Scienza
Nuove forme di vita extraterrestri?

Scoperto un esopianeta con un’atmosfera formata da molecole favorevoli all’esistenza
Esistono nuove forme di vita in grado di sopravvivere in condizioni simili o diverse dalla nostre? Una domande che ci portiamo dietro da tanto tempo e che, puntualmente, riaffiora nella nostra mente non appena la scienza si appresta a scoprire qualcosa di nuovo. Il telescopio spaziale a raggi infrarossi “James Webb”, nato dalla collaborazione tra la Nasa (agenzia spaziale statunitense), l’Esa (agenzia spaziale europea) e il Csa (agenzia spaziale canadese), lanciato nel 2021 per indagare i misteri dell’universo, ha intercettato un pianeta con un oceano di acqua liquida immerso in un’atmosfera ricca di idrogeno, metano e anidride carbonica, posizionato nell’orbita intorno a una nana rossa. Questo nuovo gigantesco esopianeta gassoso, non appartenente al sistema solare, si chiama K2-18b, ha una massa che è 8,6 volte più grande di quello della terra, ed è a 124 anni luce del nostro pianeta, nella costellazione del Leone. Il telescopio è riuscito a percepire la luce della stella madre, nel momento in cui il pianeta transitava di fronte ad essa. Compiendo questo movimento, la sua atmosfera si è illuminata e i suoi gas hanno alterato il colore della luce stellare che, di conseguenza, ha raggiunto il James Webb. Gli scienziati possono dedurre la composizione chimica di quest’atmosfera. Sono state rilevate tracce di una molecola di gas atmosferico (il dimetilsolfuro), costituita da zolfo, carbonio e idrogeno, presente negli oceani e, in particolare, nelle alghe. Solitamente si diffonde nell’aria producendo il noto “profumo marino”. Ciò si verifica quando tali organismi muoiono e vengono consumati da batteri o zooplancton: il dimetilsulfoniopropionato delle alghe si degrada e rilascia dimetilsolfuro. K2-18b potrebbe contenere alte quantità di questo composto nella sua atmosfera, rendendo il suo ambiente ricco di vita. Fu scoperto, per la prima volta, nel 2017 da alcuni canadesi che hanno impiegato dei telescopi terrestri in Cile. Fa parte di una classe di esopianeti denominati “sub-Nettuno”, molto dissimili dal nostro sistema solare. Queste osservazioni non indicano necessariamente la presenza di vita su questo pianeta finora sconosciuto, ma aprono uno spiraglio su processi biologici interessanti che porterebbero a parlare di “biofirma” e, quindi, di astrobiologia, quel settore che si occupa di studiare le origini della vita e l’evoluzione del cosmo. “Questi sono i primi indizi di un mondo alieno potenzialmente abitato” le parole dell’astrofisico Nikku Madhusudhan dell’Istituto di Astronomia dell’Università di Cambridge, autore di questo studio. La ricerca è apparsa sulla rivista Astrophysical Hournal Letters. Le scoperte del James Webb stanno validando l’esistenza di nuovi pianeti chiamti “Hycean”, molto grandi rispetto alla Terra, dotati di oceani liquidi profondi, da atmosfere ricche di idrogeno e con condizioni favorevoli alle vite esotiche. A questa ricerca si aggiunge quella condotta da Thomas Baycroft, dottorando di ricerca all’Università di Birmingham, e da Amaury Triaud, docente nel medesimo ateneo inglese, che hanno scoperto un pianeta che orbita intorno ad una rara coppia di stelle peculiari, formando un angolo di 90 gradi. Ancora una volta siamo dinnanzi ad un esopianeta (2M1510 (AB)) con un’orbita polare, che cade perpendicolarmente al piano orbitale della coppia di nane brune binarie (oggetti celesti ibridi, a metà strada tra una stella e un pianeta, con una massa così piccola da non poter sviluppare la temperatura giusta per innescare le reazioni nucleari che fanno brillare le stelle). Il sistema binario (2M1510) è formato da due nane brune che producono eclissi reciproche, se osservate dalla terra, rendendole parte di ciò che viene definito “binaria ad eclisse”, fenomeno di per sé raro. Gli scienziati sono pervenuti alla conclusione che, la causa del movimento di questo corpo a 90 gradi attorno a queste due stelle sia dovuta all’attrazione gravitazionale di un pianeta in orbita polare. Questa scoperta dimostra che le orbite polari non solo sono teoricamente stabili ma possono effettivamente esistere. Il ritrovamento è stato effettuato con l’uso dello spettografo UVES installato sul Very Large Telescope, VLT, dell’Osservatorio Europeo Australe (Eso), a Paranel, in Cile. Questo dimostra la stabilità delle orbite polari intorno ai sistemi binari, ma è la prima osservazione di un esopianeta in questa configurazione. Si apre quindi una parentesi sull’esistenza di sistemi planetari multipli e sulla struttura del cosmo.