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Il tempo ordinario, tempo della maggior Grazia

Gioacchino da Fiore descrisse, a partire dall'Incarnazione, la presenza trinitaria” dello sviluppo umano e del suo avanzare nell’esistenza personale e nella storia di popoli e nazioni

Parole chiave: Tempo nuovo (1), Ordinario (1), Gioacchino da Fiore (4), Chiesa (116)
Il tempo ordinario, tempo della maggior Grazia

Se il tempo è visitato da Dio- come è accaduto a Natale- allora è un “tempo nuovo”. È tempo di novità dentro la vita degli esseri umani. Tutto davvero è cambiato, perché la trasformazione del tempo è stata radicale, in un vero senso, assoluta, cioè “sciolta” da condizionamenti storici particolari o da contingenze specifiche della quotidianità. La presenza personale di Dio nelle vicende degli umani converte tutte le relazioni degli uomini nell’amore in persona che è lo Spirito santo. Perciò, Gioacchino da Fiore ha “teorizzato” – partendo dall’annuncio del Vangelo, secondo cui il Verbo si è fatto carne e agli uomini è stata donata grazia su grazia- un “terzo tempo” di maggiore pienezza. Nella sua Concordia tra Antico e Nuovo Testamento insiste nel descrivere una visione “trinitaria” dello sviluppo umano e del suo avanzare nell’esistenza personale e nella storia di popoli e nazioni: «Il primo è trascorso nella schiavitù, il secondo è caratterizzato da una servitù filiale, il terzo si svolgerà all’insegna della libertà… Il primo è quello in cui siamo vissuti sotto la legge; il secondo è quello in cui viviamo sotto la grazia; il terzo, il cui avvento è prossimo, è quello in cui vivremo in uno stato di grazia più perfetta… Il primo periodo è quello degli schiavi, il secondo è quello dei figli, il terzo è quello degli amici… Il primo è il tempo dei vecchi, il secondo dei giovani, il terzo dei fanciulli… Il primo corrisponde all’inverno, il secondo all’inizio della primavera, il terzo all’estate… Il primo è segnato dal timore, il secondo dalla fede, il terzo dalla carità… Il primo stato appartiene dunque al Padre, che è autore di tutte le cose; il secondo al Figlio, che si è degnato di condividere il nostro fango; il terzo allo Spirito Santo, di cui l’Apostolo dice: “dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà” (2 Cor 3, 17). Il terzo tempo è, dunque, all’insegna della libertà, in uno stato di grazia più perfetta, è tempo degli amici e dei fanciulli, corrisponde all’estate, si vive nella carità ed è attribuito allo Spirito del Signore. È perciò il tempo più propriamente “nostro”, nel quale l’avvenimento dell’Incarnazione può/deve diventare nostro linguaggio, nostra stessa carne/corpo, infine vera epifania di Dio attraverso di cristiani.  Diventare fanciulli è proprio dei cristiani, nel senso dichiarato da Gesù: “se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno di Dio”. Qui il fanciullo è colui che sa meravigliarsi della bellezza di tutta la creazione – canta con Francesco Laudato si’- e della stessa possibilità che venga in persona Dio a farci visita: ci crede e si entusiasma, si affida e sa attendere nuove manifestazioni, avanza con coraggio, perché si sa custodito dalla compagnia di Dio, avvolto nelle sue braccia, come fa una madre tenerissima. Rinati come figli nel Figlio, i cristiani sono chiamati amici di Dio. A questo stato di perfezione può giungere la loro umanità: l’amico ama di un amore libero dal “peso stesso della gratitudine”, come amerebbe invece il figlio che deve riconoscersi grato di aver ricevuto tutto da suo padre. Il Padre di Gesù “pretende” d’essere amato perché esiste come si è rivelato nel Figlio, solo e sempre amore. Non esiste un motivo “costringente” nel movimento d’amore, nemmeno quello del “dover” ricambiare l’amore. A questo grande e