Cultura
La Calabria in ‘Ritratti del Sud’

Si è tenuta lunedì scorso, nella suggestiva cornice della Sala De Cardona del Gruppo BCC Mediocrati, la presentazione del volume Ritratti del Sud, opera prima della fotografa e autrice Eliana Godino. L’evento, organizzato con il sostegno e la partecipazione del presidente Nicola Paldino, ha visto l’intervento di ospiti d’eccellenza: il giornalista e scrittore Arcangelo Badolati, lo stilista e presidente della Calabria Film Commission, Anton Giulio Grande, e Federico Bria, Segretario Generale di ESG Ambassador. Un’occasione importante per rinnovare il racconto di un progetto editoriale di successo, ma anche per riflettere sul valore della memoria, dell’identità e del riscatto del Sud. Laureata in Grafica Editoriale all’Accademia delle Belle Arti di Roma e specializzata in fotografia, Eliana gestisce oggi uno studio creativo dedicato alla comunicazione visiva per l’editoria e le imprese. Ha curato in autonomia ogni dettaglio del volume facendo di Ritratti del Sud non solo un libro, ma una dichiarazione d’identità. “Oggi mi sento a pieno titolo anche autrice”, afferma, “perché questo libro è il frutto di un percorso profondo. Se dovessi scegliere un termine che mi definisce, direi ‘artista’ perché abbraccia tutto ciò che faccio: raccontare, creare, valorizzare”.
Di seguito, l’intervista completa all’autrice il cui lavoro ha ottenuto, lo scorso gennaio, una menzione speciale al Premio Letterario Nazionale “Maria Francesca Roberti” (II Edizione).
Com’è nato Ritratti del Sud?
L’idea di Ritratti del Sud è nata in un momento molto particolare: stavo partecipando a una lettura portfolio delle mie fotografie e il critico d’arte, Maurizio Garofalo, mi disse una frase che ha cambiato tutto. Mi disse: “Eliana, ricordati che la fotografia è documentazione, documenta qualcosa che per te sia prezioso”. Da lì è scattata in me una scintilla. Ho sentito il bisogno di raccontare un aspetto della mia regione spesso oscurato o trascurato: la sua positività, le storie di riscatto, i volti che la rendono viva. E così, unendo la mia passione per la fotografia ritrattistica e il desiderio di documentare, ho deciso di realizzare un progetto in cui raccogliere i volti e le storie di calabresi, che si sono distinti nel panorama nazionale e internazionale, senza mai rinnegare le proprie radici.
Qual è la visione che guida questo progetto?
La visione alla base di Ritratti del Sud è stata molto chiara. Ho voluto dimostrare ai giovani, specialmente a quelli calabresi, che ce la si può fare e che si può partire da una terra apparentemente difficile e riuscire a raggiungere grandi traguardi proprio come i protagonisti del libro, persone che si sono distinte nel panorama nazionale ed internazionale trasformando le proprie origini in motivo di vanto. Attraverso le loro storie condivido un messaggio semplice ma potente: “Non fermarti a ciò che manca, ma costruisci con ciò che desideri partendo dalla passione che ti muove”.
Come ha selezionato le personalità da coinvolgere?
La selezione è stata la prima fase di ricerca. È durata tre anni ed è stata lunga e intensa. Ho cercato di rappresentare la Calabria attraversando diverse figure ed ambiti professionali: dallo sport alla cultura, dall’imprenditoria all’artigianato, dalla musica alla scienza. Non tutte le eccellenze calabresi sono rientrate in questa prima preselezione; per rispettare delle regole di leggibilità ho dovuto necessariamente scegliere 35 personalità rappresentative. Non è detto che in futuro non ci sarà una versione ampliata di questo primo progetto. Tra quelle inserite vi sono tre figure under 30 come Enza Petrilli, atleta italiana, Swamy Rotolo, attrice, ed Emanuele Lecce, giovane volto dell’alta ristorazione. Questa varietà professionale era fondamentale per mostrare che non c’è un solo modo di essere “eccellenza”.
Qual è il tratto che accomuna i protagonisti?
Le origini. Tutti i protagonisti di Ritratti del Sud sono profondamente legati alla loro terra. Anche chi per motivi lavorativi è dovuto andare via non ha mai reciso il legame con la Calabria.
