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Mons. Galantino: una Chiesa dalle braccia aperte

Riproponiamo sul nostro sito l'intervista esclusiva che il segretario generale della Cei ha rilasciato a Parola di Vita a Locri e che è pubblicata sul cartaceo del 30 giugno 2016, in occasione dell'inaugurazione dell'opera- segno "Casa San Luigi". Il presule, Vescovo emerito di Cassano all'Jonio, spazio su diversi argomenti, dalle opere giubilari agli immigrati. Infine, una chiosa sull'importanza dei mezzi di comunicazione.

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Mons. Galantino: una Chiesa dalle braccia aperte

In occasione dell’inaugurazione dell’opera –segno Casa San Luigi in un’ala del Seminario di Locri, abbiamo incontrato monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, che ha presenziato all’evento.

Eccellenza, oggi inauguriamo un’opera –segno come ha chiesto il Papa per il Giubileo. Come sta rispondendo la Chiesa italiana agli appelli di Francesco?

Penso che il Giubileo voluto da papa Francesco abbia trovato e stia trovando vasta corrispondenza, e non mi riferisco soltanto ai numeri significativi di coloro che vengono a Roma. Non dimentichiamo che il Papa ha voluto un Giubileo diffuso, nel senso che a differenza degli altri Giubilei questa volta non è assolutamente necessario andare a Roma, e comunque in molti stanno andando, però è molto importante notare come tantissime persone hanno riscoperto la necessità di conversione nel territorio e del territorio. Credo che questo sia uno dei messaggi più importanti del cristianesimo e del cattolicesimo, cioè l’incarnazione, perché tutto ciò che si dice deve trovare risposta nella vita e nella vita degli uomini dove si vive, nel proprio stato.

Opere a favore dei più svantaggiati. Tra gli altri appelli del Papa, anche quello dell’accoglienza degli immigrati. A che punto siamo?

Ho l’impressione che la risposta, dopo un momento un po’ di incertezza rispetto all’invito del Papa, sia stata ottima. Adesso c’è una corsa e una risposta molto bella. Conosco molte diocesi della nostra Calabria e del nostro Sud che stanno rispondendo. Però stiamo attenti. Non dimentichiamo che l’impegno della Chiesa per i migranti è sempre stato forte, e al momento le nostre strutture, quelle che dipendono direttamente dalla Chiesa, stanno ospitando 25 – 27 mila persone. Iniziative come quelle che si stanno inaugurando oggi a Locri non ce ne sono tante in Italia, questa non è l’unica, per cui il numero degli accolti cresce sempre di più. E teniamo presente che l’accoglienza non è data solo agli immigrati, ma anche a persone che abitano qui, che sono italiane, che si trovano in difficoltà. Sono le nuove povertà.

Sono tante le nuove povertà. Anche qui la necessità di accogliere le proposte di papa Francesco.

Rispondendo soprattutto agli appelli del Vangelo, perché il Vangelo di Matteo ci dice quanti nomi ha la miseria, quanti nomi la povertà. C’è l’immigrato, c’è l’ammalato, il carcerato, chi fa fatica a vivere con dignità la sua storia e a progettare il proprio futuro come i nostri giovani. La Chiesa è chiamata in nome del Vangelo a non girare lo sguardo dall’altra parte, a non girare alla larga.

Lei parla di Vangelo. A proposito di fragilità di oggi, viene in mente il legame tra Amoris Laetitia e il Vangelo.

Molto bello quel trittico di verbi, che poi sono altrettanti impegni che il Papa chiede a noi. Il segno dell’accogliere, del discernere, dell’integrare le fragilità. Accogliere significa aprire il proprio cuore, discernere è capire cosa c’è dietro una storia, certi occhi tristi, certi occhi spenti. Non ci viene chiesto soltanto di allungare un’offerta e liquidare e mandare via, ma guardare negli occhi. Perché l’integrazione comincia dal guardare negli occhi le persone.

Un’attenzione verso le fragilità che la Chiesa italiana si è proposta allo scorso Convegno di Firenze?

A Firenze è stato ribadito come questo sia il distintivo della Chiesa italiana. Se vuole essere protagonista di un nuovo umanesimo deve mettersi alla ricerca dei tanti umanesimi negati e fare tutto quanto è necessario perché questi diventino umanesimi riusciti.

Eccellenza, a Cosenza stiamo per inaugurare la nuova radio diocesana. Oltre al Settimanale, un nuovo impegno nel mondo della comunicazione.

La comunicazione per la Chiesa italiana sta rivestendo e deve rivestire ancora di più un’importanza straordinaria. Non possiamo accontentarci di fare delle cose, dobbiamo farle conoscere. Non per essere additati per ricevere applausi, ma perché il bene va fatto conoscere. Il bene contagia. Da questo punto di vista al livello periferico sta il lavoro dei settimanali diocesani, dei media locali, ma anche a livello centrale attraverso Avvenire e Tv2000, che sta avendo grande attenzione, Radio Inblu, lo stesso Sir, la Chiesa italiana sta investendo molto sulla comunicazione.

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