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Il linguaggio teatrale per ridurre l’emarginazione sociale e il disagio psicologico

Attori sul palcoscenico della vita

L'Associazione Itinerari Sperimentali, nata nel 2006, ha già messo in scena ventisei opere teatrali

Attori sul palcoscenico della vita

Il viaggio che durante questi mesi ci sta accompagnando nella conoscenza del vasto e variegato mondo del volontariato ci sta via via facendo conoscere le diverse realtà associative del nostro territorio, ognuna con le sue peculiarità e specificità. Ogni associazione ha un modo diverso di affrontare un disagio, un approccio specifico nell’aiutare qualcuno a superare una difficoltà o a prepararlo ad affrontare le sfide della vita. Tutte però, in qualche modo, sono accomunate, alcune volte anche in modo inconsapevole, da un unico obiettivo: regalare momenti di felicità, aiutare cioè le persone a vivere una vita piena e soddisfacente. L’associazione della quale parleremo questa settimana ha in qualche modo fatto proprio di questo la sua missione, cercando di utilizzare i linguaggi artistici, soprattutto quello teatrale, come strumento di comunicazione e integrazione sociale delle persone svantaggiate, diventando modello di partecipazione e cittadinanza e, soprattutto, proponendosi come luogo nel quale esercitarsi a vivere con gioia e armonia il senso di appartenenza e di comunità.

La storia dell’Associazione di volontariato Itinerari Sperimentali affonda le sue radici nel 1997. Fu, infatti, allora che presso il Centro di Salute Mentale di Cosenza si decise di realizzare un nuovo modo di fare teatro dedicandosi proprio a quelle persone che normalmente restano escluse da questa attività. A ispirare e a far muovere i primi passi fu la dott.ssa Anna Maria Di Rosa psicologa del Centro e appassionata di teatro. “Quando iniziai – ci racconta la presidente Di Rosa - non sapevo nemmeno che esistessero delle scuole di teatro terapia in Italia. Data la mia passione per il teatro e visto che già, insieme ad altri colleghi, aprivamo ai pazienti diverse attività come le visite ai musei, l’uso della telecamera e l’intervista, abbiamo pensato di intraprendere questa strada. Mi sono resa subito conto che si trattava di un'esperienza condivisa e, soprattutto, che avrebbe potuto aiutare molto i pazienti”. Vista la specificità del settore furono necessarie, soprattutto all’inizio, competenze tecniche nell’ambito teatrale. Queste vennero garantite dalla collaborazione con il Gruppottanta, associazione di volontariato impegnata nella promozione sociale e nello sviluppo della cultura del teatro. Lo scopo dell’iniziativa aveva fin da subito l’intento di ridurre l’emarginazione sociale e il disagio psicologico e di curare in maniera nuova, diversa, tutte quelle persone che per i più svariati motivi si trovavano in difficoltà. In pratica si è cercato di creare un teatro che non fosse solo spettacolo, ma un teatro che fosse alla ricerca di nuovi modi di comunicare con il pubblico facendo apprezzare la “diversità” come fonte di creatività artistica e soprattutto terapeutica.

Proprio per questo uno dei primi passi concreti fu la formazione di un gruppo che ha anticipato la nascita ufficiale dell’associazione avvenuta poi nel 2007. “Si trattava di un gruppo aperto, così come lo è ancora oggi, - ci spiega la presidente -; ciò ha portato anche a un frequente ricambio di attori nel corso del tempo dando a molte persone la possibilità di cimentarsi nell’attività teatrale. Ci sono sempre persone che entrano e che escono. Ad alcuni è servito per superare alcuni momenti di difficoltà. Questo è stato l’indirizzo terapeutico della nostra attività, così quando un nostro attore ha trovato altri interessi o soluzioni è stato sempre libero di andare via”. Gli attori dei quali si parla sono persone che provengono dal Centro di Salute Mentale di Cosenza, affetti da diversi tipi di disagi psicologici, gravi o meno gravi, ma anche persone che soffrono emarginazione sociale ed ex tossicodipendenti. Attori, non professionisti dello spettacolo, che prima di imparare a recitare si esercitano nel costruire un gruppo, maturando nei rapporti tra di loro, con i volontari dell’associazione e con il regista che li aiuterà a portare in scena lo spettacolo.

