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La strage di Dallas come in un videogioco

Fa veramente effetto passare dalle immagini dei telegiornali a quelle del videogioco. Negli Stati Uniti la rivista “Wired”, ha titolato così un articolo inquietante: “Perché l’Isis conosce i videogiochi meglio di noi". E ha denunciato l'uso propagandistico dei videogiochi fra gli estremisti. Non è dimostrato il nesso fra la violenza esibita nei video e la vita quotidiana. Ma si susseguono gli allarmi e le preoccupazioni.

La strage di Dallas come in un videogioco

Nelle immagini si vede la “soggettiva” di un uomo su un tetto.  Imbraccia un fucile. Sullo sfondo c’è una piazza di una grande metropoli Usa, molto simile (troppo simile) alla piazza di Dallas che abbiamo visto nelle news di questi giorni. L’uomo spara e le immagini digitali si muovono e seguono da vicino l’animazione della traiettoria del proiettile. Il movimento rallenta ad arte (slow motion) nel momento dello schianto finale sulla nuca di un passante indifeso. Il sangue schizza ovunque in un impietoso primo piano.

Non si tratta della ricostruzione della strage di Dallas, dove sono morti 5 agenti di polizia freddati da un cecchino, ma del promo di un video game che si chiama “Sniper 3D” (letteralmente, “Cecchino in 3 D”) che proprio in questi giorni circola liberamente in rete (60 milioni di download, si vantano nelle pubblicità).

Fa veramente effetto passare dalle immagini dei telegiornali a quelle del videogioco. Una vera e propria vertigine etica ed emozionale che solo la globalizzazione moderna poteva proporre. Lo scorso anno, sulla rivista americana “Wired”, era comparso un articolo inquietante intitolato “Perché l’Isis conosce i videogiochi meglio di noi”. “L’uso di videogame a scopo propagandistico non è una novità per gli estremisti di Abu Bakr al-Baghdadi” – si legge nel lungo articolo di “Wired” -. A novembre diffusero, con la compiacenza più o meno consapevole dei media occidentali, che lo rilanciarono in massa, il video teaser di Salil Al-Sawarem (‘clangore di spade’) una rilettura di 3 minuti e mezzo del gioco più discusso della storia videoludica, Grand Theft Auto (vendutissimo in tutto il mondo, il quinto release del gioco ha incassato, al momento dell’uscita, un miliardo di dollari in meno di  72 ore, n.d.r). Preceduti da un cartello in inglese sgrammaticato, alcuni momenti del gioco (sequenze di bagarre urbana e conflitti a fuoco con la polizia) erano presi ad esempio di quel che Isis farebbe in realtà e invitavano gli aspiranti jihadisti, meglio se giovani e occidentali (i veri destinatari della comunicazione) a unirsi all’azione per viverla non solo col joypad”. L’Isis, in questi anni, ha fatto un uso strategico dei videogiochi. “Ignorare l’ampio spettro ideologico-contenutistico di uno dei medium più potenti della nostra era può essere una leggerezza pesantissima. L’Isis l’ha già capito. E videogioca seriamente”, scrivono gli esperti di “Wired”. Secondo gli psicologi più di moda però non è provata la connessione fra violenza dei videogiochi e violenza dei comportamenti. In alcuni articoli, più pensosi che pensati, sono arrivati a dire che si potrebbe dimostrare il contrario e cioè che l’abitudine ai videogiochi abbia una componente di catarsi e contribuirebbe a diminuire la quantità e qualità di azioni violente vere e proprie nella vita reale. Peccato che questa affermazione degli psicologi più di moda, sia così “uguale”  alle giustificazioni dei produttori di videogiochi. Il Codacons, qualche tempo fa, aveva stigmatizzato l’uscita anche in Italia di Grand Theft Auto, un gioco dove si prendono a mazzate i passanti per strada, così violento che anche l’associazione delle prostitute aveva diffuso a sua volta un comunicato di protesta per come veniva trattate le “passeggiatrici” nelle immagini virtuali. La società che produce il video gioco, la Rock Star Games, aveva risposto che “il Codacons dichiara in maniera non comprovata che videogiochi destinati ad un pubblico adulto causino violenza nel mondo reale, concetto che è stato rigettato da numerosi studi di ricerca”. Sarà. Un utente del video gioco, Alex, americano, un po’ di tempo prima della strage di Dallas, aveva scritto a proposito di “Sniper 3 D”: “Mi piacciono molto i giochi sniper, lo zoom e la precisione nel colpire il tuo bersaglio esattamente in mezzo agli occhi. Non so trovare un aggettivo migliore di ‘divertenti’ per definirli. Sniper 3D Assassin non delude in questo senso. Lo zoom e i comandi per sparare, entrambi molto semplici, funzionano bene combinati con il puntamento con il giroscopio, il che risulta davvero fico per un gioco gratuito. Sfortunatamente diventa presto inquietante. Conosco un bel po’ di giochi in cui devo uccidere tizi a destra e a sinistra, ma sparare contro un giornalista (tanto per fare un esempio) solo perché è troppo vicino a scoprire la verità, lascia davvero l’amaro in bocca”. Obama ha detto che la strage di Dallas rappresenta un “problema americano”. Ha torto. Il problema ci riguarda tutti.

Fonte: Sir
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