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La paghetta trepuntozero

Dieci consigli utili per favorire il rapporto dei bambini con il denaro, ma…

La paghetta trepuntozero

Chi non ricorda la propria paghetta? Settimanale, di solito scarsina, veniva integrata da qualche provvidenziale intervento dei nonni o con bonus da compito in classe stratosferico. Erano pochi soldini, che i più accorti accumulavano nel porcellino in attesa di mettere da parte una congrua sommetta con cui puntare un obiettivo particolarmente costoso. Ma poca o ricca, era comunque cura dei nostri genitori provare a insegnarci a non dilapidarla in tempo zero in dolci, figurine o giri in giostra, di solito minacciando ritorsioni per uso incauto. Quanto questo abbia influito sulla nostra capacità matura di gestire il portafoglio potrebbe essere oggetto di dibattito in più famiglie, ma sicuramente è un tema che continua a riproporsi, generazione dopo generazione. Così, uno di principali quotidiani inglesi, il Guardian, ha deciso di stilare l’ennesimo decalogo per insegnare ai bambini come gestire il malloppo, ma leggendolo è chiaro che in realtà il bersaglio sono i grandi.
Il primo punto, nemmeno a dirlo, sembra ispirato da un film neorealista: i bambini vi guardano, anche quando spendete. E allora attenzione a cosa si compra: è opportuno commentare ad alta voce il perché di una scelta piuttosto di un’altra, così i pargoli imparano che non si compra tutto indiscriminatamente, ma solo quel che ci si può permettere. Resta da capire quanto questo concetto sia chiaro agli adulti, ma ciò non viene esplicitato. Il secondo punto suggerisce di dare ai bimbi una paghetta regolare, piuttosto che dispensare somme a caso ogni volta che chiedono denaro. In questo modo si permette loro di iniziare a imparare presto ad avere e gestire un budget. La teoria fa acqua nel momento in cui o gli si comincia a detrarre quanto dovuto per il mantenimento in casa, oppure saranno sempre convinti che quel che si riceve è al netto del vivere e si può spendere a piacimento. E qui interviene il terzo punto, più dubitante: legate l’elargizione del denaro in contro di piccoli lavoretti solo se siete pronti ad accettare che poi i vostri figli, capito il meccanismo, chiedano denaro per qualunque azione o favore. Facendo due conti potrebbe essere più vantaggioso stipendiare una colf che incentivare i pargoli a rifarsi il letto e mettere in ordine a suon di 5 euro. Al quarto posto si piazza una constatazione lapalissiana (“accettate che il risparmio possa essere difficile per i bambini”) corredata da una spiegazione che si presta a divenire l’alibi perfetto per tutti gli adulti dalle mani bucate: avendo un concetto meno sviluppato del futuro, vivono molto di più nel momento. Così, se l’uovo di oggi è sempre meglio della gallina di domani, perché preoccuparsi?
Stesso discorso autogiustificativo che si ritrova al n°5: una ricerca dagli Stati Uniti dimostra che i bambini più bravi in matematica sono anche quelli che hanno un rapporto migliore con i soldi. Si prevedono centinaia di scuse pret-a-porter a più livelli, incentrate su un unico mantra: “lo sai che andavo meglio in italiano!”. E qui si arriva al sesto e settimo passaggio: spiegare ai bambini da dove arrivano i soldi e ricordare che, come si invecchia, si guadagna ciò che si è riusciti a salvare e quanto avete salvato. Il timore è che, in questo caso, il concetto di “i soldi sono dove li metti ad accumularsi” potrebbe entrare in conflitto con le rimostranze del nonno, che non riesce a pensionarsi pur avendo pensato per anni che lo Stato mettesse le trattenute della busta paga in un cassetto col suo nome fino alla riscossione. Ma qui la colpa del falso mito è tutta di quel maialino di terracotta di cui sopra, quindi passiamo all’ottavo consiglio: la ricerca insegna che spendere soldi per vivere esperienze porta più felicità che spendere sulle cose. Su questa scorta l’idea è di spiegare che piuttosto che acquistare un nuovo televisore, per la famiglia sarebbe più divertente un viaggio memorabile o un week-end tutti insieme. Il segreto è cercare di non perdere autorevolezza nel dirlo mentre si spegne la tv da 52 pollici con il cellulare di ultimissima generazione comprato il giorno prima in cambio di quello obsoleto risalente a sei mesi addietro. Il nono punto è tipicamente anglosassone: tassare la paghetta di una percentuale (fino al 15%) il cui ricavato finisce in un fondo che la famiglia può votare come spendere, così da insegnare subito come funzionano le imposte e la democrazia. Ora, l’unica volta in cui un ministro italiano si azzardò a dire che le tasse sono una cosa bellissima perché finanziano le scuole, la sanità e il vivere civile fu sommerso dai fischi e dalle bordate, quindi ogni altro commento in merito risulta superfluo. Infine, last but not least, ecco il decimo consiglio: man mano che i figli crescono, cercare di sottolineare che il denaro non è tutto, c’è vita oltre i quattrini. Confermiamo, c’è. La cattiva notizia è che non è detto che possiate permettervela…

Fonte: Sir
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