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Al maschile

Io, pilota senza bussola

Mi oriento silenzioso, vagolo a naso… Lei si documenta dalla sera prima…

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Io, pilota senza bussola

Pochi giorni fa mi trovavo in auto al centro della zona pedonale di Salisburgo, le mani nei capelli, quattro figli dietro vocianti e una moglie di fianco alle prese con un navigatore che evidentemente ci aveva tradito.

Aspettando che gli spartitraffico elettronici si abbassassero e potessimo fuggire prima di un doloroso incontro con un qualunque vigile austriaco, quando ormai era chiaramente rimandato di ore o di giorni ogni pacato dialogo coniugale, ho iniziato a cercare dentro di me qualche spiegazione.

Perché gli uomini generalmente non amano chiedere informazioni per strada? Perché, invece, le donne sono sempre pronte ad accostare e interpellare astanti, passanti e mal capitati che il maschio italico pare non notare?

Perché non sopporto alcuna indicazione vocale, digitale o satellitare che sia e invece mia moglie ha subito fatto proprio quello strumento freddo ed infido che ha rischiato di funestare con una multa da Dies Irae le nostre brevi vacanze nella città di Mozart?

Non so se i luoghi comuni siano sempre espansioni incontrollate di recondite verità, ma sono abbastanza certo che la prova semaforo mi conforterebbe: lui non chiederebbe mai a costo di fare tre volte il giro dell’isolato, lei si sporgerebbe subito e: “Scusi? Per andare per dove dobbiamo andare, siamo giusti di qui?”.

Lui si orienta silenzioso, vagola a naso…, annusa l’aria, segue la via principale come fosse una pista Sioux e poi rintraccia nel cervelletto una mappa virtuale che con buona pace di Google & Co. spesso è sufficiente, talvolta fallace, ma di sicuro autonoma ed originale.

Lei si documenta dalla sera prima, tiene in grembo due cartine e altrettanti cellulari, fa amicizia con anonimi centralinisti di altrettanto anonimi numeri verdi, sfoggia lingue più o meno comprensibili, ma comunque dialoga, si apre e si confronta con tutto quello che sta oltre il finestrino.

Da quando mi dissero che in Giappone è considerata maleducazione gravissima chiedere informazioni per strada, ho iniziato a perdere entusiasmo nel rispondere alle coppiette di turisti del Sol Levante che ti chiedono dove sia piazza San Pietro quando ci stanno in mezzo… C’è una relatività di usi e costumi che fa cambiare anche i propri a seconda di quale latitudine del globo si occupi… Ciò premesso mi rendo conto che con l’orientamento tutti dobbiamo fare i conti e che in qualche modo anche questo ha a che fare col genere…

Del resto perdere la bussola ha un po’ a che fare con lo smarrire la propria identità e chi non sa dove stia andando probabilmente non sa bene neanche chi egli sia…

Domandare è lecito, rispondere è cortesia… Ho l’impressione che avvinghiato al volante spesso non riesca più a domandare, cerco risposte senza la voglia di chiedere (anche alle persone più care), pretendo soluzioni senza proferire verbo… e affido ad una presunta indipendenza nel muovermi anche in territori sconosciuti la prova di una virilità ormai misconosciuta e forse persa.

Cavaliere dell’Infinito e Castellana della finitezza? No, non è vero, smentisco: o sono anomalo e allora non sono al posto giusto, oppure sfido a smentirmi: lui resta e lei viaggia, ed anche quando insieme si è in movimento lui in plancia, pilota di un viaggio molto spesso interiore e lei col periscopio, curiosamente coraggiosa a scoprire l’orizzonte.

C’è stata una donna, la più umile e la più grande di tutte, che sapeva serbare tutte queste cose nel suo cuore e che forse durante quella famosa fuga in Egitto non ha collezionato dritte, info o app particolari; ma anche prima, arrivata alle porte di Betlemme non si è messa lei a chiedere a destra e a manca dove potesse andare a partorire con un minimo di privacy… certo al suo fianco c’era un uomo che era davvero un santo, un esempio di pazienza ma… sarà che saper chiedere (per sé e per gli altri) sia una desueta forma d’amore che domanda spazio a ormai sterili ostentazioni di testosterone?

Fonte: Sir
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