Internet e famiglia. opportunità e sfide per una nuova comunicazione

La lectio integrale di monsi. Scotti nell'incontro di oggi al Seminario di Rende nell'ambito del Festival della Comunicazione. Solo imparando nuovamente a raccontare la vita, il senso della vita, della famiglia, dell’amore, del lavoro, della bontà, della bellezza, del dono, si offre speranza a chi si sente “stanco e sfinito, smarrito e senza guida”, come ha detto a tutta la Chiesa papa Francesco nella lettera di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia.  La sfida di raccontare in internet la bellezza della famiglia.

Internet e famiglia.

Opportunità e sfida per una nuova comunicazione

 

E’ da molto tempo che la Chiesa si interroga su come affrontare la comunicazione che, da tema di studio riservato a chi frequenta le aule universitarie e a chi è un professionista dei media, è percepita sempre più ed è diventata una delle dimensioni importanti della vita. La comunicazione, ce lo ha confessato lo stesso papa Francesco al termine della Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, “dopo aver sentito mons. Celli devo cancellare il termine ‘settore’ per sostituirlo con ‘dimensione esistenziale’ importante…”[1].

 

La comunicazione non è un “settore”, ma è una “dimensione” della vita. Al punto che alcuni studiosi[2], ormai, preferirebbero abbandonare il termine – in sé scientificamente corretto, usato anche al Concilio Vaticano II, di “comunicazione sociale” – per sostituirlo, semplicemente, con “comunicazione” facendo in tal modo capire molto bene che comunicare chiede di tener presente molti altri aspetti.

E’ proprio per questo che papa Francesco, lasciandosi ispirare dall’icona evangelica della visita di Maria ad Elisabetta, ci dice che “la comunicazione è come un dialogo che si intreccia con il linguaggio del corpo”[3]. Per afferrare bene il senso di questa affermazione basterebbe osservare a come comunica papa Francesco. Solo così capiamo quanto la comunicazione ci chiede di mettere in gioco tutto il corpo, ci domanda di rimettere in gioco tutto il nostro essere.

 

Tutti noi percepiamo con immediatezza come il Papa vive questo “comunicare” in modo diretto, spontaneo. Qualche tempo fa, un giornalista italiano, Riotta, scriveva che “il Papa persuade perché ‘è’ autentico”[4]. E  Jenkins, in una recente intervista, aggiunge che «Papa Francesco sta ponendo una serie di questioni importantissime. E lo sta facendo in un modo che molta gente trova affascinante, attraente; il che aiuta a prendere sul serio quello che dice. In Europa e negli Stati Uniti molti agnostici si stanno interessando a lui. Sta creando ponti. Il suo è un grande lavoro»[5].

 

Già da questi semplici accenni si capisce come “comunicare” sia  un grande lavoro, anche se, forse proprio per questo, tutti noi oggi avvertiamo quanto non sia né semplice né facile. Non lo è soprattutto perché chiede di essere autentici, sempre. Lo è anche quando si ha a che fare – come avviene oggi – con la nuova realtà di Internet. E’ ancora papa Francesco a rilevare che “Oggi i media più moderni, che soprattutto per i più giovani sono ormai irrinunciabili, possono sia ostacolare che aiutare la comunicazione in famiglia e tra famiglie”[6].

 

In un certo senso è proprio quello che succede quando si entra nel campo dei social media e nel mondo digitale. Vi ricordate il Sinodo straordinario sulla famiglia dello scorso ottobre? E’ stato lo stesso papa Francesco a dire, a chiusura di quell’Assemblea, che “tanti commentatori, o gente che parla, hanno immaginato di vedere una Chiesa in litigio dove una parte è contro l’altra”[7]. Ebbene, questa percezione di comunicazione parziale, se non addirittura errata che ha avuto il Papa, non avviene solo a proposito dell’esperienza vissuta nel recente Sinodo o, come del resto è successo nella recente storia della Chiesa, per il Concilio Vaticano II. Lo ha testimoniato anche papa Benedetto nel suo ultimo incontro con i parroci di Roma: “c’era il Concilio dei Padri – il vero Concilio –, ma c’era anche il Concilio dei media. Era quasi un Concilio a sé, e il mondo ha percepito il Concilio tramite questi, tramite i media. Quindi il Concilio immediatamente efficiente arrivato al popolo, è stato quello dei media, non quello dei Padri”[8]. 

