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A chi turba la sensibilità di Zalone? Tolo Tolo è promosso

Una prima analisi del film di Checco, che ha già sbancato nelle sale e che vede forse una prima svolta nella carriera artistica dell'attore.

A chi turba la sensibilità di Zalone? Tolo Tolo è promosso

Checco Zalone, con Tolo Tolo, è promosso. Il film affronta il tema più attuale degli ultimi 48 mesi, l'immigrazione, con acume e sensibilità, anzitutto con attenzione alla verità dei fatti. Zalone dà chiaro il suo messaggio. E questo è l'importante, soprattutto in tempi di informazione distorta, fake news e populismo trasversale. La realtà è che chi si aspettava un cinepattone è giustamente rimasto deluso. Non lo è, per fortuna, perché il comico Zalone, con Tolo Tolo, ha forse dato una svolta alla sua carriera artistica. Chi ha voglia di ridere senza costrutto, può vedersi altri film o rivedersi - tanto non scadono - i panettoni del passato. Ma non è scritto da nessuna parte che andare al cinema l'1 gennaio significhi ridere a crepapelle o farsi passare sotto gli occhi scene di nudo.
Zalone qui non ha snaturato se stesso, ma nel film ha messo la sua ironia sempre pungente e mai banale, secondo un ritmo crescente e tuttavia non ridicolizzando un evento, quale quello delle migrazioni, che oggi fa storia.
Se avesse scelto di fare solo la macchietta, avrebbe dato un cattivo segnale. Invece, a differenza dei tanti soloni sedicenti esperti della vigilia, che avevano dato al pugliese la patente del razzista, il film di Checco lancia un messaggio inequivocabile: "è una vergogna, fateci sbarcare". Zalone abbatte frontiere e luoghi comuni: così l'africano appassionato di neorealismo e della lezione felliniana, che mentre si imbarca legge un libro, mette a nudo l'italiano medio che, guarda caso - basta leggere i commenti sui social - rimane addirittura deluso da un film serio; l'italiano che riceve del denaro da un africano "perché ne hai bisogno" è il capovolgimento dei luoghi comuni e la cartolina di un capovolgimento possibile della nostra normalità
Non mi stupirei se la delusione di molti sia addebitata al fatto che io film è girato quasi interamente in Africa, senza palazzi di lusso né comodità e agi. Checco ha vinto se ci ha, anche inconsciamente, disturbati.
Zalone osserva gli italiani e rivela quel sentimento di "fascismo" da cui nessuno è immune, una paura del diverso che oggi, in un mondo globale, ci mette a disposizione anche i suoi antidoti: quelli dell'accoglienza, del dialogo, della cooperazione. Fa bene Zalone a strappare il suo passaporto e decidere di fare il clandestino, perché così ricostruisce una nuova identità, un nuovo punto di vista. Semplicemente si mette nei panni del migrante e compie il viaggio...

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