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Zone rosse e criminalità. Un focus sui reati perpetrati nel periodo di emergenza sanitaria

Durante il Covid il crimine non riposa

Carabinieri: la parola al comandante provinciale Piero Sutera

In foto: colonnello Piero Sutera Comandante Provinciale dei CarabinieriCosenza

Se è vero «crimine non ha mai riposo», non lo hanno neppure i militari dei Carabinieri: quotidiana, infatti, è la loro lotta per contrastare la malavita organizzata, anche durante la pandemia. Zone rosse, chiusura e criminalità: a darci un resoconto sul cosentino, puntuale e dettagliato, degli ultimi mesi tragicamente segnati dalla comparsa del COVID-19, e nonostante un quadro generale in costante e rapidissimo mutamento, è una fonte autorevole in materia: il comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri, colonnello Piero Sutera.

Zone rosse e illegalità: quali i fenomeni di criminalità maggiormente diffusi nella nostra provincia durante la pandemia e, in generale, se si è subìto un incremento durante i periodi di chiusura?

L’attuale contesto ambientale, fortemente condizionato dalla situazione epidemiologica e dalle conseguenti misure restrittive, ha determinato la contrazione dei delitti più comuni su tutto il territorio provinciale, come confermato in modo evidente dalle statistiche sull’andamento della delittuosità che nel periodo gennaio-ottobre fanno registrare, rispetto allo scorso anno, decrementi pari al 24%, con punte anche del 29% per i furti in abitazione e del 49% per i furti di autovetture. Tuttavia, permane elevata l’attenzione sul piano preventivo da parte dei Reparti dell’Arma operanti nella nostra provincia, 9 Compagnie, 1 Tenenza, 87 Stazioni e 1 Posto Fisso, che hanno intensificato la capillare presenza sul territorio dei servizi perlustrativi e la diffusa azione di controllo, rendendo ancora più visibili le attività istituzionali e la tradizionale prossimità ai cittadini. In questo particolare momento, sono convinto che assuma ancora più rilievo il ruolo svolto dalle Stazioni e dai Comandanti di Stazione che, da sempre, “incarnano” la funzione di prossimità verso la popolazione, attraverso quella naturale propensione all’ascolto e al dialogo che consente di percepire per tempo situazioni di potenziale pericolo. Con riferimento alla criminalità organizzata, la diffusa carenza di liquidità per le famiglie e le imprese, conseguente alle stringenti restrizioni per contenere la crisi sanitaria in atto, ha elevato i rischi di infiltrazione nell’economia legale su tutto il territorio nazionale. A tale rischio è esposta anche la provincia di Cosenza. Secondo un’antica “regola” - ben conosciuta dalle mafie - quando manca il pane, nessuno si chiede da quale forno provenga, se legale o illegale. Infatti, le mafie approfittano della crisi pandemica per movimentare più velocemente e riciclare il proprio “denaro sporco”, immettendo liquidità nei mercati, acquistando interi asset imprenditoriali e così inquinando il tessuto economico. Oltre al grave problema dell’iniezione di capitali illeciti, sussistono ulteriori potenziali rischi derivanti dal condizionamento dei processi decisionali nell’assegnazione degli appalti pubblici e nella conseguente filiera di approvvigionamento di beni e servizi.  Consci dei gravi pericoli connessi con tale quadro di situazione, i Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza, con le dipendenti componenti investigative ed informative, hanno già da tempo avviato un minuzioso monitoraggio delle dinamiche economiche ed, in particolare, dei mutamenti degli assetti societari e degli eventuali passaggi di proprietà a soggetti prestanomi di gruppi criminali, specie nei settori maggiormente esposti (tra questi certamente il turismo, la ristorazione, l’intrattenimento e l’edilizia). Per vincere questa sfida è però indispensabile poter valorizzare e mettere a sistema tutti gli elementi informativi disponibili: ecco perché diventa essenziale l’apporto conoscitivo offerto dalle amministrazioni locali, dagli istituti di credito, dai notai e da ogni altra componente istituzionale.

Anziani, donne e bambini: vittime fragili che rischiano di essere bersagli sin troppo facili da colpire?