 

Sembra un discorso che ha a che fare con la Chiesa e la vita della Chiesa. Ma questa specie di divaricazione fra ciò che si dice e ciò che viene percepito nella realtà avviene anche nella nostra vita quotidiana. A volte ci sembra di essere buttati in una realtà nuova che ha la forza di dividere il mondo in due parti. E’ la divisione che si sperimenta esserci fra chi è nato dopo l’avvento di Internet e fra chi è nato prima di Internet. Forse è banale rilevarlo, ma veramente si può dire che Internet ha portato ad una divisione fra di noi. Divisione che inventa e formula anche delle nuove parole. Non solo per definire queste due categorie di persone, fra chi è nato prima e chi è nato dopo Internet. Noi, la maggior parte di noi, siamo degli “importati digitali”; i vostri figli, invece, sono dei “nativi digitali”. E non ci stupiamo che già dei bambini molto piccoli – i vostri nipoti – sanno giocare con il tablet o lo smartphone, mentre noi ci sentiamo impacciati e timorosi. Loro sono nati dopo l’avvento di Internet, sono dei “nativi digitali”.

 

Ecco dunque che le nuove situazioni fanno nascere nuove parole che generano nuovi vocabolari. E le nuove parole ci fanno intuire anche un’altra realtà: i “mass media” stanno diventando “media” con caratteristiche “personal”. Caratteristiche di “personal media” però che non sono quelle ipotizzate dal Cardinal Martini nelle sue lettere pastorali sulla comunicazione dell’inizio degli anni ‘90[9]. Pensate, solo come esempio, ai “gruppi di contatto” o ai “gruppi di amici” su facebook, dove non tutti vi possono accedere. Gruppi che invitano o escludono altri se questi non sono esplicitamente invitati.

 

La realtà che viviamo ora, lo si voglia o no, è che tutti, gli uni e gli altri, siamo diventati  abitanti di quel “Continente digitale” che è il nuovo ambiente nel quale ci troviamo e che, per tutti noi, è come l’aria che respiriamo ogni giorno. Così, ora, abitando in questo nuovo Continente, abbiamo il dovere di capire quali sono le sfide e le opportunità che questa nuova realtà ci offre. Lo scriveva già Giovanni Paolo II: “La nostra è un’epoca di comunicazione globale, dove tanti momenti dell’esistenza umana si snodano attraverso processi mediatici, o perlomeno con essi devono confrontarsi”[10]. Lo sappiamo tutti, ma è pur utile ricordare che questo confronto – e a volte questo scontro – avviene anche per quanto dice il Papa. Non solo, c’è incontro e scontro sul Papa stesso. Lui, come nel caso della famiglia, sa che deve confrontarsi e a volte scontrarsi con quella realtà che si chiama “comunicazione globale”. E se Riotta scriveva nel suo editoriale che il Papa convince perché è autentico, non si può dire che dappertutto e da tutti questa affermazione sia condivisa. Lo dimostrano i dati di una recente statistica che rileva come Papa Francesco convinca sì l’84% degli europei, il 78% degli USA e il 72% del mondo Latino americano, ma di contro convince solo il 44% degli africani, il 41% degli asiatici e, addirittura, il suo fascino e la sua capacità di coinvolgimento e di convinzione scende al 25% nel mondo Mediorientale[11].

 

Comunicare è difficile per tutti, dunque. Anche per uno che sembra sia in grado di conquistare le folle, come è certamente il caso di papa Francesco che ha un approccio comunicativo coinvolgente, immediato, attraente.

