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Una recensione del film "La Stranezza"

Il teatro di Pirandello, tra finzione e realtà, dramma e commedia. 

Una recensione del film "La Stranezza"

"La Stranezza" consegna agli spettatori il ritratto dell'autore Luigi Pirandello svelandolo gradualmente. Lo fa attraverso il tentativo teatrale, peraltro gradevole, di una compagnia di provincia, dove gli attori sono anche i cittadini più umili e più discussi del paese. Un espediente cinematografico riuscito, perché capace al meglio di significare quanto realtà e finzione, anzi dramma e commedia, siano legati a un filo sottile e spesso mutevole. Ficarra e Picone, che pure resistono, almeno nell'immaginario collettivo, come attori comici, ed evidentemente palesano questo talento, riescono comunque a trattare temi più impegnativi senza perdersi. A ciò è d'aiuto anche l'abbondante utilizzo del dialetto siculo, che il regista del film ha scelto come ulteriore testimone del significato che ha voluto dare alla pellicola. Eccolo, allora, il significato: il teatro come rivelatore della realtà, anche della più nascosta, come quella delle beghe, piccole e grandi, cioè i pettegolezzi della contrada, dove pubblico e privato sembrano anch'essi fondersi. Tra il palcoscenico, tanto largo quanto una platea per accogliere qualche personaggio in cerca di autore, e la vita. 

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