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Dopo la lunga pausa ci prepariamo per le nuove sfide

Tra Sinodo e ripensamento della pastorale il piano di recupero ecclesiale

Dopo la lunga pausa ci prepariamo per le nuove sfide

I mesi estivi, dopo la lunga pandemia e la fine o almeno il rallentamento delle restrizioni, sono il tempo di recupero per i sacramenti rimandati lo scorso anno o posticipati rispetto ai programmi familiari e parrocchiali. Una sorta di tempi supplementari per i ragazzi che lo scorso anno non hanno potuto ricevere la prima confessione, la prima comunione e la cresima, ma anche per tutte le famiglie che hanno rimandato battesimi e matrimoni. In molte comunità parrocchiali si registra un raddoppio o almeno l’aumento delle celebrazioni e sono state avviate, dopo le indicazioni degli uffici diocesani, celebrazioni all’aperto o preparate ad hoc per agevolare la partecipazione e garantire la sicurezza.

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Ancora si attende per la ripresa delle feste religiose dove è più difficile controllare i flussi di devoti e i rischi di assembramento. Ma, dopo questa fase di regolarizzazione, nelle Chiese locali si dovrà avviare una necessaria riflessione. Nulla potrà essere come prima, nulla potrà essere strutturato alla stessa maniera. I percorsi formativi richiederanno per mesi, se non per anni, un prudenziale ridimensionamento delle attività al chiuso, nelle piccole stanze, e dove non è possibile andrà ridotto drasticamente il numero dei partecipanti.
All’orizzonte, insieme al piano vaccinale che fa ben sperare, anche le varianti che, come minacciose nubi, si addensano nel cielo. Dalla formazione alle celebrazioni fino ai momenti conviviali e di festa dove, a seconda della sensibilità della famiglia, delle paure, delle esperienze, si scelgono criteri, si bada all’essenziale, o si rinuncia del tutto a dispetto dello spreco, ma anche di quelle occasioni per assolvere al bisogno di incontro, di necessaria relazione, per fare festa insieme. Anche il dolore, nelle famiglie e nelle comunità, subisce l’influenza della pandemia in atto. Si è più soli, mancano abbracci e strette di mano, tanto vituperate, altrettanto necessarie. Il virus ha agito, ha colpito il corpo, ma ha colpito anche le relazioni, anche la psicologia collettiva e del singolo. Anche su questo dovremo lavorare come comunità parrocchiali, indicando vie di speranza, superamento della paura, fiducia nella scienza, ancoraggio nella fede nel Salvatore.
Dovremo attivare altre vie per superare vecchie e nuove povertà, arrivare dove i meccanismi, a volte farraginosi delle istituzioni non arrivano, dove lo Stato è ancora assente. E poi c’è tutto l’ambito educativo oltre che cultuale, dove la Chiesa dovrà giocare una nuova partita, così come si sono giocati i grandi educatori di fine Ottocento: da san Giovanni Bosco a don Gaetano Mauro, da Maddalena di Canossa alla beata Elena Aiello, da San Leonardo Murialdo a Santa Rosa Venerini.
Ripartendo da Firenze, come ci ha detto il Papa guardando la provvidenziale occasione del Sinodo, ci dovremo mettere in ascolto, per rifondare il senso e l’impegno di una presenza capillare, radicata, feconda nel territorio dove insiste la nostra Chiesa. Potremo far tesoro delle esperienze positive, della capacità solidale, della voglia di impegno, del desiderio di incontrarsi. Potremo raccogliere la sfida dei new media per costruire occasioni di nuove relazioni, potremo abbandonare ciò che non è essenziale, che sa di vecchio o che è abbiamo accantonato già perché coreografico. Una grande occasione per la Chiesa, il Sinodo, una grande occasione per l’Italia, una grande occasione per noi, per scrivere il nostro recovery plan, il grande piano di recupero. Non si tratterà solo di strategia e nuovi tecnicismi o regole, dovremo sederci, ascoltarci, far tesoro delle esperienze e ripartire con la certezza che il nostro fuoco sacro è rimasto acceso, la fiammella della nostra fede, quella della nostra gente, non si è ancora spenta nonostante la tempesta perfetta che si è abbattuta sull’umanità e sui cuori.
Noi abbiamo dalla nostra, sulla nostra barca, la vera forza che è Gesù stesso; non dobbiamo avere la paura di riproporlo, di creare occasioni per l’incontro con Lui. Non possiamo però permetterci di sprecare questa grande opportunità per una esperienza, per l’evento dell’avvicinamento, affinché Egli si riveli, sveli a ciascuno la propria dignità e la propria vocazione. Lasciamo interpellare e teniamo però l’occhio fisso su di Lui, lasciamo interrogare ma teniamo l’orecchio attento alla sua Parola, lasciamoci coinvolgere dalla storia del nostro tempo ma facciamo battere il nostro cuore al ritmo del suo, andando oltre l’effimero e l’apparente ed Egli si farà ancora vicino a noi, ci toccherà, ci prenderà per mano e ci rialzerà. Sta qui, in questo incontro personale, vero, unico, irripetibile, il cuore del nostro piano di recupero.

In ripresa le celebrazioni del Matrimonio

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Il dato non è preciso, ma permette di cogliere l’andamento dei matrimoni nelle parrocchie della nostra Arcidiocesi. Dal 2015 i matrimoni si erano attestati nella nostra diocesi su circa 1000 pratiche registrate all’anno (dati Ufficio Matrimoni). Erano 1040 nel 2017, 1004 nel 2018 con una leggera flessione che coincide con gli ultimi mesi del 2019 che li ha portati a 932. Poi la curva è nettamente crollata nel 2020 a soli 226: nell’anno della pandemia ne sono stati rimandati tre su quattro. Il dato che abbiamo raccolto nei giorni scorsi (30 giugno 2021 sempre presso l’ufficio matrimoni) mostra una ripresa nel primo semestre del 2021 (311 matrimoni), particolarmente nei mesi di maggio e giugno, e i matrimoni hanno già superato l’intero 2020. Sarà molto interessante vedere come andrà a fine l’anno tenendo conto del graduale superamento delle restrizioni, alcune delle quali ancora in atto. Un dato più interessante ovviamente sarà quello del 2022.

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