 

Insomma, non dovremmo mai dimenticare quanto scriveva Simone Weil: “Quando si parla del potere delle parole si parla sempre di un potere illusorio ed erroneo”[12]. E questo vale anche oggi. Lo ha ricordato qualche tempo fa, con rude schiettezza, il Cardinale Sarah: “A che serve sapere che l’account tweetter del papa è seguito da centinaia di migliaia di persone se gli uomini non cambiano concretamente le loro vite?”[13]. E’ necessario, dunque, riflettere ancora un po’ su ciò che ci sta donando papa Francesco con il suo messaggio per la giornata delle comunicazioni tutto incentrato sulla famiglia.

 

Lui scrive che la famiglia ha davanti a sé una sfida. Lo dice in questi termini: “La sfida che oggi ci si presenta è, dunque, reimparare a raccontare, non semplicemente a produrre e consumare informazione”[14]. Sembra un’affermazione scontata, ma è decisiva quando si vive in un tempo, come il nostro dove, invece, la performace è l’obiettivo unico cui aspirano i fautori del postumano[15].

 

Solo imparando nuovamente a raccontare la vita, il senso della vita, della famiglia, dell’amore, del lavoro, della bontà, della bellezza, del dono, si offre speranza a chi si sente “stanco e sfinito, smarrito e senza guida”[16], come ha detto a tutta la Chiesa papa Francesco nella lettera di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia. Solo riconoscendo con semplicità e verità che “la famiglia attraversa una crisi molto seria”[17] e che, continua il Papa, “E’ difficile formarla. I giovani si sposano poco. Vi sono molte famiglie separate nelle quali il progetto di vita comune è fallito. I figli soffrono”[18], solo riconoscendo tutto questo, sarà possibile parlare e raccontare con parole vere e significative la bellezza della famiglia e farla diventare uno di quei grandi progetti che solo chi ha il cuore giovane ed è coraggioso può osare di costruire. Papa Benedetto ci diceva che “La capacità di utilizzare i nuovi linguaggi è richiesta non tanto per essere al passo coi tempi, ma proprio per permettere all’infinita ricchezza del Vangelo di trovare forme di espressione che siano in grado di raggiungere le menti e i cuori di tutti”[19]. Ma su questa stessa linea, anche se forse non tutti se lo ricordano, papa Francesco nella sua prima intervista, quella concessa a padre Spadaro, diceva con vigore che “il pensiero della Chiesa deve recuperare genialità e capire sempre meglio come l’uomo si comprende oggi per sviluppare e approfondire il proprio insegnamento”[20]. Ecco, quindi, la domanda per noi: può Internet affrontare questa sfida? Può, l’abitante del continente digitale – in altre parole – saremo noi capaci di trovare parole, suoni, immagini e creare situazioni per dire e far percepire che la famiglia genera sì emozioni, sentimenti, affetti, ma è un qualcosa di più? Saremo capaci di una narrazione nuova, una narrazione dove la parola “amore”, legata alla realtà della famiglia, sia qualcosa capace di far ardere il cuore perché è in grado di far rima con la dimensione del sentimento e dell’emozione e, nello stesso tempo, con la fedeltà e la fecondità?

 

Questa è solo una delle domande affidate a noi, i nuovi abitanti del continente digitale. E ci lasciamo provocare da questa domande perché “anche nell’era digitale, ciascuno è posto di fronte alla necessità di essere persona autentica e riflessiva”[21]. Domanda che postula risposte tutte da costruire e che fa intuire sfide che aprono gli occhi su orizzonti nuovi e ci fanno cogliere, soprattutto noi che si è nel mondo universitario, il “fatto che l’uomo si sta interpretando in maniera diversa dal passato, con categorie diverse”[22].

 

Come aiutare dunque l’uomo a interpretare sé stesso e il mondo nel quale vive? Come aiutare a dire in modo univoco la parola “famiglia” all’abitante del continente digitale? Qual è la strada da percorrere per non trovarci con il cuore triste e affranto, come uomini e donne che non hanno speranza?

 

Recentemente, a Varsavia, in Polonia, si è tenuto l’incontro degli editori cattolici e, per quell’occasione, gli editori hanno invitato a parlare il cardinale Baldisseri, che è il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi. Lui, prendendo a prestito quanto aveva detto papa Francesco agli scrittori de “La Civiltà Cattolica”, ha sottolineato che ci sono tre verbi che devono far parte di chi vuol entrare in relazione con le persone oggi: “dialogo, discernimento, frontiera”[23].

