Territorio
“Mio nonno pescatore, mio papà pescatore…E io pure”

Da Fuscaldo la storia della famiglia di Giuseppe Pollola, ingegnere che conserva i segreti e l’arte della pesca della sua famiglia. Su PdV del 30 luglio una bella storia con foto inedite
Giuseppe Pollola, ingegnere di professione, vive a Fuscaldo e compatibilmente ai suoi impegni professionali coltiva la passione per la pesca tramandata da suo nonno Giuseppe Pollola (grande pescatore in generale e famoso pescatore di alici in particolare) e da suo padre Antonio.
La sua passione per la pesca nasce da un amore profondo che le è stato tramandato.
Grazie alla mia famiglia, tutta la mia vita ha forti ricordi legati alla pesca. Ancora oggi ricordo che da piccolo, quando la mattina mi svegliamo presto per andare a scuola dalle Suore a Paola, alle 06:30 ero già pronto, e mentre mia madre mi preparava la colazione, mio nonno, i figli e gli altri pescatori rientravano dal mare con il pesce pescato e mia nonna aveva già cucinato di buon mattino pasta e alici e alici fritte. Io non mangiavo mai il latte con i biscotti e non ho mai avuto problemi di svezzamento o di intolleranza. Inoltre, mio nonno che rimase orfano all’età di 10 anni è vissuto con suo nonno che a sua volta era un navigante sulle navi mercantili e così anche lui ha iniziato. A soli 13 anni era imbarcato nelle Lampare per la pesca delle alici. In breve tempo divenne un grande e famoso pescatore di Alici.
Ricorda un episodio o più in particolare della vita in mare raccontata dal nonno o da suo padre?
Era l’ 8 marzo del 1937, mio nonno in una sola nottata e a pochissima distanza dalla riva riuscì con la sua esperienza a pescare 33 quintali di alici utilizzando una rete piccolissima e una lampara insignificante rispetto agli standard attuali, proprio perché il mare era pienissimo di alici. Questo episodio rimase nella storia di Fuscaldo e stuzzicò l’attenzione di un commerciante del luogo, si chiamava Giuseppe Gambardella, era di origine napoletana e a Fuscaldo aprì un negozio di genere alimentare. Deve sapere che all’epoca molti proprietari di questi generi alimentari sulla nostra costa tirrenica – cosentina erano di provenienza campana. Gambardella vide questa grande quantità di alici pescate, quindi rientrò nel suo paese di origine, una frazione di Napoli, credo di chiamasse Bacoli e raccolse tutti i disoccupati, li portò a Fuscaldo e divennero anche loro abili pescatori, si sposarono e misero su famiglia. Ci fu all’epoca una sorta di immigrazione al contrario, da nord verso sud, perché questo nostro posto era ricchissimo di pesce e di alici in particolare. Infatti, sempre un grande imprenditore napoletano del tempo di caratura internazionale, Aurelio Zurlo, nel 1938 impiantò una salagiona. Praticamente un laboratorio artigianale dove si salano le alici e le sarde. Riusciva a mettere il pesce salato nelle latte a chiuderle con la banda stagnata, una rivoluzione per quel tempo, e ad esportarle in Canada e Nord America. Resistette fino agli anni ‘50-51 mi raccontò mio padre, successivamente subì la concorrenza delle cosiddette alici del mar cantabrico. Il paradosso risiede nel fatto che gli spagnoli non hanno mai pescato alici nella loro storia e ad insegnargli a pescare le alici furono pescatori calabresi e siciliani che si trasferirono lì per motivi di lavoro.
La pesca negli anni si è evoluta e suo nonno non si fermò solo alla pesca delle alici, era bravo a pescare anche quali altri tipi di pesce?
Mio nonno ha fatto una serie di altri tipi di pesca tipo le ricciole. Poi, negli anni ‘60-70 è stata introdotta un nuovo tipo di rete, le cosiddette spadare che però oggi non si possono più usare perché c’è una direttiva europea comunitaria del 1992 che ne bandisce l’utilizzo in quanto si pescavano anche delle specie accessorie in via d’estinzione. Quindi tu mettevi la rete per i pesci spada ma pescavi anche tartarughe, delfini e giustamente la comunità europea le ha bandite. Però all’epoca, quando si potevano usare, ricordo di pesci spada anche di tre quintali pescati nel nostro mare. Questo è stato un altro capitolo di questa storia. Negli anni del boom anche la pesca ha contribuito al boom turistico del terreno cosentino. Molte famiglie venivano qui, intanto perché si stava bene e perché c’erano i dancing e le piste da ballo, poi c’erano le radio e pensi che molti turisti e anche famiglie importanti della Cosenza bene amavano andare a pescare di notte con mio nonno e con gli altri pescatori.