La pandemia diventa, purtroppo, terreno fertile anche per i truffatori di professione, una piaga sociale da aggredire con ogni mezzo. Come accade spesso, vittime sono gli anziani: il truffatore approfitta della buona fede e dell’ingenuità delle persone anziane, ma soprattutto fa affidamento sulle ridotte capacità di reazione e talvolta sfrutta anche il bisogno, in alcuni casi disperato, che l’anziano ha di avere relazioni sociali e rapporti umani. In tale ambito, all’azione di contrasto è certamente utile affiancare una metodica azione preventiva e, soprattutto, di informazione, con consigli pratici di autotutela. In ogni occasione utile di incontro con gli appartenenti alle fasce più vulnerabili, i Carabinieri rammentano quelli che possono essere semplici suggerimenti: non aprire mai la porta a sedicenti funzionari pubblici incaricati di somministrare il tampone per il coronavirus; non aprire a chi si presenta con il pretesto di dover eseguire sanificazioni in abitazioni o condomini; non rispondere a telefonate o mail che propinano false soluzioni per contrastare la diffusione del virus; porre sempre la massima attenzione, in caso di acquisti on line di mascherine, disinfettanti ed altro, sulla certificazione del prodotto e sul prezzo di vendita. Analoghi inviti alla prudenza ed alla cautela, rivolgiamo ai minori. La lunga permanenza in casa ed il maggior tempo conseguentemente trascorso sulla rete aumentano enormemente il rischio di esposizione a contatti con malintenzionati, interessati allo scambio di materiale di ogni genere. Infine, è evidente che la quarantena forzata rende ancora più marcato il pericolo di abusi fisici e/o psicologici per donne e bambini che convivono all’interno delle mura domestiche con uomini violenti ed aggressivi. Il fenomeno è talmente preoccupante che anche papa Francesco, ha recentemente sentito la necessità di richiamare l’attenzione sul punto, chiedendo di pregare per le famiglie.

E per quanto riguarda Cosenza?

Ritornando alla nostra provincia, nel corrente anno, sino ad oggi, con riferimento ai reati di maltrattamenti in famiglia, atti persecutori e violenza sessuale, i Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza hanno tratto in arresto 12 persone in flagranza di reato, mentre altre 67 sono state sottoposte a misure cautelari. I dati consentono di inquadrare la rilevanza del fenomeno e dimostrano concretamente l’impegno dell’Arma di Cosenza ad affrontare responsabilmente la problematica, mettendo in campo professionalità, competenze che certamente derivano dall’esperienza maturata su strada, sulle piazze, in centinaia di interventi, competenze ulteriormente affinate attraverso corsi formativi appositamente strutturati a livello centrale. Ma la professionalità non basta. Ricordo sempre ai miei Carabinieri che è imprescindibile l’approccio empatico, la capacità di immedesimazione nella situazione vissuta dalla vittima, una sensibilità particolare che consente di dimostrarsi in grado di capire il particolare stato d’animo, di sapere “leggere l’altro”, conquistandone la fiducia in modo da facilitare il dialogo, avendo cura di rispettarne i tempi in quello che è certamente un momento drammatico. Ecco perché abbiamo realizzato presso il Comando Provinciale di Cosenza, unitamente al Soroptimist club di Cosenza,uno spazio protetto, una sala per le audizioni delle vittime vulnerabili, a disposizione di donne e bambini che, tra mille paure, accedono nei nostri uffici per denunciare abusi o violenze, reati veramente odiosi.

Spaccio di droga e consumo: lo scorso ottobre, il Sistema Nazionale di Allerta Precoce (SNAP) coordinato dall’ISS, ha dichiarato che sono ben trentatré le nuove sostanze psicoattive identificate nel post COVID-19, conferma avuta grazie ai dati pervenuti dalle oltre centrotrenta segnalazioni di sequestri su tutta la Penisola, comunicati delle Forze dell’Ordine. Nel cosentino, qual è la situazione attuale in merito all’argomento?

