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Il senso della comunione cristiana sta nel rapporto personale che ogni fedele ha con Dio

Bonhoeffer e l’essenza della Chiesa

Dietrich Bonhoeffer crede nell’impegno ecumenico e in una resistenza attiva contro il nazismo 

Bonhoeffer e l’essenza della Chiesa

Iniziamo il nuovo anno affrontando una delle tematiche più dibattute da sempre: “Che cos’è oggi la Chiesa e qual è la sua rilevanza nella società odierna? Il suo stile è cambiato o è rimasto sempre intatto? Quanto conta oggi Cristo nella vita delle persone? Difficile dare risposte esaustive a interrogativi del genere, ma possiamo offrire ugualmente delle piste interpretative cosicché ognuno possa cercare la verità. Ci avvaliamo, in questo contesto, degli insegnamenti di un grande teologo tedesco, Dietrich Bonhoeffer, di cui è stato recentemente ripubblicato il testo “L’essenza della chiesa” (Editrice Queriniana) a cura di Alberto Conci. L’opera raccoglie le lezioni tenute dallo studioso nel semestre estivo del 1932, nel corso delle quali riflette sulla natura della chiesa intrecciando discorso ecclesiologico ed etico, e facendosi artefice di una teologia del movimento ecumenico in grado di riscattare l’animo umano, duramente provato dai tragici eventi del secondo conflitto mondiale. Nato nel 1906 a Breslavia (allora in Germania, ora parte della Polonia) da una famiglia dell’alta borghesia, Dietrich manifesta da giovane la volontà di diventare un pastore evangelico. Studia teologia a Tubinga e a Berlino, si dedica al servizio pastorale presso la chiesa luterana della comunità tedesca di Barcellona, quindi si trasferisce a New York dove frequenta le chiese della comunità afroamericana di Harlem. Il suo percorso pastorale di “uomo per gli altri”, arricchito delle tante esperienze fatte in Europa e oltreoceano, stimola la sua conversione da teologo a cristiano. I suoi anni giovanili sono interamente caratterizzati da un intenso impegno ecumenico, con un certo riguardo per la questione della pace vista in prospettiva teologica. Durante il regime nazista diventa una delle guide della “chiesa professante”, un movimento sorto in seno alla chiesa evangelica tedesca che si oppone al tentativo hitleriano di assoggettare la religione alla politica nazionalsocialista. Nella sua lotta contro i cristiani tedeschi filonazisti, l’intellettuale sostiene che la chiesa deve interrogare lo stato sul suo agire, deve responsabilizzare il potere politico, deve andare incontro alle vittime dell’ordine sociale e deve fermare gli eccessi dei governanti. La prospettiva da cui osserva gli eventi della storia universale è dal basso, dalla posizione degli esclusi, dei maltrattati, degli oppressi, dei sofferenti. È proprio questo “sguardo dal basso” che gli permette di esprimersi sul difficile compito di essere uomini e cristiani. Scoppiata la seconda guerra mondiale nel 1939, Dietrich si scaglia contro il nazismo divenendo facile bersaglio della Gestapo, che lo ritiene un “disturbatore del popolo” e gli vieta di tenere pubblicamente i suoi sermoni religiosi. Viene incarcerato nel 1943 nel campo militare di Tegel e messo a processo per alto tradimento, per essersi sottratto al servizio militare e per aver aiutato gli ebrei a rifugiarsi in Svizzera. In prigione scrive testi, lettere e frammenti tra cui il libro “Resistenza e resa. Lettere e appunti dal carcere”, pubblicato postumo nel 1951. È la sua opera più famosa in cui riflette sul rapporto tra fede e azione, tra religione e mondo. L’autore fa dell’agire il suo punto di forza e sostiene che “attendere inattivi e restare ottusamente alla finestra non sono atteggiamenti cristiani”. La sua è una “resistenza attiva” vissuta da chi accetta la sofferenza vivendola sulla sua pelle come ha fatto Gesù, consapevole che il bravo cristiano si divide tra impegno pastorale e opposizione attiva al male. In “Resistenza e resa” Bonhoeffer si interroga sul futuro della chiesa, prende le distanze da una fede idealizzata e astratta, ripensa alla presenza e all’azione di Dio in un mondo che è cambiato rispetto al passato, a quel Dio che si è fatto uomo per gli altri, che siede alla mensa degli esclusi. A suo avviso, in una società ormai adulta bisogna cercare il Signore non nelle cose irrisolte della vita (un Dio tappabuchi) ma in quelle risolte, non nella sofferenza ma nella salute. Il Padre Celeste deve diventare il centro della vita e non un elemento superficiale. Prima di essere ucciso il 9 aprile 1945 si inginocchia in preghiera e si rivolge al Signore, mostrando un atteggiamento coraggioso e composto, tipico di colui che crede veramente ed ha accettato totalmente la volontà divina. Egli, attraverso i suoi scritti, sostiene l’idea di una chiesa intesa come una realtà spirituale che non scende a patti con il conformismo, che mantiene la sua identità, che resiste allo scorrere del tempo, che esiste là dove c’è Cristo, l’Emmanuele con cui ogni autentico fedele entra in comunione. “La comunione cristiana è comunione per mezzo di Gesù Cristo e in Gesù Cristo” scrive Bonhoeffer ne “La vita comune”. L’essere cristiani – secondo il pensatore luterano – vuol dire rimanere saldi nei propri principi religiosi, ma aprirsi anche al dialogo riconoscendo il valore delle posizioni altrui. Nonostante questa riflessione sia stata formulata in un periodo storico distante dal nostro, è molto attuale e aiuterebbe a risolvere le tante contraddizioni e dualità della nostra contemporaneità.

Bonhoeffer e l’essenza della Chiesa
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