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Nel ‘Christus patiens’ una traccia indelebile della spiritualità francescana

A Perugia una grande mostra ha accolto la Stauroteca di Cosenza fra le Croci del ‘200

La prospettiva di un filone prerinascimentale nel quale si colloca anche l’opera del nostro Museo

"L’enigma del Maestro di San Francesco. Lo stil novo del Duecento umbro” è il tema della mostra che è stata inaugurata nei giorni scorsi a Perugia e che sarà visitabile fino al 9 giugno. Nel blu, lo stesso blu che ricopre le volte della basilica inferiore di Assisi, si svela oggi un enigma: quello di un artista ignoto, autore di croci, pale d’altare e soprattutto delle pitture murali che per la prima volta hanno narrato la vita di san Francesco paragonandola a quella di Cristo. La Galleria Nazionale dell’Umbria espone gran parte delle principali opere mobili del Maestro di San Francesco, o a lui ispirate, mettendole in relazione tra loro e con lo scenario dell’arte umbra della seconda metà del XIII secolo. E, pur sinteticamente, fa anche il punto della pittura duecentesca in Italia.

Ma cosa c’entra questa mostra e l’Umbria, Francesco d’Assisi e il suo Maestro con la nostra Città di Cosenza? Quale il collegamento? Il progetto espositivo è stato concepito circa tre anni fa con lo scopo di valorizzare le collezioni del Museo perugino. “Il fulcro della mostra è costituito dall’abbinamento tra la croce del ‘Maestro di San Francesco’ e il dossale d’altare, entrambi provenienti dalla chiesa di San Francesco al Prato di Perugia” ha spiegato Veruska Picchiarelli, una delle curatrici dell’esposizione conservatrice del museo. “Per la prima volta vengono riunite la grande croce e le parti del dossale disperse in vari musei, esponendole in un allestimento che richiama la zona absidale della chiesa per cui le opere furono concepite”. Sono state concesse in prestito anche tre opere che costituiscono delle vere e proprie reliquie: fra di esse la nostra splendida stauroteca cosentina, reliquiario che custodisce un frammento della croce di Cristo; la pala con San Francesco tra due angeli proveniente dalla Porziuncola, opera da cui ha preso il nome il Maestro di San Francesco, il quale la dipinse proprio sull’asse che accolse il santo nel momento della morte; e la tavola del Maestro di Santa Chiara, raffigurante la religiosa affiancata dalle storie della sua vita. Quest’ultima, pur non essendo una reliquia in senso stretto, è molto venerata nella basilica omonima di Assisi.

Il grande artista di cui non si conosce il nome e che le cronache chiamano il maestro di San Francesco, e colui che ha dipinto su una tavola di pino una delle prime immagini dell'Alter Christus. Le grandi croci medievali che ancora affascinano quanti le contemplano sono opere che parlano tutte di lui, della sua capacità di rappresentare il ‘Christus patiens’. L'Umbria del ‘200, tra rinascita economica e crocevia di lotte politiche tra Chiesa ed Impero, fu caratterizzata fortemente anche dall'esplosione del fenomeno francescano che impresse il suo sigillo non solo alla storia di una regione ma ad una intera nazione caratterizzandone la cultura, la lingua, la pittura e ovviamente la teologia e la spiritualità.

Al pittore che seppe rappresentare la conformazione del poverello di Assisi a Cristo Crocifisso è dedicata a questa mostra che ha accolto per alcuni mesi la nostra stauroteca cosentina, dandole una grande centralità e che storia e tradizione legano alla Consacrazione della Cattedrale bruzia avvenuta alla presenza di Federico II e come suo speciale dono per l'evento inaugurale del 30 gennaio 1222 ne fece dono all’arcivescovo Luca. 

Opera probabilmente delle botteghe artigianali e orafe di Palermo, la stauroteca (croce reliquiario) sul recto è rappresentato proprio un Cristo patiens somigliantissimo a quelli dell'iconografia umbra del ‘200. Ecco motivato il senso di una presenza speciale, inedita, che porta la nostra diocesi e la nostra città di Cosenza nel cuore della esposizione perugina. 

Insieme alle croci di Francesco, conservate nel museo della Porziuncola e al museo di San Matteo di Pisa, anche quella cosentina. Perché sono importanti queste croci su tavola o quelle realizzate su materiale misto dai maestri argentieri? Perché ricordano Francesco e l'anonimo artista? Nono solo. Esse sono testimonianza dell'onda francescana, dei movimenti mendicanti e spirituali, che fu contenuta dentro l'alveo della Chiesa grazie alla prudenza e alla visione di Papa Innocenzo III prima e di Onorio III poi; pontefici illuminati che seppero apprezzare in maniera altrettanto qualifica la spiritualità e la teologia gioachimita. La pittura seppe intercettare la mediazione della teologia dell'alter christus alla quale il maestro di Francesco, e più in generale gli artisti medievali, seppero dare un'immagine e una nuova emozione. All’anonimo pittore era stato chiesto di rappresentare in cinque scene la passione di Cristo quasi “in concordanza” con quella di Francesco, fino ad una unificazione spirituale che lo rese modello della santità per il secondo millennio. L'anonimo artista, mise la sua bravura al servizio della teologia di Bonaventura, compiendo un salto di qualità nella rappresentazione pittorica che divenne uno strumento di comunicazione della fede e della spiritualità francescana; fu una pittura narrativa che ancora non si era mai vista., fatta di emotività capace di produrre emozioni e che doveva avvolgere, come un delicato velo, il sepolcro semplice del poverello d’Assisi. All'opera di questo maestro seguirà quella di Cimabue e poi quello di Giotto e, anche se molto del suo ciclo pittorico andrà perduto a causa di rifacimenti e sostituzioni, resterà nelle Croci una traccia e una firma indelebile. 

In questa esposizione davvero particolare rivive così, dopo otto secoli, l'ansia e la mission dell'anonimo pittore e di tanti altri anonimi artisti del ‘200 italiano che seppero rappresentare, con una commovente potenza, la passione di Cristo e quella di Francesco. Attraverso questa gli autori hanno aprono la riflessione sulla possibilità di anticipare la cosiddetta “rinascita artistica dell'Italia” di un secolo, senza per questo cancellare la luminosità del trecento fiorentino;  passando dall'Umbria infatti è facilmente individuabile un nuovo filone (pre)rinascimentale rappresentato proprio dai crocifissi francescani fra i quali si colloca a pieno titolo anche la stauroteca cosentina conservata nel nostro Museo Diocesano.

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La prospettiva di un filone prerinascimentale nel quale si colloca anche l’opera del nostro Museo
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