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Pierluigi Virelli canta e suona la Calabria

Un viscerale legame per la musica e per la sua terra del cantante, polistrumentista e ricercatore etnografico calabro

Pierluigi Virelli canta e suona la Calabria

Cantare la terra di Calabria scavando nelle sue sonorità più recondite e misteriose, allo stesso tempo studiandole dal punto di visto storico e antropologico. È questa la storia di Pierluigi Virelli, la sua passione e la sua ricerca lo hanno così spinto a dedicarsi allo studio sì di diversi strumenti, ma dai suoni in qualche modo forti e arcaici.

Pierluigi Virelli è un cantante polistrumentista e ricercatore etnografico. Tra i più impegnati promotori della cultura arcaica calabrese, vive in Calabria a stretto contatto con gli anziani, con i quali approfondisce il canto, la chitarra battente, i tamburi e i fiati, strumenti tipici, alcuni dei quali, si auto-costruisce. Ha ideato importanti e innovativi festivals, rassegne e incontri formativi sulla cultura di matrice orale calabrese. Con altri, ha realizzato per Rai 3 un documentario sull'attuale cultura contadina in Calabria. Negli ultimi anni la sua attività concertistica si è concentrata, con ottimi risultati, oltre che in Italia, anche in Germania, Svizzera, Francia, Irlanda, Repubblica Ceca, Inghilterra.

Nella sua Calabria, tra le altre attività, ha trascorso molto tempo a contatto con gli anziani, con loro infatti ha dedicato tempo allo studio di canto, chitarra battente, tamburi, fiati, e altri strumenti tipici; alcuni dei quali auto prodotti. Appresso l’organizzazione di caratteristici ma anche innovativi festival e rassegne sulla cultura di matrice orale di Calabria. Negli ultimi anni, ancora, a parte l’Italia la sua attività è approdata oltre altre frontiere come Germania, Francia, Irlanda, Repubblica Ceca, Inghilterra e Stati Uniti. Tra i recenti successi, Pierluigi ha raccontato l’altipiano crotonese e la sua provincia attraverso il documentario “Ai piedi della Sila”; andato in onda nella trasmissione Geo, su Rai Tre, dunque nel palinsesto della tv generalista di Stato.

Da dove nasce la tua passione per la musica tradizionale?

Non saprei dire di preciso da dove nasce questa passione, probabilmente ci sono stati degli incontri durante la mia vita da bambino, molti dei quali non li ricordo; che però mi hanno fatto avvicinare a questa musica. Immagina che sono nato in Calabria e ho vissuto sempre in questi piccoli paesi del marchesato crotonese; e ho frequentato tantissimo le zone della Sila. Quindi probabilmente lì ho vissuto in maniera diretta o indiretta il profumo di una civiltà che veniva dalla terra, dalle cose semplici; ecco che probabilmente da adulto quel mondo mi è sembrato assolutamente vicino e familiare

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Quale è stato il tuo percorso di formazione?

Il corso di formazione è stato quasi sempre sul campo, viaggiando e vivendo in diverse capitali d’Europa e degli Stati Uniti, laddove ho conosciuto tantissimi musicisti e ricercatori della loro tradizione musicale; e gente che era vicina al mondo dell’etnografia, dell’antropologia, della ricerca sul campo. Con loro, sia in Italia che all’estero, ho sviluppato la formazione autonoma attraverso letture e trascorrendo molto tempo con gli anziani, portatori reali di questi giacimenti culturali.

Quali strumenti suoni?

Si dice che per scoprire un popolo bisogna conoscere la sua musica, e quindi ho cercato e cerco di approcciarmi a tutti gli strumenti musicali che incontro; ciò non vuol dire che li suoni tutti in maniera eccellente, ma ne suono diversi: a corda, chitarre nelle varie forme, fiati, diversi tipi di flauti, zampogne, pipite, organetti, la lira, le percussioni, tamburi di vario genere, oltre al canto.

Come ti senti ad aver raccontato la Sila davanti le telecamere di Rai Tre?

È stato un percorso molto semplice e legato alla contemporaneità, perché a prescindere da quale fosse il destinatario non abbiamo fatto altro che raccontare una parte della quotidianità e incontrare tutte le persone che da anni conosco e frequento; e abbiamo trascorso del tempo come lo facciamo solitamente. Si parla molto di quello che ci unisce, come la musica, la costruzione degli strumenti, il repertorio, gli animali, l’allevamento, la preparazione di formaggi e piatti tipici, l’artigianato; ho vissuto tutto questo come dei giorni naturali, come ciò che mi accade solitamente. La differenza era che stavolta mi trovavo con i registi romani Francesco Cordio e Francesco Marini.

Di cosa ti occupi ora?  Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

In progetto c’è la realizzazione di un nuovo album musicale che ha a che fare con un repertorio di musica calabrese re interpretato in una modalità contemporanea, con dei linguaggi che appartengono a vari luoghi del mondo; con all’interno sia arrangiamenti o parti originali, sia che provengano dalla tradizione calabrese. In più è in preparazione un monologo teatrale che ha a che fare con lo sviluppo e la diffusione di strumenti musicali tradizionali in Calabria, un tour estivo; ciò chiaramente influenzato da questo periodo di emergenza globale”. Il messaggio principale da veicolare è tuttavia il continuum del faro della conoscenza tradizionale e popolare, questo alimentato in tal caso da Carmelo, Angelina o Vittoria; i tre protagonisti del documentario “Ai piedi della Sila”, disponibile sullo stesso canale YouTube di Pierluigi Virelli. 

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