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Un metodo nuovo per diventare catechisti in azione

Domenica scorsa il Convegno Catechistico Diocesano presso il seminario cosentino

Un metodo nuovo per diventare catechisti in azione

Catechisti in Azione. È stato questo il titolo scelto per il Convegno Catechistico Diocesano 2019.  “Abbiamo pensato ad un tipo di convegno che riesca a consegnarci qualcosa di pratico - spiega suor Iva dell’equipe dell’ufficio catechistico diocesano che ha organizzato l’incontro svoltosi nell’auditorium Giovanni Paolo II a Rende domenica scorsa - . A volte ci sentiamo pronti nei contenuti, ma non sappiamo come muoverci perché troppo spesso legati alla tradizione e al ‘si è sempre fatto così’”. A relazionare sul tema il catecheta padre Rinaldo Paganelli che, in apertura, ha provato a tracciare il profilo giusto del catechista: “una persona che orienta verso realtà importanti ma lo fa stando sulla terra. Non c’è bisogno di catechisti con l’aureola”.  Quindi il compito di un catechista in azione “è quello di saper orchestrare i diversi elementi e le diverse azioni cogliendo le capacità e le potenzialità di ciascuno, valorizzando tutti”. 

Per farlo, uno dei primi aspetti importanti “è la cura dell’ambiente che deve essere pronto, adatto ad ospitare quel tipo di incontro. Ambienti che devono diventare luoghi di incontro. Luoghi capaci di far capire cosa succederà lì dentro”. A questo va aggiunto il metodo “che deve essere fedele alla Parola di Dio ma pensato con modalità diverse, abbandonando le lezioni frontali magari anche ben preparate ma che faticano a trovare un contatto, una relazione efficace”. Efficacia che è legata alla capacità di “mantenere gli incontri nel giusto tempo e con gli strumenti più idonei” sottolinea ancora il padre e catecheta che durante tutto l’incontro ha stimolato i partecipanti a rendere viva la discussione con interventi e piccole dinamiche di gruppo. 

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Entrando nel cuore dell’incontro, padre Rinaldo ha affrontato il tema della relazione che si deve creare in ogni incontro “che deve diventare ogni volta un evento unico, da preparare con cura, a partire da noi stessi, che già con il nostro modo di porci diventiamo contenuto. Il nostro annuncio non deve puntare solo alla testa, ma deve entrare nel cuore”. Per raggiungere questo obiettivo è quindi necessario “partire dalla vita, agganciarsi alla Parola, interiorizzarla e celebrarla. Solo se riusciremo a fare questo percorso i nostri incontri saranno davvero efficaci”. Così il compito più difficile sarà proprio quello di lasciare qualcosa in chi avrà preso parte a quell’incontro “facendo in modo che quelle cose diventino vita, carne, riscoprendo il valore e il significato vero delle parole utilizzate”. Per chiudere l’incontro, precisa ancora padre Rinaldo, “è fondamentale verificare il lavoro svolto, il clima creato, le relazioni instaurate e, infine, cosa mi ha lasciato”. 

In chiusura Monsignor Nolè ha ribadito come una delle principali caratteristiche dei catechisti debba essere quella di saper ben comunicare. “In questo mondo laicizzato – ha sottolineato il vescovo - c’è bisogno di anima, e il compito dei catechisti è quello di amare diventando quel lievito capace di far fermentare la massa. Questo deve essere il vostro compito”. 

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