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Come misurare la povertà nel mondo? A partire dall’intensità delle luci artificiali sul pianeta

Marshall Burke, un professore del Department of Earth System Science della Stanford University, insieme con un team di ricercatori ha pubblicato su “Science” un articolo per raccontare la soluzione che sono riusciti ad individuare, partendo dal livello di intensità delle luci artificiali sulla superficie del pianeta. Hanno combinato insieme i dati notturni sulla luminosità, le immagini diurne ad alta risoluzione delle stesse aree e alcune indagini recenti su due fattori diversi: la spesa per consumi delle famiglie e la ricchezza patrimoniale (che comprende vetture, televisori e altri beni di proprietà). I ricercatori hanno scelto cinque paesi dal continente africano: Nigeria, Tanzania, Uganda, Malawi e Ruanda.

Come misurare la povertà nel mondo? A partire dall’intensità delle luci artificiali sul pianeta

Si fa presto a dire povertà. Come sanno bene i ricercatori, la povertà globale, soprattutto nei paesi più poveri, è quasi impossibile da misurare. Le Nazioni Unite nel 2015 hanno elaborato, fra gli altri, i progetti di ben 17 missioni internazionali. Uno dei più ambiziosi ha come obiettivo di eliminare la povertà entro il 2030. A distanza di un anno da quell’impegno, le misure messe “on the ground” (sul tappeto) sono ancora poche. Le difficoltà maggiori, paradossalmente (ma poi non così tanto), vengono proprio dai paesi con meno risorse da spendere per raccogliere i dati con precisione. Secondo la Banca Mondiale, in Africa, per esempio, soprattutto nella vasta area sub sahariana, le informazioni sono scarse e confuse.

“Come facciamo a sapere se abbiamo eliminato la povertà se non raccogliamo dati?”,

spiega Marshall Burke, un professore del Department of Earth System Science della Stanford University. “E’ come porsi l’obiettivo di dimagrire ma senza avere una scala di valori per sapere se hai fatto progressi”. Lo scorso 19 agosto lo stesso Burke insieme con un team di ricercatori della Stanford hanno pubblicato su “Science” un articolo per raccontare la ricerca compiuta in questo campo e, soprattutto, la soluzione che, finalmente, sono riusciti ad individuare. La loro idea è di utilizzare i satelliti per “misurare” il livello di intensità delle luci artificiali sulla superficie del pianeta. Dove le luci sono più basse o più rare, il livello di povertà sociale è più alto. Non si tratta di un’idea nuova. Lo ha già fatto nel passato anche la Banca Mondiale. Ma la semplice misurazione della luce da sola non basta. L’analisi delle illuminazioni artificiali sulla superficie del pianeta, infatti, fornisce informazioni incomplete. L’idea innovativa (e risolutiva) della squadra di Burke sta nella complicata elaborazione di un algoritmo innovativo. Per costruire un modello di indagine più efficiente, i ricercatori hanno alimentato tre grandi linee di “input”
in un computer. Hanno combinato insieme i dati notturni sulla luminosità, le immagini diurne ad alta risoluzione delle stesse aree e alcune indagini recenti su due fattori diversi: la spesa per consumi delle famiglie e la ricchezza patrimoniale (che comprende vetture, televisori e altri beni di proprietà). I ricercatori hanno scelto cinque paesi dal continente africano: Nigeria, Tanzania, Uganda, Malawi e Ruanda. L’algoritmo inventato da Burke e dai suoi, poi, è stato “addestrato” in un processo diviso in due fasi che si chiama “apprendimento di trasferimento”. In primo luogo, sono stati combinati in modo analitico i dati delle immagini notturne con quelli delle immagini delle stesse aree illuminate dalla luce del sole. Il computer ha potuto così avviare una prima “mappatura” della zona prendendo in considerazione la presenza di strade, edifici, aree agricole, corsi d’acqua, eccetera. L’algoritmo di Burke e soci, in questo modo, può lavorare in modo più efficace sulle correlazioni fra la presenza di luci notturne e il rilevamento di autovetture o di aree popolose. A questo punto l’algoritmo è pronto a “masticare” e a “digerire” gli altri dati sugli effettivi consumi degli abitanti. Solo dopo questo processo di autoapprendimento, l’algoritmo è in grado di ritornare sulla mappa originaria ed è finalmente capace di dare informazioni attendibili, fare previsioni e colmare i vuoti delle analisi precedenti. Si tratta di un sistema di ricerca straordinariamente a buon prezzo, dice Burke. “E’ quasi a costo zero, in tutti i paesi”, si legge nell’articolo pubblicato su “Science”. Le immagini ad alta risoluzione del pianeta (visto dal satellite) sono disponibili gratuitamente sul web: sono le stesse infatti che compongono la grande “geografia digitale” di “Google Maps”. Il codice che muove il software è tutto rigorosamente “open source”, e cioè significa che è gratuito. Il nuovo modo di tracciare la povertà potrà sostituire le vecchie indagini porta a porta, che sono costose e poco efficaci, spiegano i ricercatori della Stanford. La maggior parte dei governi e delle istituzioni, spesso, non riescono ad avere il sostegno necessario per i piani contro la povertà proprio perché mancano dati e informazioni aggiornate che consentano di misurare gli eventuali progressi degli investimenti fatti.

Fonte: Sir
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