Paul Claudel, apostolo della penna

L’ascolto del Magnificat nella Cattedrale di Notre-Dame de Paris portò l’intellettuale a riscoprire la fede

La letteratura è vita espressa attraverso le parole, è un atto di fede in Dio che tutto può e da cui tutto scaturisce. Ne era convinto Paul Claudel, scrittore e diplomatico francese, di cui quest’anno ricorrono i 70 anni dalla morte. Per l’occasione è stato dato recentemente alle stampe il volume Claudel ou la conversion sauvage di François Angelier, nel quale viene ripercorsa tutta la vita di quest’intellettuale.

Nato nel 1868 a Villeneuve-sur-Fère da una famiglia religiosamente indifferente, cresce in un clima laicista lontano da qualsiasi pratica religiosa. Si trasferisce a Parigi nel 1881 dove frequenta il liceo Louis-le-Grand, contraddistinguendosi per intelligenza e meriti scolastici. Il periodo storico nel quale vive, tuttavia, è impregnato di positivismo, naturalismo e parnassianesimo, tutte correnti filosofiche che guardano al reale, allo scientismo, all’immanente senza pretese surreali e senza volontà di trascendere il dato fenomenico, per assurgere ad una conoscenza ultraterrena. Solo il simbolismo, andando al di là delle cose terrene, è in grado di far capire al poeta che esiste una realtà interiore e profonda immersa nel Mistero, pur non offrendo alcuna certezza sulla natura di questo mondo ermetico. Claudel si avvicina all’universo letterario, leggendo Shakespeare, Dante, Dostoevskij, Zola, Hugo, Ernest Renan, Mallarmé, Verlaine e Rimbaud. Completati gli studi giurisprudenziali e in Scienze Politiche, intraprende anche la carriera diplomatica, diventando ambasciatore francese in vari paesi esteri. La sua carriera politico-letteraria si sviluppa parallelamente a diversi eventi che lo segnano profondamente, come l’internamento in un manicomio della sorella maggiore Camille, caduta nell’abisso della follia, e la sua iniziale e controversa posizione antisemita che, negli anni, lascerà il posto ad un atteggiamento più favorevole alla causa ebraica. Nonostante l’allontanamento dalla religione, sin da giovane si accende il lui il desiderio di andare alla ricerca della Verità, di scandagliare l’Assoluto, di ricercare l’Essere per tentarne la comprensione, sia pure parziale. Questa sua indagine acquista più senso dopo l’evento che tocca nell’intimo la sua anima. È la sera di Natale del 1886 quando, ancora diciottenne, Claudel vive un’esperienza sconvolgente e piena di grazia. Entrato nella Cattedrale di Notre-Dame a Parigi, per finalità di divertimento letterario, ode un coro di bambini intonare il canto del Magnificat. Sull’altare, avvolto da una luce intensa che irradia i fedeli presenti, c’è Gesù Bambino, simbolo del Verbo Incarnato disceso in terra per salvare gli uomini dal peccato. L’interiorità dello scrittore viene scombussolata dalla visione di quella Chiesa in festa e di quel neonato, che lo attrae verso di sé. Claudel pronuncia testualmente queste parole: “accadde in me l’avvenimento straordinario e misterioso, che avrebbe dominato tutta la mia vita. A un tratto, mi sentii toccare il cuore e io credetti. Credetti con tal forza di adesione, con tale sollevamento di tutto il mio essere, con una così profonda convinzione, con una certezza così esente da ogni dubbio possibile, che in seguito tutti i libri, tutti i ragionamenti, tutte le peripezie di una vita agitatissima, non scossero né intaccarono mai la mia fede”. Il ritorno al cattolicesimo e la fede ritrovata gli fanno sperimentare quell’immensa e indescrivibile felicità, che deriva solo dall’incontro con Dio. Nello stesso anno lo scrittore si imbatte nelle Illuminazioni del francese Arthur Rimbaud, una raccolta di frammenti in prosa scritti in un linguaggio oggettivo-mistico, nei quali l’autore contempla il mondo abbandonandosi ai suoi colori e alle sensazioni che percepisce, fino allo scavo interiore e all’annuncio di Gesù, venuto per inaugurare un nuovo mondo. Rimbaud risveglia Claudel dal torpore nel quale è caduto, a causa delle filosofie laiche con le quali è cresciuto. Si riavvicina alla Chiesa Cattolica, nella convinzione che Dio è vicino a lui, lo ama, lo chiama per nome, è al di sopra di tutti e vince l’egoismo dell’Io. Frequentando Notre-Dame, dove