Il cardinale Scola, arcivescovo di Milano, con il suo discorso alla vigilia di S. Ambrogio (6.12. 2012) , ha toccato temi di grande rilevanza che travalicano lo specifico della propria diocesi, a partire dal titolo e dalle prime righe del testo: “L’editto di Milano del 313 ha un significato epocale perché segna l’initium libertatis dell’uomo moderno“ ( affermazione ripresa come annota il presule dal professore di diritto romano Gabrio Lombardi), per fortuna qualche rigo più sotto precisa che si è trattato di “un inizio mancato” e che gli avvenimenti che seguirono “aprirono una storia lunga e travagliata“.
Questo non toglie che l’affermazione iniziale desti perplessità; come non ricordare che appena ottanta anni dopo l’Editto, l’imperatore Teodosio proclama il cristianesimo religione ufficiale dell’impero e i culti pagani verranno discriminati. Mi riesce difficile vedere l’Initium libertatis in quella data, penso che vada di molto posticipata. Chiaramente ha ragione mons. Scola quando dice che oggi la libertà religiosa è una emergenza di carattere globale in quanto sono numerosi gli stati dove si verificano persecuzioni religiose. Questo spinge sempre di più ad approfondire il significato e le interpretazioni della dichiarazione conciliare “Dignitatis Humanae”.
Con il tema della libertà religiosa si possono intravedere i problemi: 1) Del rapporto tra verità oggettiva e coscienza individuale, 2) del rapporto tra comunità religiosa e potere statale 3) dell’interpretazione, dal punto di vista cristiano, dell’universalità della salvezza in Cristo di fronte alla pluralità delle religioni e delle visioni del mondo. Si possono aggiungere ancora a) il rapporto tra la ricerca religiosa personale e la sua espressione comunitaria e cioè fino a che punto la libertà religiosa possa limitarsi ad una espressione solo individuale e fino a che punto un gruppo religioso possa rivendicare un riconoscimento pubblico in una società pluralista, interreligiosa e interculturale e quindi come una autorità pubblica possa distinguere una religione autentica da ciò che non lo è b)la distinzione tra religioni e sette c)il legame tra libertà di religione e libertà di conversione.
Nel paragrafo successivo “nodi da sciogliere” si esplicitano i significati dei problemi sopra riportati e cioè il nesso tra libertà religiosa e pace sociale, la connessione tra libertà religiosa e orientamento dello stato e questo si evidenzia nell’evoluzione degli stati democratico-liberali che fino a pochi decenni fa facevano sostanziale riferimento a strutture antropologiche generalmente riconosciute e costitutive dell’esperienza religiosa (nascita, matrimonio, generazione, educazione, morte ). Queste strutture non sono state più riconosciute e quindi il giudizio morale sulle leggi si è andato trasformando in un problema di libertà religiosa, qui ricorda mons.Scola si può parlare di ferita alla libertà religiosa (citazione sulla posizione della conferenza episcopale Statunitense in merito alla riforma sanitaria di Obama), altro esempio è la laicità alla francese basata sulla indifferenza o neutralità delle istituzioni statali rispetto al fenomeno religioso. La neutralità tende a sovrapporsi alla libertà religiosa e in realtà a contrapporsi perché secondo Mons. Scola la neutralità non è applicabile alla società civile la cui precedenza deve sempre essere rispettata dallo Stato.
Nella nostra società occidentale , la divisione più profonda nella società civile è tra fenomeno religioso e cultura secolarista e la neutralità porta lo stato a sostenere una visione secolare senza Dio e questo finisce inevitabilmente per limitare la libertà religiosa . Questa situazione deve essere affrontata non solo come rivendicazione di libertà di religione chiedendo il rispetto della peculiarità delle diverse comunità ,questo non è sufficiente perché rischia di far coincidere l’identità religiosa con contenuti nostalgici e folcloristici , perciò la libertà religiosa oggi deve essere una sfida più vasta ed una elaborazione a livello locale e universale di nuove basi antropologiche, sociali etc di convivenza nel rispetto della natura plurale della società facendo leva sul “principio di comunicazione” rettamente inteso ,quindi i “ soggetti personali e sociali che abitano la società civile devono narrarsi e lasciarsi narrare ,tesi ad un reciproco,ordinato riconoscimento in vista del bene comune “.
I tre paragrafi finali sono: il n.4 un ulteriore rafforzamento di quanto detto prima, il n.5 un riferimento più specifico del ruolo della Chiesa Ambrosiana, il n.6 un appello finale alla reciproca convivenza per una vita buona e un buon governo della città . A questo punto , finita la lettura del testo, mi sorgono numerosi dubbi e quindi numerosa domande: certo la libertà religiosa non si può limitare ad una espressione solo individuale , il cristianesimo è per sua natura comunitario e si manifesta in un culto ma non solo, anche in espressioni culturali, associative etc, quindi il potere politico non può conculcare ciò. La pubblica autorità in una società interreligiosa e interculturale non deve tanto distinguere tra religione autentica e no, nessun potere può avere tale diritto e a maggior ragione se questo è democratico , ha il diritto di tutelare e difendere le espressioni religiose, tutte e senza privilegiare l’una sulle altre, difenderle da intolleranza, settarismo, fanatismo, e da qualsiasi violenza. Per quanto riguarda l’evoluzione degli stati democratici liberali come quelli nord americani ed europei verso una neutralità nei confronti del fenomeno religioso, non poteva non avvenire in quanto la società civile non è più culturalmente omogenea, piaccia o no la secolarizzazione si è affermata, la società è laica e pluralista e come tale non può più privilegiare una visione che affonda le sue basi solo nella fede cristiana, il mondo occidentale moderno affonda le sue radici non solo nel cristianesimo ma anche nell’umanesimo, nell’illuminismo ed in altre dottrine sociali e filosofiche ; come cattolici non possiamo dimenticarlo e se è giusto da un lato opporsi ad alcune eccessive derive laiciste, dall’altra dobbiamo domandarci se lo scontro nella società civile tra cultura secolare e cultura cristiana (cattolica) non sia dovuto anche ad un nostro eccessivo attaccamento ai vecchi legami con poteri politici che offrivano (e offrono ancora purtroppo)privilegi in cambio di contropartite di tipo elettorale o etico . Rivendico anche io il fatto che l’identità religiosa non sia ridotta a fatto mitologico e folcloristico , è qualcosa di molto di più ,per rimanere al cristianesimo questo non è una semplice religione ,è una fede in un uomo il Cristo che ci ha dato con il suo vangelo di salvezza ,il modo di condividere con tutta l’umanità la luce divina della sua Persona. Chiaro che la libertà religiosa deve essere “posta in cima alla scala dei diritti fondamentali “ e la sua promozione deve avvenire nel rispetto della natura plurale della società . Proprio per questo la promozione di quelli che vengono definiti “principi non negoziabili “non può che essere affidata alla testimonianza personale e comunitaria, nessuno può pretendere che la libertà religiosa sia oggi concepita in modo parziale , mi è molto difficile leggere la “neutralità dello stato “come effettiva discriminazione nei confronti dei principi religiosi . Penso che le minoranze religiose (cristiane ma non solo) che in tanti paesi subiscono discriminazioni e vere persecuzioni spesso sanguinose e penso all’Egitto, al Pakistan, all’Iran, all’Afghanistan, all’Indonesia, alla Cina e purtroppo altri paesi ancora, sarebbero ben felici di vivere in uno stato laico,democratico,pluralista e perché no secolarizzato.