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Il Romero argentino si impegnò in favore dei più bisognosi e in difesa dei diritti dei poveri e degli emarginati

Beato Angelelli dono per la Chiesa

Pubblicato il libro In ascolto di Dio e del popolo. Omelie 1968-1976 (Libreria Editrice Vaticana) con le omelie di mons. Enrique Ángel Angelelli

Beato Angelelli dono per la Chiesa

Figlio di immigrati italiani originari delle Marche, Angelelli nacque a Córdoba in Argentina il 17 giugno 1923. Frequentò il seminario di Nostra Signora di Loreto a 15 anni e proseguì i suoi studi a Roma, dove venne ordinato presbitero il 9 ottobre 1949. Tornato nella sua città natale si occupò di assistenza e cura dei poveri e dei diseredati che vivevano nelle “villas”, le misere baraccopoli argentine, ricevendo l’appellativo di “Romero d’Argentina”. Nel 1960 venne nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Córdoba e titolare di Listra da Papa Giovanni XXIII. Si batté con altri ecclesiastici per il rinnovamento della chiesa, provocando risentimenti da parte delle frange cattoliche più ortodosse. Venne sollevato da qualsiasi attività di carattere sociale nel 1964, ma riuscì a prendere parte al Concilio Vaticano II. Il 3 luglio 1968 Paolo VI lo nominò vescovo della diocesi di La Rioja, nell’Argentina nord-occidentale, dove continuò a svolgere la sua opera pastorale in difesa dei diritti dei meno abbienti, con la creazione di sindacati e cooperative. Il 24 marzo 1976 un colpo di stato, provocato da una giunta militare, decretò la fine del governo di Isabel Peròn, la prima donna a dirigere il governo argentino dopo la morte del marito Juan Domingo Peròn, e ad essere nominata capo del Partito Peronista di orientamento populista. La dittatura militare restò in carica nel paese sudamericano fino al 1983, macchiandosi di atti efferati tra cui feroci depressioni a qualsiasi forma di dissenso politico, rapimenti, torture e omicidi finalizzati a perseguitare i simpatizzanti di sinistra. Almeno 30 mila furono i “desaparesidos”, cioè gli arrestati e gli scomparsi in quei terribili anni di oppressione autoritaria. Il regime avviò quel processo di riorganizzazione nazionale conferendo al paese la forma di uno stato burocratico e illiberale. Il 12 febbraio 1976 il vicario della diocesi di La Rioja e due membri attivisti del movimento sociale furono arrestati e uccisi dai militari. Mons. Angelelli denunciò il clima insurrezionale e il terrorismo statalista dell’Argentina di quegli anni, attaccando pubblicamente nelle sue omelie i gruppi conservatori e le forze paramilitari. Per migliorare la vita dei bisognosi “è necessario che tutti noi mettiamo i nostri sforzi, le nostre possibilità economiche e soprattutto il nostro amore al lavoro per andare urgentemente a cercare le soluzioni” disse il presule in un’omelia del 1974. Nell’ultima celebrazione liturgica, pochi giorni prima della sua morte, proferì queste parole: “in questo momento difficile è necessaria per tutti la forza dello Spirito Santo affinché le crisi non ci spaventino, le tentazioni non ci destabilizzino e i pericoli non ci paralizzino”. Nonostante gli avvertimenti ricevuti, il pastore venne attaccato dai militari e ucciso il 4 agosto 1976, mentre era a bordo di una macchina in compagnia di padre Arturo Pinto, dopo aver celebrato messa a El Chamical. Si parlò fin da subito di uno strano incidente automobilistico come causa principale del decesso del presule, ma buona parte della Chiesa cattolica non accettò questa versione dei fatti. L’8 giugno 2018 Papa Francesco ha riconosciuto ufficialmente il martirio di mons. Angelelli, proclamandolo beato il 27 aprile 2019. Lo stesso Bergoglio, che lo conobbe di persona, ha ricordato in varie occasioni le parole del vescovo martire di La Rioja, secondo cui “l’evangelizzazione è sempre ‘corpo a corpo’ con il popolo di Dio e con la parola di Dio”. Nella prefazione al nuovo libro il pontefice ha sottolineato che il beato martire è stato “l’esempio di una Chiesa in uscita, che si fa carico delle necessità visibili ed invisibili dei fratelli, e dei bisogni dei cuori che vivono in silenzio il dolore”. Spinto dalla fede in Cristo, il monsignore amò i fedeli che gli erano stati affidati prendendo a cuore la loro crescita e il loro sviluppo integrale. È stato un vero dono del Signore, un uomo libero, un religioso pronto ad ascoltare chiunque e ad obbedire al Santo Padre e ai dettami conciliari. Ha saputo combinare gli obblighi ecclesiastici con l’azione pastorale al di fuori degli edifici di culto, portando il messaggio di Dio nella vita ordinaria. Le sue omelie rivolte a tutti dimostrano che il vangelo non è una vaga idea ma è simbolo dell’amore di Dio che si dona agli altri, è emblema di una relazione duratura che ci cambia il cuore. Il martire sudamericano ha cercato di trasmettere questo messaggio per tutta la vita, rendendosi sempre più simile a Gesù.   

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