Commento al Vangelo
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Prendete e mangiate, questo è il mio corpo

Prendete e mangiate, questo è il mio corpo

L’istituzione dell’Eucaristia avvenne alla vigilia della Pasqua di passione, morte e resurrezione di Gesù: dopo quell’ultima Cena, insieme ai discepoli, si avviò al monte degli Ulivi. Le circostanze precipitano: il sudore di sangue, l’arresto, il giudizio, l’umiliazione, la condanna, il viaggio al calvario, la crocifissione, la morte, il sepolcro, il mattino di Pasqua. L’Eucaristia contiene tutto questo e di più: è la presenza, misteriosa ma reale, di Gesù che resta con noi fino alla fine del mondo. La presenza di Gesù nell’Eucaristia è la più grande e straordinaria, perché tocca la materia, il pane e il vino, ma anche la più difficile perché chiede di vedere oltre, con gli occhi della fede.
Un libro sui “martiri della Cina” (G. Fazzini, In catene per Cristo. Diari di martiri nella Cina). Tra questi, Gaetano Pollio, missionario italiano del Pime, poi arcivescovo di Kaifeng, arrestato e costretto ai lavori forzati per sei mesi nel 1951 e infine espulso. Una pagina del suo diario, poche parole, come la Sequenza che si recita oggi, solennità del Corpo e del Sangue di Cristo.
Era il 1951. In quel carcere, dove i cristiani pregavano, soffrivano e s’immolavano, giorno dopo giorno, per il trionfo della fede, ho rivissuto scene di catacombe. Celebravo clandestinamente la Santa Messa. Uno sgabello: il mio altare. Una scodella per l’acqua bollente, passata due volte al giorno: il mio calice. Essendo sotto accuse e processi di carattere politico, i dirigenti, per timore che mi ammalassi, e fossero privati della gioia di vedermi fucilato, permettevano che mi venisse portato del pane di frumento da un catechista della diocesi: la mia ostia. Mancava il vino. Chiesi una bottiglia di aceto di uva quale medicinale; i miei missionari capirono e consegnarono una bottiglietta di vino da Messa. Vestito da galeotto, in piedi, o seduto a terra davanti a quello sgabello, nel palmo della mano un boccone di pane, nella tazza un po’ di vino. La Messa della Vergine e il canone su foglietti nei quali i missionari avvolgevano il pane. Una sentinella li scoprì e li stracciò, ignorandone il contenuto. Celebrai cinquantanove volte.
“Piccola bellezza” ha quattro anni, figlia di una delle otto ragazze rinchiuse nella cella accanto. Comunicavano con me attraverso la piccola Siao Mei; attraverso le sbarre, mi diceva: “Nostro vescovo, come stai? La mamma e le zie mi mandano a salutare. Che cosa devo dire loro?”. E io: “Piccola bimba, di’ alla mamma e alle zie di non temere, di essere forti e di recitare tanti rosari”. La cella delle otto ragazze e Siao Mei era divenuta un santuario: più volte l’ostia consacrata vi entrò di nascosto. L’Eucaristia, conforto e forza del nostro pellegrinaggio terreno.
Nei piccoli pani cinesi i missionari nascondevano alcune particole consacrate; le detenute spezzavano i pani e vi trovavano le ostie e si comunicavano. Ogni volta lasciavano una particola in un pane, e lì sedute sulle stuoie facevano adorazione tutto il giorno in silenzio. In una lurida cella si nascondeva il Re dei re ed era più preziosa di tante nostre chiese, spesso deserte.
Il viatico portato dal piccolo angelo. Nel terzo cortile era stata relegata una amica, Giuseppina Ly: come fare per mandarle l’Eucaristia? Pensarono alla piccola Siao Mei, con l’ostia avvolta in un fazzolettino posto nel taschino del vestitino, sul suo cuore. La madre le domandò: “Se la sentinella ti trovasse addosso l’ostia, tu cosa farai?” e la bimba calma: “La mangerò e non la darò al carceriere”. La sentinella voleva cacciarla fuori del cortile, ma Siao Mei si mise a piangere e a singhiozzare. Così riuscì quattro volte a portare la comunione alla “zia”.

Fonte: Sir
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