Così quella che iniziò per lavoro e proseguì grazie alla passione, nel corso degli anni si è trasformata in un'associazione di volontariato. Oggi Itinerari Sperimentali è diventata una realtà ricca di passione ed esperienza, capace di mettere in scena, a partire dal 2000, ben 26 opere teatrali con una media di due l’anno. Così dal “Barbone” scritto da Attilio Bosco si è passati a rappresentare l’autore catanzarese Alfonso Dolce e, ancora, testi nati da esperienze e idee del gruppo. Il centro utilizzato per le prove, nonostante le numerose richieste fatte dalla presidente Di Rosa alle istituzioni locali per poter usufruire di una sala più comoda, è rimasto al Centro di Salute Mentale, mentre per la messa in scena si utilizza il Cinema-Teatro Italia "A.Tieri" di Cosenza. nel quale, il 23 e 24 novembre, si terrà la seconda “Rassegna Provinciale del Teatro del Disagio”.

La messa in scena di queste opere è sempre stata una sfida per attori, registi e volontari dell’associazione. Infatti sulla scelta delle tematiche, sul tipo di battute e sui movimenti da compiere sulla scena hanno sempre influito le capacità e la predisposizione degli attori. “Per esempio – ci spiega ancora la presidente Di Rosa - anche l’handicap psicologico comporta un particolare tipo di andatura, una difficoltà a muoversi facilmente. Il depresso è chiuso dentro di sé e si muove con più lentezza, mentre il malato maniacale si muove in maniera eccessiva. La malattia mentale comporta un segno anche nel comportamento fisico e quindi anche per i registi è una sfida trovare le soluzioni migliori. Ci vuole la capacità di capire e di sapersi adattare; non si tratta di attori professionisti”. Attori che, però, nel corso del tempo grazie alla passione e al lavoro di quanti si prodigano all’interno dell’associazione, hanno potuto assaporare la soddisfazione di salire su di un palcoscenico e di ricevere i meritati applausi del pubblico regalandosi genuini momenti di felicità.

Nel momento in cui mettiamo l’utente sul palcoscenico e questo è così bravo da meritare gli applausi diventa uguale a un attore professionista: anche io sono in grado di creare un qualcosa di artistico; il pubblico mi applaude, mi accetta

 

L'INTERVISTA

In questo breve scambio di battute la passione e il lavoro della dott.ssa Anna Maria Di Rosa presidente e fondatrice dell’Associazione di Volontariato Itinerari Sperimentali. Dopo aver dedicato molti anni della sua vita lavorativa alla teatro-terapia, maturando esperienze e capacità presso il Centro Salute Mentale di Cosenza, ha deciso di continuare la sua attività grazie al lavoro fatto con l’associazione.

Cosa significa fare teatro per e con i malati mentali?

Significa fare sempre un viaggio di ricerca in quello che è l’animo umano. Perché per conoscere l’uomo, dobbiamo cercare di conoscere anche l’uomo che sta in carcere, il malato mentale, chi soffre un disagio. Abbiamo cioè bisogno di conoscere anche altri tipi di umanità per capire com’è l’uomo davvero. Noi lo facciamo attraverso l’incontro con le persone, perché il teatro è anche incontro; sia tra l’attore e il pubblico, sia tra di loro e con il regista. È un incontro umano che ci aiuta ad approfondire cos’è l’uomo.

Rassegne teatrali, laboratori, decine di opere messe in scena. Quanto lavoro c’è dietro?

Davvero tanto. Siamo nel campo dell’arte e della bellezza; per far riuscire una cosa veramente ci vuole tanta maestria da parte di chi dirige e da parte di chi media i rapporti umani. In definitiva ci vuole davvero tanto lavoro.

Il teatro ha una comprovata valenza terapeutica e riabilitativa. Voi l’avete trasformata in integrazione e inclusione sociale. Com’è stato possibile questo passaggio?

Nel momento in cui mettiamo l’utente sul palcoscenico e questo è così bravo da meritare gli applausi diventa uguale a un attore professionista: anche io sono in grado di creare un qualcosa di artistico; il pubblico mi applaude, mi accetta. Questo significa inclusione sociale. C’è un riconoscimento. C’è qualcuno che ti ascolta e ti dice che, nonostante le tue difficoltà, sei valido. Si tratta di inclusione sociale proprio nel senso di accettazione.

Quali sono i benefici reali che hanno gli utenti?

Loro hanno benefici per il fatto stesso di stare su di un palcoscenico ed essere riconosciuti come attori.

Ma nella vita di tutti i giorni?

La vita non è fatta sempre di momenti di felicità; diceva il comico Pippo Caruso che “il teatro è una forma di felicità interrotta dall’esistenza”. Sono dei momenti di felicità che tu dai; più o meno il concetto è questo. È una gratificazione che in quel momento può avere una valenza specifica per quella persona. In fondo il teatro è lo spazio di una rappresentazione, breve ed effimera, irripetibile ma indelebile, di cui tutti abbiamo bisogno per vivere meglio.

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