Editoriali
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Comunicazioni sociali, il messaggio: non isole, ma comunità

Dalle community alla comunità il tema del Messaggio 2019 che sarà sviluppato da papa Francesco. Per una nuova cultura del noi, dell'incontro e del dialogo. Cercando comunità solidali.

Comunicazioni sociali, il messaggio: non isole, ma comunità

"Fino a che punto si può parlare di vera comunità di fronte alle logiche che caratterizzano alcune community nei social network?". L'abstract che fa da traccia al Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2019 conduce a una riflessione sul perché dell'uomo. "Siamo membra gli uni degli altri. Dalle community alla comunità" - il tema del Messaggio - è una grande sfida per tutti. Anzi, prima per quelli che non sono giornalisti, se al tempo dei social si può dire che ci sia qualcuno che non si diverta a "fare notizia". La rete rischia di essere il luogo, non fisico, dove affermare se stessi. Una sorta di paradiso o di inferno dove rispettivamente godere o bruciare il proprio io. Nelle community ciascuno dice la sua, che però rimane "sua" e tocca solo lui stesso. Ciascuno porta se stesso per sé stesso. Ma non è questa l'esperienza autentica dell'uomo, chiamato invece a costruire un "noi", dice ancora la traccia, "fondato sull’ascolto dell’altro, sul dialogo e conseguentemente sull’uso responsabile del linguaggio". La rete non è solo lo spazio mascherato da una tastiera dove sfogare la propria angoscia o mettere in vetrina i successi, ma un'opportunità di ascolto, confronto, dialogo. La logica dello "sputare addosso" senza volersi aprire all'altro, ma anche senza voler essere giudicati è un atto di codardia e anche un po' vigliacco, una sorta di provocazione che nel 2019 la società non può sopportare, in un tempo di rapporti liquidi e disorientati.
Invece oggi la sfida è proprio questa: recuperare un orientamento a qualcosa, anzitutto imparando ad avere a cuore il bene dell'altro. Una rinnovata fraternità, che parte anche dalla foto pubblica, condivisa, ma in cui ognuno accetti anche critiche a quella stessa foto. Non si può gettare la pietra nello stagno e sperare che non faccia rumore né muova l'acqua o che torni uguale come un boomerang senza che nessuno se ne accorga. Le community in cui ci si insinua solo per affermarsi attraverso un nickname ci rendono isole senza porti sicuri cui attraccare. Ma non è questo il destino dell'uomo, che è chiamato a riconoscere, e quindi a fidarsi, della presenza dell'altro. Purificare il linguaggio, "disorpellizzarlo", significa narrare se stessi senza doversi nascondere o improvvisarsi, ma attivare processi di inclusione reciproca. Non esiste una società ideale della comunicazione. Ma ancora possiamo sforzarci di essere comunità e di guardarci negli occhi.

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