Attualità
Ascoltare la propria vocazione oltrepassando i criteri del successo e della sicurezza

Tra opportunità, ragione e Vangelo: come orientarsi nella vita da grandi
Abbiamo sempre pensato alla parola “vocazione” come a una chiamata, quasi fosse una linea diretta con cui Dio invita ciascuno ad uno specifico stato di vita, quello sacerdotale, religioso, genitoriale. In realtà la vocazione è qualcosa di più ampio: è il nostro posto nel mondo, il punto in cui ciò che siamo diventa dono per gli altri e risposta alla storia che abitiamo. In queste settimane migliaia di maturandi hanno consegnato l’ultimo compito, discusso l’orale e, una volta svuotato lo zaino, si preparano a scegliere una nuova strada. Per alcuni la rotta è già tracciata, mentre per altri la mappa del sentiero da percorrere appare sovrastata da un silenzioso vortice di mute domande. È proprio a loro che si rivolge questa riflessione, che non intende fornire ricette rapide, bensì criteri evangelici per accendere la bussola interiore del proprio viaggio. Perché la vocazione non è un brusio indistinto, ma una melodia, un vestito fatto su misura che si accorda all’armonia della nostra libertà. Sì, perché la vera vocazione porta gioia, energia e desiderio irrefrenabile di condivisione. Il primo crocevia è comprendere che scegliere non equivale ad “assicurarsi” un futuro sicuro, anche se visti i tempi la deduzione non è da scartare e sottovalutare. A discapito delle statistiche che indicano corsie preferenziali per una società a misura di reddito, la fede ricorda che “Cristo vive e ci vuole artigiani di futuro”, come scrisse papa Francesco, nel 2024 in occasione del V anniversario dell’Esortazione apostolica post sinodale Christus Vivit, nel suo messaggio rivolto ai giovani e come papa Leone oggi continua a ricordare. Quando la bussola è soltanto il profitto, il fuoco interiore si spegne: quel fuoco acceso “con amore, per amore” inizia a perdere così il suo sale. Un lavoro ben pagato offre certamente garanzie di stabilità, ma può diventare una gabbia dorata se non corrisposta alla verità profonda del proprio cuore. La domanda decisiva non è quindi “quanto guadagnerò?”, bensì “chi diventerò?”. Diventa essenziale quindi il confronto con figure spirituali di riferimento capaci di mostrare, alla luce della Parola, sentieri plausibili coordinati alle melodie delle proprie attitudini e passioni. La scelta di vita non può ridursi a un tutorial o uno status sociale da mostrare sul curriculum, ma esige un dialogo continuo con la Parola; nello scambio fraterno la volontà del Signore risuona nelle trame della propria storia facendo spazio alle ferite riconciliate del passato, liberando energie sopite dai motivi della ragione. Il magistero di Sant’Ignazio di Loyola resta, in questo contesto, una bussola di straordinaria attualità. I suoi Esercizi Spirituali insegnano a distinguere la consolazione vera dall’inganno e a prendere, nel percorso di un accompagnamento guidato, decisioni libere da sentimenti di paura ed autoreferenzialità. Non è un itinerario per asceti evasivi, ma un laboratorio di realismo concreto. Non tutti, tuttavia, riescono a trovare un padre spirituale che li accompagni. La scarsità di guide e una certa diffidenza culturale rendono fragile quest’intenzione. Non per questo bisogna arrendersi. Strumenti semplici, presenti oggi anche nel web, aiutano ad esplorare le stanze dell’interiorità secondo le leggi del desiderio che rendono una vita piena, una vita viva come direbbe lo psicanalista Massimo Recalcati. Negli sguardi che incrociamo e nelle parole che siamo capaci di accogliere possiamo rintracciare stralci e parti di noi negate o dimenticate. La parabola dei talenti (Mt 25,14-30) ricorda che nessuno riceve la vita a mani vuote. Il servo che seppellisce il talento per paura è l’icona delle potenzialità tradite; i servitori che rischiano e raddoppiano la posta mostrano, invece, che la vocazione è audacia e creatività. In tal senso il talento non è solo abilità tecnica, ma energia morale e spirituale che, se condivisa, trasforma comunità, imprese, famiglie in laboratori di carità quotidiana. E se domani ci scoprissimo su una strada sbagliata? La biografia della propria storia non è un’autostrada senza deviazioni, ma un sentiero che si snoda, si corregge, riprende cammino. Anche gli errori, illuminati dalla grazia, possono diventare curve di maturazione. Il discernimento continuo, insegnano gli Esercizi, è un’arte quotidiana che mantiene viva e protegge l’autenticità della propria chiamata. Per chi archivia la maturità la sfida è proprio questa: saper intrecciare desideri e realtà, lasciando che il sogno dialoghi con i bisogni concreti de presente nelle relazioni che, con responsabilità, intendiamo custodire. È un lavoro da artigiani che limano, aggiustano, seminano vita, anche laddove il terreno sembra, a prima vista, arido e tedioso. Così la scelta post-maturità smette di essere una pratica burocratica per diventare risposta ad una chiamata a servire cosicché ciascuno, qualunque professione abbraccerà un domani, potrà dire con verità: “Questo è il mio posto, il luogo in cui la vita ricevuta diventa vita donata, vita viva”. La vocazione, allora, non resterà un lemma da catechismo, ma storia incarnata che accende il mondo di speranza viva e vivificante.