Editoriali
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Vieni, Signore, a portarci la pace

In un mondo lacerato dai conflitti, il messaggio di Cristo risuona per cambiare i cuori di chi è disposto a lasciarsi penetrare dal messaggio di Dio. Pace, la prima parola del Risorto, diventa, in Cristo, stile nuovo di vita per ogni uomo di buona volontà, uno stile di fraternità dal quale nessuno debba sentirsi escluso. Dinanzi al Dio che si fa piccolo e nasce al freddo e al gelo, come non pensare ai tanti costretti a dormire all'addiaccio per il terremoto?

Vieni, Signore, a portarci la pace

L'evento del Natale del Signore è unico e irripetibile, perché in Cristo siamo già rinati nel Cielo, ma fare memoria dell'evento straordinario di Betlemme ci aiuta a penetrare sempre più profondamente il mistero dell'Incarnazione dell'unigenito Figlio di Dio. 
La preoccupazione di Erode si scontra con la vocazione stessa del Cristo: egli è venuto a pacificare la storia, a stringere un'alleanza nuova tra i popoli, a proclamare il tempo di Dio. 
Pace è la prima parola del Verbo risorto, quando egli passa attraverso la porta chiusa del salone degli apostoli e spezza il pane con loro. Quel Crocifisso risorto e che supera ogni categoria dello spazio umano, è lo stesso che, per il mistero grande dell'Onnipotente, supera gli spazi verginali del grembo di Maria per venire nel mondo. Non c'è violenza nella nascita di Gesù, non c'è violenza nella sua risurrezione. Non c'è violenza quando egli oltrepassa le strade incrociando la gente, proponendo semplicemente di seguirlo. 
E' difficile pretendere che le guerre cessino d'un tratto, se non c'è conversio corduum, però possiamo elevare la nostra supplica al Dio cui nulla è impossibile perché qualche uomo convertito possa generare processi di pace laddove il conflitto distrugge le vite di tanti.
La pace che il Signore Gesù porta con sé ci chiama a ripensare il nostro stile, a costruire percorsi di fraternità senza esitazioni; il Vangelo ci invita a non ridurre il Natale a una tradizione che rischia di tradirne il significato, ma a viverlo pienamente. Vivere il Natale è anzitutto affermare che Gesù, il Figlio di Dio, è venuto nel mondo per salvarci, ma significa anche riflettere sul modo della sua venuta: in una stalla, povero tra i poveri, circondato dal calore degli animali da pascolo, senza alcuna comodità, al freddo e al gelo. Dio si è fatto piccolo per abbracciare tutte le debolezze, le indigenze, le povertà dell'uomo. E' venuto a rimediare a quel nostro egoismo che ha generato un mondo troppo diviso tra ricchi e poveri; è venuto a dare senso ai cuori puri che sanno meravigliarsi per le cose semplici della vita. 
Come non intravvedere nell'idillo vero della nascita del Salvatore la sofferenza di tanti fratelli e sorelle costretti all'addiaccio per il terremoto? Come non pensare a quanti non hanno una casa, un vestito, non ha cibo o bevanda calda? Il Natale disturba semplicemente perché rovescia la logica del mondo, una logica che è purificata dal Logos, dalla Parola vivente di Dio. 
Il Natale ci chiama a ripensarci come piccoli e allo stesso tempo grandi dinanzi al Grande per eccellenza, che non si è arreso di fronte alle nostre manie ma ha voluto proporsi ai cuori di ciascuno per indicare la strada verso il Cielo. E' la strada nuova che percorsero i Magi dopo aver incontrato Gesù. Gesù è l'unica strada vera dell'uomo, l'unica felicità piena.

Nella vita siamo chiamati, da battezzati, a rivelare il volto di Dio, in Gesù. Nessun ambiente, nessuno spazio può essere escluso dall'essere tempo di Dio

Vieni, Signore, a portarci la pace
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