Alcuni esempi bellissimi sono Gattuso, che dice: “Io tuttora penso in calabrese e dopo in italiano”, o Santo Versace che afferma: “Io non sono mai andato via dalla Calabria, quando ritorno, fisicamente il cervello, il cuore e l’anima si ricompongono perché le mie radici sono lì”. Ma il tratto più forte che li accomuna è l’umiltà. Nessuno si è posto su un piedistallo. Tutti hanno accolto questo progetto con entusiasmo, nonostante io mi sia presentata come una semplice fotografa. Hanno creduto nell’idea, e per me questa è stata già una vittoria.
C’è una similitudine tra il suo percorso e quello dei protagonisti del libro?
Sì, assolutamente. Mi riconosco molto nel loro desiderio di tornare alle origini, di valorizzarle. In particolare, sento una forte connessione con Gerardo Sacco, con cui c’è anche un’amicizia profonda. Anche lui ha avuto proposte importanti fuori dalla sua terra, ma ha scelto di tornare. “Se fossi rimasto a Valenza sarei stato uno dei tanti. Qui sono Gerardo Sacco perché ci ho messo il cuore”, ha sempre raccontato. Ecco, io ho sentito di riconciliarmi con lo stesso bisogno di appartenenza: ho lasciato Roma, città che mi ha forgiata, per tornare a Santa Sofia d’Epiro che è il borgo arbëreshë nel quale sono cresciuta.
Che valore attribuisce oggi alla scelta di restare?
Un valore immenso. Io ho avuto la fortuna di crescere nel mio paese, assorbendo usi, costumi, tradizioni, canti. Ho avuto accanto i miei quattro nonni, che mi hanno trasmesso un patrimonio inestimabile. Oggi, sono madre di un bambino di cinque anni e so che qui potrà crescere circondato da valori sani. In paese si vive ancora con la porta aperta, si gioca per strada, si partecipa alle associazioni culturali, si condivide.
Non reputo il tornare un atto eroico; non giudico chi va via, dipende dalle situazioni personali. Sono felice di essere ritornata ma non escludo che l’imprevedibilità della vita possa nuovamente spingermi fuori. Ciononostante credo che avere un porto sicuro di appartenenza sia fondamentale. Come dice Marcello Fonte nelle riprese del film Aspromonte: “Tutti cercano un posto bello dove vivere, ma è importante cercare un posto dove morire”.
L’11 giugno dello scorso anno il suo progetto è stato presentato al Senato della Repubblica. Com’è stato vivere quest’esperienza e com’è nata?
Un’emozione immensa. Presentare Ritratti del Sud a Palazzo Madama è stato impensabile fino a poco prima. Devo tutto all’Associazione “Brutium” di Roma e alla sua presidente, Gemma Gesualdi, che promuove la cultura calabrese a livello nazionale. Quando mi hanno detto che il libro sarebbe stato presentato al Senato, quasi non ci credevo. È stato uno dei giorni più intensi e felici della mia vita. Non avrei mai immaginato che un libro potesse regalarmi un’esperienza come questa.
Nel maggio del 2024, invece, la presentazione al Salone Internazionale del Libro di Torino. Ce ne parla?
Un’altra tappa indimenticabile. Ero lì come autrice, nello stand della casa editrice Rubettino. Presentare il mio libro in un contesto così prestigioso è stata una seconda soddisfazione. Ma il momento più toccante è stato quando, durante la presentazione, ho visto arrivare alcuni dei protagonisti del libro: Sandra Savaglio, Mario Caligiuri, Amalia Bruni, Gerardo Sacco, Vito Teti. Non li aspettavo perché li sapevo impegnati in altri appuntamenti. È stato incredibile.
Ci sono nuovi progetti in cantiere o idee a cui sta lavorando?
Sì, sono davvero emozionata nel condividere una novità in anteprima che verrà presto presentata. Si chiama “Le mie prime parole Arbëreshë”: è un libro da colorare dedicato ai bambini, pensato per avvicinarli alla lingua e alla cultura italo-albanese.
È nato dal desiderio e dalla curiosità del mio bimbo, che mi chiedeva spesso: “Mamma, come si dice questa parola?” Così ho deciso di creare uno strumento semplice ma efficace, fatto di illustrazioni da colorare, accompagnate da parole in lingua, aneddoti e racconti del mio paese, Santa Sofia d’Epiro. È un piccolo grande sogno che prende vita proprio il 27 maggio alle 18.00 presso il Teatrino Sagrestia, giorno del primo incontro dedicato a questo progetto. Per me rappresenta l’importanza di preservare le radici e le tradizioni di una cultura che rischia di andare perduta.