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Tribunale di Cosenza: una bella storia di carità per il Natale 2017

Una catena di solidarietà per aiutare un indigente e la sua famiglia. E' la rivoluzione del Vangelo

Tribunale di Cosenza: una bella storia di carità per il Natale 2017

Mi sembra una bella storia per questo Natale, quella che sto per raccontarvi. Viene da Cosenza, in particolare dal Tribunale. Ancora più in particolare, dai crocicchi della strada di fronte a Palazzo di Giustizia. Lì, ogni mattina, c'é Salvatore (lo chiamiamo così solo per una neanche troppo arguta fantasia natalizia). Chiede l'elemosina, seduto in terra ora davanti al bar (ce n'é più di uno), ora al Tabacchi. Come ogni povero non ha un volto, e questo non tanto e non solo per la barba che gli copre il viso, ancora giovane. Non ha un volto semplicemente perché è facile, tra un caffè e l'altro, tra una marca da bollo e una chiacchierata dinanzi a un contratto da firmare, ignorarlo. Passare oltre. Salvatore ha una famiglia, vive probabilmente nella precarietà di un appartamento nel centro storico bruzio. Quando parla delle figlie, gli occhi gli si illuminano. Tende a piangere. Poi apre il palmo della mano. Ha 12 euro. “Me ne servono altre dodici per fare il regalo alla mia bambina: il paio di scarpe che desidera”. Io me lo ricordo, Salvatore, già il Natale scorso. Era alla porta di una chiesa. Allora si preoccupava del cenone. Ma come lo fanno il cenone i poveri?

C’è una bella notizia, però, nel Natale 2017 di Salvatore. Una catena di solidarietà nascosta ma vera. Sincera. Decisiva. “Fra un po’ viene il giudice (fa anche il nome e il cognome, è abbastanza noto) e mi porta da mangiare per oggi e domani” – mi dice all’antivigilia. La stessa frase la ripete almeno tre volte. Mi sembra abbia la certezza di avere affianco qualcuno che gli vuole bene. In fondo, Salvatore appena ti vede ti sorride, ti “prega” con una bella gentilezza, ti guarda chinando un po' il capo. Ti bacia come un amico qualsiasi. Poi riprende e, indicando il portone alle sue spalle, quello con una pletora di targhe con nomi d’avvocati, racconta: “tutti quelli dei negozi mi aiutano con qualcosa per la mia famiglia. Quelli di questo bar, e di quello e di quell’altro ancora” – indica precisamente -.

È bello che i potenti della società, come i giudici, scendano dai loro troni per chinarsi sugli ultimi; che i commercianti gratuitamente ed umilmente si privino di qualcosa. È bello che gli affamati siano ricolmati di bene e di beni. In fondo, è la rivoluzione del Vangelo.

Non mi baciare la mano, Salvatore. Non sei tu a dover ringraziare me, semmai il contrario.

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