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Il regista: “Mi auguro che la pellicola sia un pugno nello stomaco per chi la vede”

“Liberarsi” per capire la Calabria

Salvatore Romano racconta i segreti del suo ultimo film ambientato a Reggio

“Liberarsi” per capire la Calabria

«“Liberarsi” nasce da un’esigenza di anima, dall’essere calabresi, dall’essermi informato in dettaglio sulla rivolta di Reggio Calabria. In quel periodo molti giovani cercavano la rivoluzione, nel senso positivo del termine. Scendevano in piazza e rivendicavano non solo Reggio come capoluogo di provincia – questo era un pretesto – ma chiedevano un futuro migliore in una Regione che all’epoca era molto povera e piena di problemi». Salvatore Romano, regista originario di Taurianova, presenta così la sua ultima fatica cinematografica che verrà distribuita da giovedì 1 ottobre sulla piattaforma streaming made in Calabria, Amica Film. Un racconto che trae ispirazione da un momento particolarmente significativo per la storia del Mezzogiorno d’Italia. «La rivolta di Reggio – prosegue Salvatore – forse è stato l’unico momento di rivoluzione al Sud, a parte la ribellione dei Vespri siciliani. I ragazzi che vi partecipavano erano apolitici, non erano né di destra né di sinistra, come qualcuno sostiene. Raccontare quanto avvenne mi è sembrato un atto di giustizia, un dovere morale e un atto di amore nei confronti della mia terra. Non sono mai riuscito a capire perché nessuno abbia mai voluto trattare questa vicenda dal punto di vista cinematografico».

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La trama di “Liberarsi”? Pietro, giovane giornalista calabrese, torna in Italia per i funerali della madre. Durante il soggiorno a Reggio Calabria, viene a conoscenza di retroscena relativi alla morte di suo padre, avvenuta negli anni Settanta. Decide così di andare più a fondo per capire cosa gli sia successo realmente. Un’ispirazione che Salvatore descrive così: «Non c’è personaggio realmente esistente al quale mi sono ispirato per il mio protagonista. Piuttosto, mi sono lasciato guidare da quella concezione idealistica del giornalista che va alla ricerca della verità quando lo coinvolge dal punto di vista personale e quando da lavoro diventa qualcosa che diventa istinto». E aggiunge: «Forse la verità non esiste o forse ne esistono varie. Probabilmente, però, la vera verità è quella della realtà che non dovrebbe essere modificata a piacimento e non dovrebbe essere vittima di strumentalizzazioni e deviazioni. Indagare sulla morte del padre per Pietro è un’esigenza di anima e di indole e per soddisfarla non ha paura di andare avanti, di confrontarsi con una realtà dolorosa e difficile da accettare e di cambiare a sua volta. La verità è la capacità di un giornalista di cambiare se stesso e di modificare il suo concetto della realtà. Se chi si propone di informare gli altri non è pronto a modificare le sue opinioni e il suo modo di vedere la vita, non riuscirà mai a scoprire storie reali. Credo sia un dovere morale sforzarsi di andare oltre».
L’esperienza di “Liberarsi” arriva dopo un lungo percorso di formazione cinematografica. «Il mio amore per il cinema – racconta Salvatore – è nato dentro di me fin da quando ero un bambino. Ho sempre avuto grande passione per la scrittura, così, nel tempo, il desiderio di voler diventare regista è maturato in maniera naturale, spontanea e automatica». E continua: «All’inizio volevo laurearmi in un campo attinente alla produzione cinematografica, poi ho optato prima per studiare giurisprudenza a Roma e poi frequentare una scuola chiamata “Laboratorio cinema” dopo l’università. Grazie a quest’esperienza ho capito dal punto di vista didattico quali erano le mie possibilità. Infine ho cominciato a lavorare sui set come assistente alla regia ed è lavorando che ho imparato a muovermi professionalmente: il mio percorso di formazione è stato lento, ma regolare». E, viene da aggiungere, anche poliedrico ed estremamente soddisfacente. «Oltre a Liberarsi – spiega – sono stato regista di un altro film per il cinema: “L’incontro”, girato lo scorso anno in Calabria sul Pollino e che verrà rilasciato non appena verrà messa a punto la strategia distributiva. E poi ho diretto un terzo film con la mia società di produzione, dal titolo “La croce e la stella” sempre girato nella nostra Regione. I cortometraggi da me ideati, invece, sono stati preparatori ai film. Mi hanno permesso di abituarmi ai set, ai tempi cinematografici e ai rapporti con la troupe. Per esempio, “Liberi di Sorridere” è stato realizzato a Cosenza per l’associazione Liberi nel Sorriso che si interessa di sclerosi multipla. Con “Sorpresa di Natale”, invece, realizzato dalla Scuola di Recitazione della Calabria, siamo stati al Giffoni Film Festival. Quando mi si offre la possibilità di realizzare lavori che possano essere utili dal punto di vista sociale o didattico, accetto volentieri l’offerta». E aggiunge: «Dal 2005, poi, lavoro più o meno stabilmente alla produzione di “Un posto al Sole”. Lavorare per una soap non è come produrre un film. Il regista si deve adeguare al linguaggio che sia televisivo o cinematografo».
Nonostante le molteplici esperienze, c’è una costante che accomuna i lavori di Salvatore: il legame viscerale con la sua Calabria. «Mi sento – spiega – come un salmone che ripercorre un fiume all’indietro. Vivo quello che gli americani chiamano “fatal flaw”, il difetto fatale. In me è forte la voglia di ambientare le mie storie nella mia Regione perché qui riesco a trovare ispirazione e conflitto, un mix tra amore e critica. Noi calabresi non vediamo l’ora di lasciare la nostra terra, ma, allo stesso tempo, non vediamo l’ora di tornarci. Forse ritorna in me quella sensazione che chiunque se ne vada dal Sud si porta dietro la sconfitta di essere andato via. Voler scrivere storie che mi riportano qui è espressione di un senso di rivalsa, un chiedere scusa alla propria terra per averla abbandonata».
Allora cosa aspettarsi da “Liberarsi”? Salvatore ne è sicuro: «Spero che a chi vedrà il film arrivi un pugno allo stomaco che sia doloroso e che susciti riflessioni. La verità scoperta da Pietro sarà scomoda». Ma non c’è tempo per fermarsi: il flusso creativo non accetta pause. «Prossimamente – conclude il regista – preparerò un documentario sulla storia di Marinella – la ragazza a cui si è ispirato De Andrè per scrivere l’omonima canzone – perché proprio Marinella è nata a Taurianova, in Calabria. Per il mio prossimo film, invece, ci sono tante idee sulla carta. Vediamo quali spiccheranno il volo».

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