profondo livello di libertà, sono chiamati i cristiani dalla predicazione di Gesù. Perciò, cambia sul serio la religione. Il sacro è abolito, perché abbia spazio la santità: in particolare, è finita la violenza del sacro, mentre si inaugura la misericordia della santità. Ne va della bellezza dell’essere umano, mostrato in pienezza nella umanità di Gesù, prima ancora che della bontà di Dio da benedire (letteralmente bene-dire). “Dire bene” di Dio è riconoscerlo per come, in Gesù, si è mostrato e si è detto nella sua epifania. Dire Dio usando il “suo” dire, le sue parole, il suo linguaggio, assolutamente, esclusivamente, guardando al suo vero volto con la chiarezza del sole estivo. Il terzo tempo corrisponde all’estate e se Dio resta un mistero, come mistero, adesso, si vede meglio e si vede tutto, grazie alla luce della fede cristiana. La fede è lumen (cfr. Lumen fidei di Papa Francesco). Non c’è notte in Dio e se l’oscurità nel contemplarlo si deve pur ammettere (perché Dio resta mistero), certo non è quel buio tipico della mancanza di luce. È semplicemente, piuttosto, quella tenebra dell’eccesso di luce che acceca, come quando si fissa con gli occhi il sole dell’estate al suo apice. Nella grotta di Bethleem il Dio-mistero si approfondisce e si chiarifica: Dio è solo e sempre amore, la sua tenerezza è infinita, nel gesto di nascere in una stalla, al freddo e al gelo, “fuori dalla città”, messo ai margini, in periferia, per bene-dire l’uomo e dire-bene della sua umanità, come ha scritto, in Admirabile Signum, papa Francesco. L’umano dell’uomo – così ha detto Gesù a Natale- ha una dignità infinità, eterna in Dio. Il Figlio che nasce nella umanità rivela la sua pre-esistenza “prima che il mondo fosse” e getta luce sulla dignità divina della umanità di ogni essere umano. Ecco chiarito il mistero: nella tenebra del mondo, ora è entrata la luce e la luce è la vita dell’uomo. Questa vita umana, illuminata dal mistero del Natale, è una rinascita nello Spirito, perché è “vita nella carità”. Sì, è la vita della fede, ma di una fede che opera nella carità e, per questa via, “fa la verità”. La verità è, infatti, questa: non c’è nessuna dignità umana nel nascere come è nato Gesù, perciò l’impegno nella carità è quello di non far nascere nessun essere umano come è nato Gesù. Lo esige la giustizia di questa verità che è come una invocazione di amore per tutti gli uomini: “abbi cura di me – amore- che tutto è così fragile”.La fede che vive nella carità è impresa impossibile, se i cristiani non diventano fanciulli, amici, liberi, in questo “terzo tempo”, nel quale agisce potentemente lo Spirito Santo in loro. Quest’azione dello Spirito rende liberi per amare, realizza l’amicizia tra i fratelli, li riempie di meraviglia, come un fanciullo che guarda ammirato e confidente il volto di sua madre e di suo padre. È proprio da questa meraviglia accogliente e fiduciosa che può scaturire la libertà e l’amicizia. Perciò, è indispensabile quanto accade e si manifesta a Natale: qui si conosce davvero e definitivamente com’è fatto Dio da sempre e nel sempre. Dio non è più esperibile dentro le tante maschere false che gli uomini hanno messo sul suo volto. Natale ha eliminato definitivamente gli aggettivi insopportabili con cui si era meschinamente giunti a raccontare alcuni tratti della “faccia” di Dio: guerriero, violento, adirato, giudice implacabile che agisce secondo la legge del taglione o, anche, la teoria della retribuzione, condottiero di guerre sante, desideroso di sangue umano (di animali) per appagarsi.Da qui la buona novella dell’epifania: Dio è amore, solo e sempre, non vedi che appare proprio così? Che Dio sia bene-detto, così.+ don Tonino, vescovo

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