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Sul mare il Signore prova la fede dei suoi discepoli

Il Messaggio dell'Arcivescovo Francesco Nolè per la festa di San Francesco di Paola impedito ad essere presente alle celebrazioni a causa del Covid. Il grazie a padri Minimi

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Sul mare il Signore prova la fede dei suoi discepoli

Carissimi fratelli e sorelle, quest’anno finalmente riviviamo quasi nella sua interezza il programma dei festeggiamenti in onore del nostro Santo Patrono Francesco di Paola, che noi tutti amiamo e sentiamo vicino, soprattutto in questo momento particolare della nostra storia. Avrei anche io, come gli altri anni, partecipato volentieri a questo momento di gioia per tutti voi, ma, proprio qualche ora prima, il contagio da covid-19 me lo ha impedito.

          Saluto e ringrazio il Padre Generale, il Padre Provinciale e tutta la comunità dei frati minimi, soprattutto per l’impegno pastorale profuso nella nostra diocesi.

          Un saluto particolare alle distinte autorità civili e militari, il presidente della regione e della provincia, che per la prima vostra in veste ufficiale presenziano alla celebrazione in onore del Patrono della Calabria, al Sig. Prefetto di Cosenza e alle altre autorità provinciali, al caro Sindaco della città di Paola, avvocato Roberto Perrotta, con gli auguri pe questo momento di gioia che coinvolge la città di Paola; ai sindaci presenti alla celebrazione; ai reverendi confratelli sacerdoti, ai diaconi, seminaristi, religiosi e consacrati,  agli altri rappresentanti di organismi ed associazioni coinvolti nei festeggiamenti, a tutti voi, amato popolo di Dio, devoti di San Francesco di Paola ed amici del santuario; a voi tutti pace ed ogni bene nel Signore.

          La celebrazione del IV maggio di quest’anno è resa ancora più solenne dalla felice coincidenza di due eventi giubilari concessi alla nostra Arcidiocesi; il 12 ottobre 2021 è stata aperta la porta Santa del Santuario per celebrare i cento anni dall’elevazione dell’antica chiesa a Basilica minore; il 30 gennaio 2022 abbiamo aperto il giubileo straordinario per gli 800 anni della dedicazione della nostra Chiesa Cattedrale di Cosenza. Abbiamo perciò larga possibilità, varcando le due porte sante giubilari, di accostarci al trono della grazia di Dio, alla sua eterna misericordia, perché, come amava ripetere il nostro santo patrono, “Egli ci aspetta a braccia aperte!”.

          In questo contesto giubilare, la liturgia della parola che viene proclamata nella celebrazione eucaristica traccia per noi un sentiero di gioia e di speranza, profeticamente annunciato da Isaia al popolo d’Israele, pienamente realizzato per noi da Gesù Cristo, prodigiosamente testimoniato dai santi, immagini viventi della divina parola: “Si rallegrino il deserto e la terra arida, perché scaturiranno acque nel deserto e torrenti nella steppa”.

          Quest’abbondanza di grazia oggi che sgorga come fiume d’acqua viva ci invita a riflettere sulla figura straordinaria di San Francesco di Paola, sul suo esempio e la sua spiritualità, considerando un elemento caratteristico della sua vita, che lo ha fatto conoscere alle generazioni successive in maniera unica, prodigiosa e memorabile:         il mare.

          Il 27 marzo 1943 papa Pio XII proclamava San Francesco di Paola quale celeste patrono della gente di mare italiana con queste parole: “Egli è sempre stato venerato con profonda devozione dai marittimi italiani, essendo la stessa vita del Taumaturgo piena di prodigi compiuti sul mare e spesso in favore dei naviganti, i quali, invocandolo nei loro pericoli, hanno sperimentato la sua custodia”.

          Il mare da sempre è stato una ricchezza per lo sviluppo della civiltà, della cultura, degli scambi internazionali, teatro di grandi battaglie ma anche propulsore di tanta bellezza.  Pensiamo a cosa sarebbe stata la nostra terra senza il fascino del mare nostrum!     