Da gennaio a ottobre del corrente anno, l’azione condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza ha consentito di trarre in arresto 69 spacciatori, di deferirne in stato di libertà all’Autorità giudiziaria ulteriori 118, di segnalare alla Prefettura per gli aspetti amministrativi 282 assuntori, sequestrando complessivamente oltre 123 kg di sostanza stupefacente di varia tipologia, principalmente cocaina, eroina, hashish e marijuana. Numeri che indicano in modo eloquente la preoccupante crescita dei traffici di sostanze stupefacenti e, soprattutto, l’esistenza di un mercato particolarmente florido che frutta lauti guadagni illeciti alle organizzazioni criminali. Oserei dire un vero e proprio “fiume” di sostanze stupefacenti che scorre tra le strade della nostra provincia a fronte di una domanda sempre crescente. L’esperienza quotidiana mi induce a ritenere che la risposta non può e non deve limitarsi alla sola fase repressiva condotta dalle Forze di polizia, ma deve piuttosto essere il frutto della fattiva opera delle Istituzioni tutte e della società civile in un approccio sinergico, trattandosi di una problematica sociale che coinvolge anche larghi strati delle giovani generazioni, come documentato dalle risultanze delle più recenti attività investigative. Penso, ad esempio, tra le numerose attività compiute, all’operazione “Alarico”, condotta nel 2019 dalla Stazione di Cosenza Centro, che ha portato all’esecuzione di 57 misure cautelari e allo smantellamento di 11 piazze di spaccio localizzate nel capoluogo bruzio e nell’hinterland, con l’identificazione di 226 assuntori, di cui 30 minorenni. 

Racket e usura: due piaghe che avvelenano l’imprenditoria cosentina e calabrese. Quante denunce sono pervenute all’Arma del Carabinieri dallo scorso marzo 2020 a oggi? Si riscontra un aumento del dato rispetto all’anno precedente nello stesso periodo?

Il fenomeno dell’usura costituisce purtroppo una triste realtà, aggravata dal particolare momento storico che stiamo vivendo. Più le banche bloccano i fidi bancari o sono timide nell’elargire prestiti, più è facile che l’usuraio si palesi garantendo subito denaro contante, tanto alle famiglie meno abbienti quanto alle aziende in difficoltà finanziaria. Si pensi che nei primi dieci mesi del 2020 l’usura è l’unico reato in tendenziale aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in una fase in cui tutti gli altri reati sono diminuiti significativamente. L’attenzione è particolarmente alta per le attività commerciali e le imprese, perché le attività investigative hanno evidenziato elementi di interesse su passaggi di mano conseguenti a prestiti a tassi usurari non saldati. Altrettanto rilevante è il fenomeno delle estorsioni. Delimitarne le proporzioni non è agevole, tenuto anche conto della quasi totale assenza di denunce da parte delle vittime. Tuttavia, la pervasività di tale fenomeno è desumibile da alcuni reati spia, quali le minacce, i danneggiamenti e gli attentati incendiari, pur - come detto - in un quadro della situazione della sicurezza pubblica connotato dal decremento della delittuosità complessiva. D’altro canto, per le organizzazioni criminali ricorrere al racket delle estorsioni è d’obbligo quale tipica forma di espressione del potere mafioso, essendo allo stesso tempo illecita modalità di accumulazione di risorse economiche ed asfissiante strumento di controllo del territorio. Sono convinto che, per avviare un circuito virtuoso, all’azione di contrasto condotta dall’Arma e dalle altre Forze di polizia, unitamente alla Magistratura, anche in questo campo si deve affiancare la preziosa opera dei presidi sociali, economici e culturali: dagli Enti locali agli istituti religiosi, dalle associazioni di categoria al mondo del volontariato, sino ad arrivare al ruolo che ogni cittadino può esercitare nella quotidianità, sentendosi veramente parte di un unico fronte in cui Istituzioni e società civile dialogano ed interagiscono per il raggiungimento di un obiettivo comune, ossia quello di abbattere ogni forma di oppressione all’esercizio delle libertà e dei diritti. Vorrei concludere ricordando il prezioso messaggio lasciatoci da un indimenticabile protagonista della storia italiana e dell’Arma dei Carabinieri, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa: «Se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue Istituzioni e delle sue leggi; non possiamo oltre delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti».

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