riceve la prima Comunione, impara il valore della Messa come Santo Sacrificio di Gesù per gli uomini, nonché esempio eccelso di poesia sublime e grandiosa. Approfondisce la sua credenza in Cristo mediante letture sapienti, tra cui la Metafisica di Aristotele, la Summa di Tommaso d’Aquino (Claudel fu profondamente tomista), i Pensieri di Pascal, le Elevazioni sui Misteri e le Meditazioni sul Vangelo di Bousset, la Commedia dantesca e i racconti di Caterina Emmerich. Si dedica alla lettura della Bibbia e intreccia la sua esperienza di fede ritrovata con lo strumento della ragione, come Tommaso d’Aquino gli ha insegnato, facendo della sua arte letteraria un aperto manifesto contro un Ottocento borghese, anticlericale e positivista. Dopo la conversione i suoi interessi sono unicamente rivolti a Dio, all’uomo peccatore o santo e al rapporto tra il mondo divino e quello reale, temi trattati con un’arte primitiva e continua e con il ricorso alla metafora. Claudel è inviso a molti suoi coetanei, per non aver mai nascosto la sua adesione alla fede cristiana. Tenta di convertire al cattolicesimo diversi scrittori del tempo, in alcuni casi riscuotendo un esito positivo, in altri casi combattendo delle battaglie come quella contro André Gide, sempre al limite tra credenza e non credenza.  La sua visione della vita, ormai prossimo alla maggiore età, è chiara: il mondo è un organismo che ha radici in Cristo, la cui vita divina dà forma al Corpo Mistico della Chiesa, chiamata a dare seguito al messaggio del Padre Eterno. L’uomo – sa bene Claudel – deve relazionarsi con Gesù e, fin quando non lo fa, vive in un completo stato di inquietudine e di disperazione. Questo scrittore convertito che, il 23 febbraio 1955 abbandona questa terra, scrive in una nota che “Gesù, anche per mezzo mio, ha seminato: Gesù ha fatto nascere delle spighe dorate: ora Gesù viene a mietere il grano”. Voce della letteratura e della poesia cristiana, il francese sviluppa una produzione letteraria che tocca l’intimità del lettore, alternando testi lirici ad opere teatrali. Conoscenza dell’Est (1900), Cinque grandi odi (1910), il testo teatrale Testa d’oro (1891) sono solo alcune delle sue più grandi produzioni. Al Padre Celeste Claudel dedica gran parte dei suoi componimenti poetici e drammaturgici, tesi a svelare l’amore di Dio che cerca l’uomo e si fa riconoscere. Fondamentale è anche il suo legame con la Vergine Maria, l’anima più pura e integra che ha intonato il canto del Magnificat, quella vera e propria dichiarazione di amore a Dio che, ascoltata dentro Notre-Dame, riporta il poeta al cattolicesimo. Alla Madonna rivolge parole di vera devozione che restano parte della letteratura novecentesca, come nell’opera teatrale L’annuncio a Maria (1912), scritta dopo la conversione, definita dallo stesso Claudel come un dramma umano e sovrumano, nel quale si parla di unità dei cristiani, di peccato ma anche di riscatto delle anime. La Vergine è il ponte di comunicazione tra umano e divino, è Colei che porta l’uomo a Cristo Crocifisso, la donna che ha detto il suo Sì incondizionato. In questo testo teatrale è racchiusa l’immagine che Claudel ha della Storia, intesa come tensione tra le singole esistenze e la totalità dell’essere, come progressione dell’uomo, in bilico tra peccato e santità, verso il mistero di Dio che tutto compone e spiega. Ne Il cammino della Croce (1911) troviamo versi con cui il poeta accompagna il lettore in una sorta di Via Crucis poetica: Salve, o Croce”, dice Gesù, “o Croce, che ho a lungo desiderata!”. E tu, cristiano, guarda e fremi! È troppo solenne l’ora, quando il Cristo accetta – è la prima volta –, la Croce eterna! Oh compimento in questo giorno dell’Albero del Paradiso! Guarda, peccatore, e osserva bene a che cosa è servito il tuo peccato. Mai più delitto senza un Dio sopra, né più croce senza il Cristo. Certo la sofferenza dell’uomo è grande, ma non abbiamo più nulla da recriminare, perché ora Dio è al di sopra, lui che è venuto non per spiegare, ma per adempiere. Gesù riceve la croce, come noi prendiamo l’Eucaristia”. Quest’apostolo della penna ha concepito la poesia come mezzo per guardare oltre, per scavare dentro di sé, per superare gli orizzonti e giungere ad abbracciare Dio.