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San Domenico scrigno di storia e di bellezza

Le origini della chiesa risalgono al 1448 quando il conte Sanseverino cede i terreni ai domenicani

San Domenico scrigno di storia  e di bellezza

Le origini della chiesa di San Domenico a Cosenza risalgono al 1448, quando Antonio Sanseverino, conte di Altomonte e Duca di San Marco Argentano, cede ai domenicani (insediati a Cosenza già dal 1240 circa) il suo palazzo e i territori adiacenti alla chiesa di San Matteo, nella zona dei Rivocati, allo scopo di edificare la nuova chiesa. Questa fu consacrata probabilmente nel 1468 e rispecchiava la tipologia tipica delle chiese mendicanti, con aula unica con tetto ligneo che si concludeva in un coro quadrangolare voltato, separato dalla navata da un arco ogivo, oggi murato. L’aula era illuminata da quattro monofore ancora visibili dal chiostro. Lo stile barocco imposto nei primi anni del 1700, probabilmente opera dello stuccatore Giovanni Calieri, ha modificato l’impianto originario, ma ha permesso alla città di Cosenza di ereditare uno degli esempi di tardobarocco più belli della regione. La navata unica è stata rivisitata in forma tardobarocca nel XVIII secolo dallo stuccatore napoletano Giovanni Calieri. La chiesa, infatti, si presentava originariamente come una tipica struttura mendicante, che terminava con il coro coperto da volta a crociera. Questo è stato murato e isolato dall’impalcatura barocca e si trova oggi dietro l’altare. La copertura è a volta a botte lunettata, raccordata da ampi finestroni e impostata su un cornicione aggettante. La scansione ritmica è data dall’alternarsi di ampi pilastri con capitello composito e grandi nicchie con arco a tutto sesto. Sugli altari laterali troviamo i dipinti di quattro santi domenicani, attribuiti al Granata.

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L’altare rappresenta il punto focale di tutta l’opera del Calieri, per le sue forti valenze architettoniche e scultoree. Alcuni elementi sono rari nel panorama calabrese, come l’uso della colonna libera sull’altare maggiore e in quelli laterali. Di importante pregio sono le sculture, in particolare gli angeli poggiati sul timpano a dorso di delfino, che ricordano lo stile di Vaccaro. Sempre nella zona absidale troviamo una copia di pregiata fattura del quadro miracoloso di San Domenico di Soriano, che ritrae il santo circondato da medaglioni raffiguranti i momenti salienti della sua vita.
La Facciata Principale - Al 1614 risale il portale ligneo d’ingresso (come attesta la scritta incisa in alto “sumptibus conventus / Anno Domini MDCXIV”) commissionato dalla famiglia Cavalcanti. Il protiro archiacuto in cui il portale si attesta è di epoca medioevale, come anche il rosone di facciata, costituito da 16 colonnine disposte a raggiera raccordati da archetti contenenti segni simbolici di varia forma. Di epoca rinascimentale sono invece le cappelle laterali, in materiale tufaceo e scandite da tre lesene e da un profilo frontonato.
La cupola fu realizzata insieme al rifacimento tardo barocco della chiesa ed è completa di tamburo ottagonale, attico ad occhioni e lanterna terminale. E’ uno dei pochissimi esempi in Calabria di cupole complete di tutti gli elementi ed una dimensione così rilevante. Gli stucchi della cupola furono completati successivamente dai fratelli Gesummaria di Napoli, perché Giovanni Calieri morì prima di finire i lavori. La cupola nasce dall’intersezione di due volte a botte ed, essendo finestrata, permette alla luce di dare maggiore valore e dinamismo agli stucchi dell’altare centrale.
Cappella del Crocifisso - Detta anche “Rosariello”, fu probabilmente il nucleo primitivo, ovvero la chiesa di San Matteo assegnata ai padri Domenicani nel 1240 (Bolla papale “Licet ad Humilem”). E’ caratterizzata da un elegante soffitto ligneo e un abside costolonato. Le finestre sul lato est sono state murate per la costruzione postuma delle abitazioni adiacenti, mentre sul lato ovest troviamo il portale d’ingresso all’Oratorio del Rosario.

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La Madonna della febbre - La troviamo nella cappella della famiglia Martucci, alla quale si accede dalla cappella del Crocifisso, ed è attribuita a Giovanni da Nola. La Madonna col Bambino, meglio nota come Madonna della Febbre, fu scolpita nel 1540, su una base raffigurante la Natività e l’Adorazione dei Magi, con ai lati l’Annunciazione e la Resurrezione; nella lunetta, l’Eterno Padre; sullo scannello i 9 apostoli; sul paliotto troviamo la Deposizione mentre ai lati dell’altare, San Domenico e San Pietro Martire.
L’Oratorio del Rosario è una struttura che probabilmente risale al XIII - XIV secolo; solo nel 1630 fu concessa alla Congrega del Rosario e decorata come la si apprezza allo stato attuale. A quest’epoca risale il soffitto ligneo a lacunari composto da 35 riquadri, mentre nei primi anni del settecento furono eseguiti gli stucchi e le dorature, gli stalli di legno laccato e decorato, la cantoria con l’organo e l’abside con la calotta che poggia su un sistema di archi, stuccata e decorata in stile barocco, con il dipinto della Madonna del Rosario attribuita al Granata. I lavori e gli intagli lignei sono opera di artigiani roglaianesi.
Le cappelle laterali, posizionate lungo il lato sud della navata, sorgono probabilmente a seguito delle donazioni delle ricche famiglie cosentine. Fungevano da luogo di sepoltura e per le conseguenti messe in suffragio. Questi ambienti vengono costruiti nella fase architettonica intermedia tra la configurazione tardo-medioevale e quella tardo-barocca, in uno stile rinascimentale che si esprime in ogni ambiente in modo unico.
La cappella ottagonale - Questa cappella si erge adiacente al coro e vi si affaccia attraverso un ampio arco a sesto acuto. Si sviluppa su pianta ottagonale con volta a spicchi costolonata. Sorge su un ambiente sotterraneo, che contiene lungo le pareti laterali dei sedili murati, forse adibito un tempo alla sepoltura dei frati. La sua tipologia formale riprende la tradizione dei battisteri e forse per questo è stato per anni denominato, appunto, “battistero”.
Antico abside e coro ligneo -
Il coro ligneo risale alla prima metà del 1600, fu realizzato dal maestro Fabrizio Volpe da Paterno e doveva avere 52 stalli. Nei vari rifacimenti e restauri, il coro fu spostato e rimontato più volte e oggi troviamo la maggior parte degli stalli dietro l’altare maggiore, nell’antico abside, di cui possiamo notare l’arco maggiore murato dietro il nuovo altare. I sedili sono suddivisi da braccioli intagliati con grifoni, sirene e mostri alati, mentre i posteragli sono scanditi da colonne scanalate e fasciate da lesene antropomorfe.

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