Come si è poi evoluta la tecnologia e i metodi della pesca?
All’epoca di mio nonno la prima fonte luminosa era alimentata sostanzialmente da un derivato del petrolio, l’acetilene. L’acetilene, che è un idrocarburo ciclico aromatico derivato dal petrolio, ha una caratteristica particolare: per raggiungere il cosiddetto effetto joule, ora è l’ingegnere che parla, ha bisogno di andare in pressione quindi lo devi mettere in una bombola, lo devi pompare per 6-8 ore a mano per accendere la lampada per un tempo di circa un’ora, immagini la fatica che facevano i pescatori. Uno pompava la lampara e gli altri a remi andavano a 3-4 miglia dalla costa. Successivamente è arrivato il GPL e tutto divenne molto più semplice. Nel mezzo è stato un passaggio curioso che pochi sanno. In tempo di guerra non solo c’era la fame in generale ma c’era anche il coprifuoco. I militari impedivano ai pescatori di pescare con la lampada perché la fonte luminosa che serviva a tirare le alici in realtà attirava pure i nemici e allora anziché mettere la lampada in superficie avevano studiato una grossa lampada in un contenitore di stagno con un tubo, con un cavo elettrico che loro alimentavano con le batterie dei treni che andavano a gasogeno. La calavano sotto la superficie e riuscivano a pescare lo stesso. Questa è una curiosità che però è durata solo in tempo di guerra. Poi è arrivato il GPL, le bombole del gas, fino ad arrivare ai giorni nostri dove ci sono i gruppi elettrogeni che sono alimentati ad energia elettrica con i motori. Tutto ora è molto più facile. Ancora, un altro metodo di pesca che si usava nel dopoguerra, oggi pressoché in disuso, è il cianciolo, l’antica menaica, cioè praticamente era una rete nella quale le alici rimanevano impigliate con la testa e venivano tirate dalla rete una per uno, quindi un grande lavoro.
Nella tipicità del territorio c’è anche la pesca del tonno?
I tonni una volta erano pesci accessori perché non si avevano reti apposite per pescarli. Erano talmente grossi e talmente potenti che le reti per le alici e per il pescespada le distruggevano, giusto qualcuno si impigliava. Poi negli ultimi anni, sono stati costruiti dei palangari un attrezzo per la pesca che include del nylon molto resistente. Poi però è intervenuta la grande pesca internazionale con le tonnare volanti e la comunità europea ha stabilito le cosiddette quote tonno. Hanno inventato il sistema di gabbie. Tuttavia i tonni ogni anno percorrono circa 10.000 miglia nautiche e arrivano a deporre le uova in larga parte tra le coste della Sicilia, della Sardegna e della Calabria ed in particolare del tirreno cosentino dal mese di maggio.
Avete dato luce a delle antiche ricette? Quali?
Le racconto una ricetta che è un unicum e fu inventata dalla mia nonna Vilardo Franceschina, originaria di Fuscaldo Paese. Sposò mio nonno e si promisero amore eterno. Ebbero 12 figli e stettero insieme 70 anni. Immagini questa donna con 11 figli, incinta del dodicesimo figlio, bene è rimasta nella storia per aver scapato e salato in una sola giornata 12 casse di alici. La cosa che però lei non sapeva fare è come si salassero le alici. Proveniva da una zona di montana, sopra il Pesco che si chiama Acquicella, e lei a mare non c’era mai stata. Mio nonno gli portava quintali di alici che lei doveva salare e siccome la sua famiglia faceva il maiale, lei era abile nel preparare la soppressata che si faceva con carne di coscia e pepe nero, attinse da questa tradizione e cominciò a fare le alici col pepe nero in grani. Un prodotto straordinario perché dopo 5-6 mesi di stagionatura diventavano rosa confetto e avevano un profumo inebriante. Vede, certe volte per errore nascono delle ricette straordinarie che hanno fatto la nostra storia. Mio nonno tutte le notti mangiava queste alici. Molti le volevano anche comprare, tanto erano buone.