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Evangelizzare in Africa gli ultimi e il ceto medio

Il continente registra una crescita importante dei cattolici (+238% rispetto al 1980, con i fedeli che ormai superano i 200 milioni) e delle vocazioni (i sacerdoti, in soli dieci anni, sono aumentati del 29,2%) ma assiste anche a cambiamenti economici e sociali che influiscono sul modo stesso di essere missionari. L'evangelizzazione ha davanti a sé due sfide: raggiungere gli ultimi e non trascurare la classe media nascente.

Evangelizzare in Africa gli ultimi e il ceto medio

La missione “ha bisogno di nuovi messaggeri, ancora più numerosi, ancora più generosi, ancora più gioiosi, ancora più santi. E tutti noi siamo chiamati ad essere, ciascuno, questo messaggero”. Le parole dell’omelia con cui Papa Francesco ha concluso la sua visita apostolica in Centrafrica e il suo primo viaggio africano, sono un messaggio non solo per gli abitanti di Bangui, a cui si rivolgeva il Pontefice, ma per tutte le Chiese del continente. L’Africa, infatti, vede una crescita importante dei cattolici (+238% rispetto al 1980, con i fedeli che ormai superano i 200 milioni) e delle vocazioni (i sacerdoti, in soli dieci anni, sono aumentati del 29,2%) ma assiste anche a cambiamenti economici e sociali che influiscono sul modo stesso di essere missionari.

Le sfide delle città. A notarlo, tra gli altri, sono stati i vescovi del Ghana, che nel documento pubblicato dopo l’ultima assemblea plenaria (conclusa a metà novembre) hanno dedicato molta attenzione alle conseguenze dell’urbanizzazione. La pandemia dell’Aids, favorita anche dalla prostituzione; la criminalità; la crescita della povertà nelle aree urbane a tassi più alti rispetto alle campagne e il fenomeno dei bambini di strada a cui viene negato il diritto allo studio sono le questioni sottolineate dai presuli ghanesi, che lanciano un appello.

“Questi problemi collegati all’urbanizzazione – scrivono nel documento – possono sembrare spaventosi, ma siamo guidati dalla fede e dalla speranza che, uniti in un solo popolo potremo certamente superare questi ostacoli formidabili”. Un esempio di queste difficoltà si trova a pochi chilometri dal centro di Accra, la capitale del Ghana. È la baraccopoli di Agbobloshie, che molte cronache citano con il nome di “Sodoma e Gomorra”, per le condizioni estreme di vita. Qui, dove si trova tra l’altro una delle più grandi discariche di rifiuti elettronici al mondo, opera padre Subash Chittilappilly, sacerdote indiano dei Missionari della Carità. “Ad Agbobloshie – racconta al Sir – più che con la predicazione, la missione si fa con la presenza tra la gente: attraverso la scuola per bambini ed adulti, la formazione in vista del lavoro, l’aiuto medico…”. Un lavoro che procede a piccoli passi, continua il missionario: “Per continuare l’evangelizzazione – dice – c’è bisogno di persone che siano istruite: è un processo lento anche per via delle condizioni di vita, la mancanza di case e lavoro…”.
Società laicizzate. Ma accanto agli slum, abitati spesso da chi arriva dalle campagne in cerca di un lavoro, nelle grandi città africane cresce anche la classe media, a cui si guarda con speranza per il futuro economico del continente. La trasformazione porta con sé anche un cambiamento dei valori condivisi, e, di conseguenza, nuovi compiti per i missionari. “La società è sempre più laicizzata – spiega ad esempio da Johannesburg , in Sudafrica, padre Mariano Perez, missionario comboniano – ma la gente continua ad aver ‘fame’ di una fede”. A rispondere a questo bisogno, in molti stati africani, sono le cosiddette ‘Chiese indipendenti’, nate spesso intorno a figure di predicatori autoproclamati e carismatici. “Sono poco preparati, molte volte sostengono visioni estreme: quel che passa non è la fede ma qualcos’altro”, testimonia il sacerdote, che però riconosce la questione posta da questi fenomeni. “È un dibattito su come si applica la fede alla vita – ragiona – in una società dove altre forze, come quelle politiche, hanno un’influenza forte soprattutto sui giovani, superiore a quella della Chiesa, e diffondono quotidianamente i loro messaggi”. Ciò che resta, nota padre Perez, “è il bisogno di valori umani, come il rispetto per gli altri e per la vita, che in alcuni contesti non vale più nulla. È da questi che comincia il regno di Dio, il messaggio di Cristo”. Ma un contesto urbano dove crescono i dibattiti, secondo il comboniano, fornisce anche strumenti a quella nuova evangelizzazione che spesso “è un ricominciare il discorso, quasi una prima evangelizzazione”. Un maggiore benessere, infatti, porta con se proprio quell’istruzione di cui, ad Accra, padre Subash sottolineava la necessità. “Molti giovani studiano filosofia, storia, legge. Il loro contributo alla Chiesa è importante, perché rende più facile la nostra comunicazione”, conclude da parte sua Padre Perez.

Fonte: Sir
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