La Via crucis con i testi preparati dai giovani

Video omelia. Il rito cittadino si è svolto dalla parrocchia di Sant’Aniello alla parrocchia di San Francesco Nuovo.

Il video dell’omelia pronunciata dal Vescovo

Una Via Crucis che percorre le strade dell’uomo, della sua sofferenza, quelle strade in cui sembra che la rassegnazione ed il fallimento abbiano l’ultima parola.
Gesù assume su di sé tutto questo, è come se durante questa via assorbisse tutto il dolore che incontra, lo prendesse sulle spalle provandone ogni conseguenza sia fisica che interiore.

È quello che sembra essere stato sperimentato anche ieri sera durante la Via Crucis cittadina guidata dalle meditazioni dei giovani della città. Presieduta dal vescovo, mons. Giovanni Checchinato, ha visto la presenza del sindaco Franz Caruso e del consigliere delegato ai rapporti con le Chiese Francesco Turco.

I giovani hanno provato a guardare ai sentimenti di Gesù facendo emergere una connessione con i loro, con quello che vivono, con quello che sentono, con le contraddizioni che ogni giorno questo tempo sembra mettere loro davanti, questo significa riconoscere in Gesù la capacità di portare tutto il nostro dolore, tutto ciò che siamo e proviamo può essere conosciuto nel profondo dal Signore, perché lui stesso lo ha sperimentato. Ma non si tratta solo di portare su di sé il dolore dell’uomo ma di assumere un altro punto di vista su di esso ed è quello che ci ha ricordato il Vescovo nel suo discorso conclusivo gettando lo sguardo anche su chi, durante questa via di dolore, è entrato nella fatica di Gesù e si è fatto prossimo, come Maria, come le donne. Come loro anche noi siamo capaci non solo di osservare le fatiche del nostro tempo ma di entrarci portando luce, portando speranza. Sembra anche questo il significato della scelta di concludere la Via Crucis presso le vicinanze dell’Istituto Penitenziario cosentino, è stato come un voler dire con forza che Gesù è morto per tutti, per tutti si è donato, il suo amore raggiunge e può raggiungere qualunque tipo di buio e lo fa attraverso le nostre gambe che percorrono le varie vie di dolore della storia con la consapevolezza che la sofferenza non può mai avere l’ultima parola, ma che c’è sempre qualcosa di più grande in grado di dare una direzione di bene ai nostri passi.

Si ringrazia Giuseppe Filice per la collaborazione nelle foto