché deve essere consentito a tutti praticare sport indipendentemente dal reddito; dall’altra, questo inserimento in Costituzione obbliga anche a rimuovere tutti quei fattori che sporcano l’idea e la prassi dello sport, come la costruzione di sistemi finanziari e di scommesse attorno allo sport. E quando lo sport diventa un business persino speculativo ci sono ricadute a cascata.

Persino in episodi come quelli di Collegno?

Può sembrare strano, ma la risposta è affermativa. Per promuovere le sorti commerciali degli eventi sportivi, non si va tanto per il sottile nel sostegno alle tifoserie che escono fuori dal seminato, come dimostrano alcune inchieste, ad esempio in Lombardia. Le tifoserie violente, infatti, portano pubblico, incidono sul risultato, che determina la valorizzazione finanziaria del club, magari quotato in borsa. Ci sono, poi, le sponsorizzazioni da parte del mondo dell’azzardo. Insomma, si creano brecce, che aprono anche alla delinquenza. A ciò si aggiunge un’altra falla: il trasferimento di quella che un tempo era la delinquenza politica nella delinquenza tra tifoserie: si miscelano tifo estremo, estremismo politico, delinquenza di periferia, che attraverso l’insegnamento alla pratica della violenza durante gli eventi sportivi ammaestra e forma le leve per altre attività violente sul territorio. Dunque, c’è più di un motivo per essere preoccupati. Dentro questo grande movimento attorno allo sport, i tornei che dovrebbero essere il massimo della gratuità vengono sporcati da aspettative legate alle scommesse, anche nelle partite di periferia, alla reputazione dei cognomi dei giovani calciatori che sono in campo. Capita, ad esempio, che tra i giovani calciatori in campo ci siano i rampolli di famiglie malavitose. Tutti questi elementi insieme favoriscono anche episodi come quelli di Collegno, segno di un comportamento tribale ricorrente, che non viene identificato, visto e sufficientemente scoraggiato proprio per tutto quell’inquinamento che fa da sfondo. Sarebbe sbagliato liquidare quanto avvenuto in Piemonte come un fatto di costume, senza considerare tutto quello che c’è dietro. Da non dimenticare anche un altro aspetto.

Ci dica…

Abbiamo messo lo sport in Costituzione, ma la pratica attiva degli sport nelle varie discipline subisce una costante contrazione, rispetto al 2019 un ragazzo su tre non pratica più lo sport. C’è una sostituzione della pratica sportiva all’aria aperta o in palestra con i videogiochi, con le scommesse. Mentre registriamo un’esaltazione per i successi mondiali in alcune discipline, il tennis, la pallavolo, il nuoto, resta la degenerazione dello sport più seguito in assoluto, il calcio, nella antisportività del sistema di mercato, nella diffusione della dipendenza da gioco d’azzardo, anche nell’ambiente degli stessi campioni. È necessario che questa miscela che deturpa e sporca lo sport sia fatta evaporare. Anche questo episodio di Collegno, oltre a sconcertarci e indignarci, deve diventare l’innesco di una serie autocritica per correggere una politica generale sullo sport, che per definizione deve essere una politica che rende lo sport accessibile a tutti i cittadini, a cominciare dai cittadini ancora in età evolutiva.
Occorre costruire una politica per lo sport, che sia anche una politica culturale, una politica educativa.

Gigliola Alfaro