Ce li dobbiamo ricordare tutti noi anche questa sera se vogliamo sanare “la frattura fra Vangelo e cultura”[24] che rende triste la nostra vita e faticosa, se non difficile, la comunicazione e se vogliamo comunicare sapendo dire “Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita … perché voi pure siate in comunione con noi; e la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo”[25].   

[1] Cfr. Papa Francesco, Discorso alla Plenaria del PCCS, 21 settembre 2013, https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2013/september/documents/papa-francesco_20130921_plenaria-pccs.html

[2] Cfr. F. Lever, Rapporto sul “Progetto Baragli”, Facoltà di Scienze della Comunicazione, Roma, 2015

[3] Cfr. Papa Francesco, Messaggio per la 49ª giornata mondiale delle comunicazioni sociali, Città del Vaticano, 2015,  https://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/communications/documents/papa-francesco_20150123_messaggio-comunicazioni-sociali.html

[4] Cfr. G. Riotta, Il messaggio è più forte dello strumento, La Stampa, Torino, 9 luglio 2013

[5] Cfr. P. Jenkins, La geografia della nuova Chiesa, in Avvenire, pag. 25, 9 aprile 2015

[6] Cfr. Papa Francesco, Messaggio per la 49ª giornata mondiale delle comunicazioni sociali, Città del Vaticano, 2015,  https://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/communications/documents/papa-francesco_20150123_messaggio-comunicazioni-sociali.html

[7] Cfr. Papa Francesco, Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’Evangelizzazione, in Collana Documenti Vaticani, pag. 21, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2014

[8] Cfr. Papa Benedetto XVI, Discorso ai parroci e al clero di Roma, 14 febbraio 2013, https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2013/february/documents/hf_ben-xvi_spe_20130214_clero-roma.html

[9] Cfr. C.M. Martini, Effatà Apriti e Il lembo del Mantello, Centro Ambrosiano, Milano, 1990 e 1991

[10] Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Il rapido sviluppo, N. 3, Città del Vaticano, 2005

[11] Cfr. Pope Francis’ Image Positive in Much of World,  https://www.pewforum.org/

[12] Cfr. S. Weil, La persona e il sacro, Adelphi Edizioni, pag. 53, Milano, 2012

[13] Cfr. R. Sarah dialogo con N. Diat, Dieu ou rien. Entretien sur la foi, Fayard, Paris, 2015

[14] Cfr. Papa Francesco, Messaggio per la 49ª giornata mondiale delle comunicazioni sociali, Città del Vaticano, 2015,  https://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/communications/documents/papa-francesco_20150123_messaggio-comunicazioni-sociali.html

[15] Cfr. L. Grion, Naturalismo e postumano, Dialoghi, rivista trimestrale, Roma, marzo 2015

[16] Cfr. Mt. 9,36

[17] Cfr. Papa Francesco con F. De Bortoli, Faccio il prete. Mi piace, Bompiani, Milano, settembre 2014

[18] Cfr. ibidem

[19] Cfr. Benedetto XVI, Messaggio per la 47 ª giornata mondiale delle comunicazioni sociali, https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/messages/communications/documents/hf_ben-xvi_mes_20130124_47th-world-communications-day.htm

[20] Cfr. Papa Francesco, La mia porta è sempre aperta. Una conversazione con Antonio Spadaro, Rizzoli, Milano, 2013 

[21] Cfr. Benedetto XVI, Messaggio per la 45 ª giornata mondiale delle comunicazioni sociali, https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/messages/communications/documents/hf_ben-xvi_mes_20110124_45th-world-communications-day.htm

[22] Cfr. Papa Francesco, La mia porta è sempre aperta. Una conversazione con Antonio Spadaro, Rizzoli, Milano, 2013

[23] Cfr. L. Baldisseri, Nuovi linguaggi, in L’Osservatore Romano, Città del Vaticano, 22 aprile 2015 

[24] Cfr. Ibidem

[25] Cfr. 1 Gv, 1,1-3