Nella Sacra Scrittura, come anche nelle antiche culture del vicino Oriente, è tuttavia simbolo del caos primordiale, della morte, del nulla e del male, luogo popolato da mostri (Leviatan, «serpente tortuoso, guizzante, drago marino»). Nell'esodo d'Israele dall'Egitto, Dio, attraverso Mosè, impone al mare di aprirsi: «Al soffio della tua ira si accumularono le acque, si alzarono le onde come un argine, si rappresero gli abissi in fondo al mare». Anche nei libri sapienziali il mare è il luogo vasto, talvolta oscuro, in cui si manifesta la potenza di Dio. E’ il luogo della conversione e della salvezza di Giona, che prefigura la Pasqua di Cristo.

          Il potere di Dio di dominare il mare nel Nuovo Testamento è esercitato da Gesù. Nel sedare la tempesta si rivela il Signore che domina il mare: «Sgridò il vento e disse al mare: Taci, calmati! Furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: Chi è costui al quale anche il vento e il mare obbediscono?» (Mc 4,35-41).

Nei racconti evangelici, Gesù cammina sulle acque del mare e anche a Pietro permette di camminare verso di lui sulle acque, evitando che questi sprofondi nel suo stesso limite umano. Anche nel terzo racconto giovanneo dell’apparizione di Gesù Risorto agli undici, il Signore si manifesta sul mare. 

          Nella tempesta del mare viene provata la fede degli Apostoli.

Sulle sponde del mare Gesù chiama i primi Apostoli, per trasformarli in pescatori di uomini.

          Nella Gerusalemme celeste, raffigurata dal libro dell'Apocalisse, la Gerusalemme celeste, il mare, simbolo del male, scomparirà definitivamente: «Vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più» (Ap 21,1).

          Nella vita del Santo taumaturgo si registra, come sappiamo bene, il miracolo dell’attraversamento dello stretto di Messina con il suo mantello, riferito nel Processo Calabro dal teste 9 e dal teste 22, testimoni de auditu. Il secondo era anche sacerdote e figlio di un testimone oculare.

          Secondo la tradizione, San Francesco di Paola non è il solo ad aver attraversato il mare: alcuni agiografi riportano episodi simili anche nella vita di San Vincenzo Ferrer, San Giacinto.

          San Francesco, dovendo raggiungere l’altra parte della costa, per sbarcare in terra sicula, si avvicinò al padrone di un di quelle barche da trasporto che ogni giorno compivano la traghettata, chiedendo un passaggio. “Volentieri – disse il barcaiuolo- purchè mi paghiate. Se non avete denaro da pagarmi, io non ho barca per portarvi” .

Quanto è attuale questa risposta! Quante volte releghiamo i nostri impegni e servizi, gli sforzi e il progresso, finanche la nostra stessa immagine nel mondo globalizzato, a mere attività commerciali, perdendo di vista la dignità della persona e il senso cristiano dell’impegno sociale.

          In realtà un effetto grande l’aveva già ottenuto: la conversione del traghettatore!

          Francesco tuttavia, forte della presenza di Dio, avanza verso la spiaggia, si mette in ginocchio, rivolgendosi a colui che aveva aperto un passaggio nel Mar Rosso al popolo d’Israele,  si alza, benedice il mare e distende il mantello sulle onde, salendovi sopra e tenendone un lembo con l’estremità del bastone, come una vela.

Una folla di persone, ammirata, accorreva sulle coste calabra e sicula, prorompendo in canti di gioia. Il barcaiolo si affrettò a raggiungerlo all’altra riva, prendendo con sé i frati rimasti ancora a terra. Una volta arrivato gli si gettò ai piedi chiedendo perdono e poi tornò alle sue occupazioni, scoppiando in lacrime, ogni volta che gli veniva in mente l’accaduto.

