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Biblioteca Civica di Cosenza. Lettera aperta dei dipendenti

E’ con questa lettera aperta non sollecitata da nessuno se non dal nostro  animo sofferente che ci appelliamo alla volontà del buon giornalista di turno, per cercare ancora una volta di sensibilizzare l’opinione pubblica verso un problema che non riguarda solamente il pagamento degli stipendi o la morte di un istituto di cultura, ma che mortifica in pieno l’identità della nostra memoria non solo del passato ma anche di quella futura

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Biblioteca Civica di Cosenza. Lettera aperta dei dipendenti

Che la cultura fosse diventata la cenerentola delle attività umane già lo si sapeva. E che le biblioteche attraversassero un momento negativo  era altrettanto noto. Ma che uno scrigno della memoria come è la Civica di Cosenza, con un patrimonio di circa trecento mila volumi, fosse arrivata al suo ultimo atto, questo non l’avremmo mai lontanamente immaginato.

In questo frangente di tempo pur di cambiare lo stato delle cose e venire incontro alle esigenze dei dipendenti è stato detto di tutto e il contrario di tutto.

Soprattutto la politica ma, solamente a parole, ha cercato di dare un contributo, blando e inefficace  con una serie di proposte che andavano a risolvere il problema dal punto di vista del rilancio dei servizi, facendo capire che il problema fosse risolto definitivamente ma che alla luce dei fatti non riusciva a lenire le sofferenze dei dipendenti. Infatti, trascorso il Natale senza ricevere alcuna spettanza è arrivata pure la Santa Pasqua sino allo sbocciare della primavera e tutto tace.

Questa situazione non è un problema dell’oggi, ma si trascina da diverso tempo sin da quando, nel lontano 2007, il Direttore Pisani, lasciava la guida della Biblioteca.

Anche sotto la sua direzione si ebbero dei problemi finanziari ma quando si doveva arrivare al dunque, tutto si disponeva per il meglio.

Da quando  si sono avvicendati una serie di manager, tutto è continuato a muoversi al rallenty, arrivando fino ad oggi senza una guida specifica che potesse risolvere il problema e assicurare ai dipendenti i diritti garantiti dalla costituzione italiana. Infatti, essi lavorano e garantiscono a tutti i minimi servizi solo per senso di responsabilità e spirito goliardico.

Eppure, essi si sono appellati al mondo della politica e, ancora peggio, al mondo della cultura, ricevendo una solidarietà labile e solo di facciata  ma quando la discussione diventava sempre più accesa andando al nocciolo dei veri problemi, tutti si comportavano, nessuno escluso, come aveva fatto il tribuno romano Ponzio Pilato nei riguardi del Signore, lavandosene le mani.

Hanno cercato di appellarsi più volte  a chi di dovere per difendere i nostri diritti ma anche quel qualcuno di buona volontà che si era fatto carico dei nostri problemi ha trovato le porte sbarrate, forse perché, essendo noi un numero troppo esiguo non eravamo una forza sufficiente per incidere sui destini delle forze politiche che di volta in volta si sono avvicendate nella città di Cosenza.

Nel 2014 abbiamo raccolto quasi mille firme e li abbiamo portate all’attenzione della “Commissione Cultura” del comune di Cosenza,  ma senza successivi riscontri.

E’ con questa lettera aperta non sollecitata da nessuno se non dal nostro  animo sofferente che ci appelliamo alla volontà del buon giornalista di turno, per cercare ancora una volta di sensibilizzare l’opinione pubblica verso un problema che non riguarda solamente il pagamento degli stipendi o la morte di un istituto di cultura, ma che mortifica in pieno l’identità della nostra memoria non solo del passato ma anche di quella futura. Memoria che riguarda la nostra istruzione, il nostro sapere, ma anche la nostra preparazione indispensabili, se vogliamo uscire dal limbo quotidiano in cui ci siamo cacciati e che sembra averci fagocitato. E’ quindi giunta l’ora di rialzare la testa, di dare un senso alle nostre aspettative da troppo tempo sopite, portando all’attenzione del lettore il problema della libertà di pensiero, che solo la lettura del libro può dare, continuando ad attingere  da questo inesauribile scrigno della cultura.

E’ un dovere non solo salvaguardare il posto di lavoro per cui abbiamo lottato dopo aver superato un concorso pubblico  per titoli ed esami, scegliendo di lavorare in biblioteca anziché dedicarci ad esempio all’insegnamento ma per continuare ad erogare quel servizio prezioso che la Biblioteca garantisce  da oltre cento anni dalla sua fondazione e che nell’ultimo periodo sta conoscendo un oscurantismo senza precedenti.

 E’ un lavoro che facciamo tutti i giorni con passione e senso di abnegazione forieri di una esperienza culturale profusa con sacrificio e professionalità.  E’ un lavoro difficile che richiede costanza, preparazione e determinazione per cercare di rispondere al meglio alle esigenze degli utenti e di quanti si avvicinano al nostro istituto di cultura per ottenere quanto loro necessita per dare adito al piano formativo della loro programmazione culturale.

 

I dipendenti della Biblioteca

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