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Cosenza-Verona, uno schiaffo ai tifosi

Sono arrivati da lontano, sono stati ore sotto il sole. Nessun rispetto per gli appassionati che volevano solo vivere una sana giornata di sport.

Cosenza-Verona, uno schiaffo ai tifosi

Il dubbio amletico..."Si gioca - non si gioca", comico e grottesco, ha prodotto un'altra pagina della storia del Cosenza. Che piaccia o no, una pagina nera. Non è necessario puntare il dito contro questo o quello, perché la vicenda è stata costellata da un'altalena di informazioni, autorizzazioni, certezze ipotetiche che rendono aggrovigliato un giudizio obiettivo sulle responsabilità.
Una cosa è certa: se l'1 settembre 2018 è in programma Cosenza - Verona, per quel giorno il campo sportivo deve essere disponibile senza se e senza ma.
Ma no, lasciamo stare i capri espiatori.
Invece, pensiamo ai tifosi. C'eravamo, con loro. Noi tifosi. Ore sotto il sole cocente ad aspettare che "i capi" prendessero una decisione. Non bastava optare per una soluzione qualsiasi anche solo tre ore prima?
Questa vicenda dimostra che non c'è davvero nessun rispetto per la gente che ha percorso decine di chilometri desiderosa di vivere una giornata di sport.
L'impressione, da giornalisti e da appassionati, è che questo mondo del calcio troppo facilmente sacrifica i sacrifici di chi il calcio lo ama, mentre dagli stessi pretende troppo. Troppo, come le tante mani al portafoglio per percorrere la contorta via degli abbonamenti alle piattaforme calcistiche.
Il calcio è di chi lo ama, è vero. Ma può amarlo chi ha sofferto in piedi davanti ai cancelli chiusi (altra grande sconfitta del calcio "sicuro") per ore? Possono forse amarlo quei due bambini che avevamo davanti e che forse venivano allo stadio per la prima volta?
E quelle famiglie la cui presenza è invocata e forse mai pienamente gradita, anche e solo perché non può permettersi i biglietti + abbonamento a Dazn + abbonamento a Sky + la benzina per arrivare da Trebisacce (ce n'erano tre lì ai cancelli della Sud).
Scriviamo con l'amarezza nel cuore, ma anche con la coscienza di doverlo fare.
Perché non si può più sostenere di far soffrire gente in fila per ore per una partita di calcio.
Che stress questo calcio.
È più divertente la Serie D, forse!

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