          Mentre era in Sicilia, Francesco fu raggiunto dalla richiesta del Papa di raggiungere il Re di Francia, Luigi XI, affetto da una grave malattia, per guarirlo. Benchè questa necessità riguardasse anche questioni politiche e sociali, la grande fede e l’obbedienza di Francesco gli permisero di compiere un passaggio ben più difficile ed esistenziale: lasciare la sua terra Calabra, in età avanzata, per raggiungere la corte Francese. Questa nuova traversata, forse più difficile di quella sul mare, fu possibile perché egli si affidava unicamente alla divina volontà. 

          Anche nel viaggio fino a Tours non sono mancati prodigi compiuti nel mare.  Ad Ostia, al momento dell’imbarcazione, il livello delle acque si era abbassato di molto, tanto da non rendere possibile il viaggio in nave; non appena San Francesco comandò: “per carità, tornate a misurare l’acqua, perché con l’aiuto di Dio ne troverete a sufficienza”, il livello era già cresciuto e tutto tornò alla normalità.      Arrivati al golfo di Lione scoppio una forte tempesta e l’imbarcazione dovette avvicinarsi a riva; apparve una nave di pirati che minacciò la loro vita. I viaggiatori, scossi ed impauriti, avvertirono il santo nella sua cabina. Egli impetrò la bonaccia e la nave, favorita dal vento, riuscì a mettersi in salvo.

          La fama di San Francesco di Paola quale potente protettore delle gente di mare si era già diffusa poco dopo la sua morte, tanto che un discepolo, suo conterraneo, scriveva che “naviganti, in punto di naufragare, invocandone il nome, videro placarsi l’orgoglio del mare”.

          Guardando alla vita del nostro santo, ai prodigi compiuti sul mare, così tanto rappresentati nell’arte (quante immagini di San Francesco ritraggono il prodigioso attraversamento dello stretto) e ben presenti nella devozione popolare, dovremmo chiederci: Cosa può costituire il mare che viene chiesto anche a noi di attraversare nella società di oggi, nei rapporti internazionali, nell’occidente globalizzato, nelle famiglie, nella Chiesa? Come è possibile, sull’esempio di San Francesco, camminare oggi su questo mare, senza sprofondare nelle difficoltà, nelle paure, nei limiti della condizione umana?

          Spesso attraversare il mare significa sperimentare l’angoscia, l’affanno, la fatica, la paura. Gesù oggi nel Vangelo ci dice: “venite a me voi tutti che siete stanchi ed oppressi ed io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi..”. Quei fardelli che ci appesantiscono, che ci fanno sprofondare nelle acque del dolore e della sofferenza, Gesù li ha presi su di sé, sulla croce, per alleggerirci e liberarci dal giogo del male. San Francesco ha fatto questa esperienza ed ha vissuto così la sua Pasqua, il suo passaggio! Egli viveva di Dio, di preghiera, di peni tenza, di conversione, di giustizia, di verità, di amore. Ha sperimentato quella carità che, come ci ha detto San Paolo, “non si vanta, non si gonfia”, ma “tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. Ecco perché il nostro protettore amava ripetere: “A chi ama Dio tutto è possibile!”. E’ stato così per lui, potrà esserlo anche per noi!

          Compiamo anche noi, come Francesco, nei tanti livelli della vita, la nostra traversata: nella società, nella cultura, nell’economia, nella politica, nel lavoro, nella sanità, nella famiglia, nelle comunità ecclesiali e religiose. San Francesco, custode e guardiano della nostra terra, ci aiuti a compiere il nostro “passaggio” dal peccato alla grazia, dall’egoismo alla carità, dalla paura alla fede, dalla morte alla vita; e  allora, nell’universo rinnovato dalla gloria dell’Agnello immolato, il mare della tristezza e della guerra non ci sarà più, e lascerà il posto alla gioia senza fine.

          Voglio perciò insieme a voi rivolgermi a Dio, grandezza degli umili, che ha scelto San Francesco di Paola, minimo tra i fratelli, come nostro protettore, con le parole di un antico inno della liturgia della sua festa: O Trinità, che al mare comandi e presto tace, fa che possiamo raggiungere la riva del cielo, insieme al nostro santo Padre Francesco. Amen.

Sul mare il Signore prova la fede dei suoi discepoli
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