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Il Parlamento Europeo: una strategia per l'uguaglianza di genere in Europa

Nella risoluzione approvata chiesto anche il rispetto per i diritti dei Lgbt. Ciascuno sia libero di scegliere il suo genere. Non mancano le reazioni negative al provvedimento, che comunque non è vincolante per gli Stati.

Il Parlamento Europeo: una strategia per l'uguaglianza di genere in Europa

Il Parlamento europeo “invita la Commissione a elaborare e adottare una nuova strategia specifica per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere in Europa, che miri a creare pari opportunità”, “nell’ottica di porre fine a tutte le forme di discriminazione a cui le donne sono esposte nel mercato del lavoro per quanto riguarda retribuzioni, pensioni, processo decisionale, accesso a beni e servizi e conciliazione tra vita familiare e professionale, come pure a tutte le forme di violenza nei confronti delle donne, nonché al fine di eliminare le strutture e le pratiche discriminatorie connesse al genere”. Il Parlamento invita inoltre a “prevedere azioni specifiche per rafforzare i diritti di diversi gruppi di donne, tra cui le donne con disabilità, le donne migranti e appartenenti a minoranze etniche, le donne rom, le donne anziane, le madri sole e le Lgbti”. È la prima raccomandazione che si evince dalla risoluzione non legislativa sulla “Strategia Ue per la parità tra donne e uomini dopo il 2015” approvata oggi dall’emiciclo di Strasburgo e stesa dalla relatrice Maria Noichl (Germania), con 341 voti favorevoli, 281 contrari, 81 astensioni. Al numero 24 si legge  che il Parlamento Ue “invita la Commissione a provvedere affinché gli Stati membri consentano il pieno riconoscimento giuridico del genere preferito da una persona, inclusi il cambio del nome di battesimo, del numero di previdenza sociale e di altri indicatori del genere sui documenti di identità”. Invece al numero 31 della risoluzione (disponibile sul sito dell’istituzione, www.europarl.europa.eu) si “raccomanda, dal momento che la composizione e la definizione delle famiglie si evolve nel tempo, che le normative in ambito familiare e lavorativo siano rese più complete per quanto concerne le famiglie monoparentali e genitorialità Lgbt”. Noichl ha affermato: “Malgrado le nostre differenze interne, i deputati si sono concentrati sul nostro obiettivo centrale”, ossia “raggiungere finalmente una reale parità di genere in Europa”. Il testo, accanto a costruttive osservazioni sulla difesa dei diritti delle donne, aggiunge aspetti controversi. La risoluzione rileva “che la femminilizzazione della povertà può avere come conseguenza un aumento della tratta delle donne, dello sfruttamento sessuale e della prostituzione forzata, nonché una maggiore dipendenza finanziaria delle donne” e invita la Commissione e gli Stati membri a intervenire in tale ambito. Si denunciano poi diverse forme di discriminazione e violenza in ambito domestico, sul lavoro, in internet e nello spazio pubblico; fra queste lo stalking e il cyber bullying. Ma nel capitolo dedicato alla salute si legge che il Parlamento “chiede alla Commissione di sostenere gli Stati membri nel garantire servizi di qualità elevata”, nei settori “della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti, dell’interruzione di gravidanza e della contraccezione sicure e legali”; ancora, si “invita la Commissione, riconoscendo l’importanza dei diritti sessuali e riproduttivi, a creare modelli di prassi eccellenti di educazione sessuale per i giovani di tutta Europa”. Numerose le voci levatesi durante il dibattito di ieri che ha preceduto il voto che hanno denunciato l’indebita introduzione del tema dell’aborto (che non è di competenza Ue ma degli Stati membri) in una risoluzione che invece dovrebbe garantire diritti e pari opportunità fra donne e uomini.

Non sono mancate le reazioni alla risoluzione. Il Parlamento europeo “cerca di disancorare la definizione di famiglia dalla nostra espressione costituzionale che la identifica come società naturale. E, in particolare, si cerca di disancorarla anche dall’istituto che, da sempre, ne rappresenta il momento genetico: il matrimonio come unione tra un uomo e una donna”. Per Alberto Gambino, docente di diritto privato all’Università europea di Roma, emerge una “nuova concezione della famiglia”; “si parla di ciò che accade di fatto, quindi di convivenze talvolta rappresentate anche da persone dello stesso sesso. E la famiglia viene disancorata da un dato della tradizione e anche da un dato naturale, cioè quello generare dei figli, e sempre più legato ad un archetipo culturale, forse sociale”. Il testo varato a Strasburgo, specifica Gambino a Radio Vaticana, “giuridicamente non vincola i Parlamenti nazionali però, certamente, le classi dirigenti dei vari Paesi membri dell’Ue rifletteranno sul fatto se davvero è cambiata, a livello sociale, la concezione della famiglia e se, a questo, punto, anche il legislatore debba adeguare la propria definizione”. Ma, sottolinea ancora Gambino, “questa è una definizione legata a un concetto di convivenza, non di famiglia. E quindi c’è il grande equivoco di chiamare famiglia ciò che, per sua natura, non è famiglia”.

                   

Fonte: Sir
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