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Schettino e la pena che verrà

Forse dobbiamo crescere tutti e capire che la giustizia per essere vera deve essere certa, veloce e non sommaria. Solo così la Legge potrà aspirare ad essere davvero uguale per tutti.

Schettino e la pena che verrà

La sentenza del Tribunale di Grosseto per il disastro dell’isola del Giglio ha lasciato perplessi in tanti. L’opinione pubblica ha certamente poco compreso l’apparente  contraddizione tra la severità della pena inflitta all’ex comandante della nave da crociera Costa Concordia, Francesco Schettino e il mantenimento in libertà del condannato. Sedici anni di reclusione per reati di natura non dolosa non sono certo pochi, anche se la richiesta dei pubblici ministeri puntava ad una pena ancora più severa. Da un punto di vista giuridico, però, non vi è alcuna contraddizione. In Italia, infatti, le sentenze di condanna emesse in primo grado non sono immediatamente esecutive: L’art. 27 della Costituzione sancisce il principio che ogni imputato non è considerato colpevole sino a che una condanna penale non sia diventata definitiva. È questa una garanzia diretta a ridurre al minimo gli effetti di eventuali errori giudiziari e che, almeno teoricamente, colloca l’Italia a un livello di maggiore civiltà rispetto a quasi tutti gli altri Paesi europei, dove il sistema delle impugnazioni penali è, in genere, molto più snello del nostro e dove il riconoscimento della presunzione d’innocenza come presidio del principio “in dubio pro reo” non impedisce di dare esecuzione anche alle sentenze di primo grado, salvo, poi, riparazione per le detenzioni eventualmente subite senza ragione. L’imputato che in Italia arrivi al giudizio “a piede libero” non potrà dunque, neppure se condannato a una pena severa, essere immediatamente portato in carcere né soggettato ad altre misure restrittive minori; valgono al riguardo, in via di principio, le stesse regole stabilite per la fase anteriore al giudizio, quella delle indagini preliminari, in cui deve essere riscontrato il pericolo che l’imputato fugga, oppure inquini le prove o commetta altri gravi delitti. Tutto regolare, insomma. Schettino potrà difendersi nelle sedi opportune e da uomo libero fino alla sentenza definitiva. Resta una palese sensazione di diseguaglianza a danno di chi, invece, per una diversa valutazione degli organi delle indagini preliminari, giunga al giudizio in stato detentivo anche da anni: costui, infatti, in caso di condanna continuerà, di regola, a stare in carcere nella indifferenza dei più. È uno dei tanti paradossi della nostra giustizia. Eppure, ciò che è anormale in questo Paese è la galera fatta prima di una sentenza passata in giudicato e soprattutto di un processo svolto con le più ampie garanzie, mentre tanti condannati in via definitiva, dopo processi lunghissimi, non fanno neanche un giorno di carcere. Forse dobbiamo crescere tutti e capire che la giustizia per essere vera deve essere certa, veloce e non sommaria. Solo così la Legge potrà aspirare ad essere davvero uguale per tutti.

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