“In tre giorni farò risorgere il tempio” (Gv 2, 13-22)
Padre Pasquale Cormio*
L’introduzione nel calendario liturgico della festa della Dedicazione della Basilica Lateranense a Roma si deve a papa Benedetto XIII, quando consacrò l’edificio sacro nell’anno 1724 dopo la sua ricostruzione. Nella forma più antica la Basilica risale al tempo dell’imperatore Costantino; papa Silvestro I la dedicò al SS. Salvatore (318 o 324), mentre i titoli di san Giovanni Battista e san Giovanni Evangelista sono stati aggiunti rispettivamente nel IX secolo, sotto papa Sergio III, e nel XII secolo con papa Lucio II. La Cattedrale di Roma, ritenuta la madre di tutte le chiese di Roma e del mondo, è un segno che rimanda alla comunità dei credenti e a ciascun discepolo, i quali, uniti a Cristo, diventano “luogo santo” in cui Dio si manifesta e si fa conoscere.
Il Vangelo propone un gesto profetico, la cacciata dei mercanti dal tempio da parte di Gesù, che l’evangelista san Giovanni pone all’inizio del ministero pubblico di Cristo, a differenza dei vangeli sinottici, per i quali precede gli eventi della Pasqua. L’episodio inaugura una novità nella storia di Israele: non è più il tempio di Gerusalemme il centro liturgico, politico e sociale del popolo; esso viene relativizzato nel suo valore sacrale e sostituito dalla persona di Gesù Cristo, il Messia inviato dal Padre, l’unico Mediatore tra Dio e l’uomo. L’incontro con Dio non è più caratterizzato da sacrifici di animali né da meriti o profitti da parte dell’uomo, ma trova il suo fondamento in Gesù Cristo, la pietra angolare attorno a cui si stringono le pietre viventi dei credenti, il popolo della nuova alleanza. Il discepolo non deve limitarsi al solo culto esteriore, ma impara l’adorazione del Padre in spirito e verità (Gv 4, 23), ovvero animato dall’azione dello Spirito Santo e mediante la rivelazione di Cristo. Alla pratica dei sacrifici subentra un culto che informa la vita.
Il gesto della purificazione del tempio suscita la reazione stizzita dei Giudei, i quali chiedono a Gesù un segno che attesti la sua autorità messianica. La risposta di Gesù esige un’intelligenza spirituale: il tempio nuovo non è più l’edificio fatto di pietre, ma il suo corpo, il vero tempio di Dio. La Pasqua sarà il momento in cui si inaugura il nuovo culto dell’amore, che trionfa sulla morte e sul peccato, e che fa del Risorto la dimora stabile di Dio tra i suoi. Nella Chiesa, corpo di Cristo, noi riconosciamo il vero edificio spirituale, nel quale rendere culto a Dio.
L’apostolo Paolo amplierà la comprensione della presenza visibile e operante di Dio in mezzo al suo popolo, affermando l’inabitazione di Dio e dello Spirito di Dio nella comunità dei credenti e nel singolo discepolo. Su questa stessa linea si pone sant’Agostino, quando invita i fedeli a custodire in se stessi la presenza di Dio: “Ecco: voi siete poveri eppure costruite la chiesa. È la casa dove radunarvi per le vostre preghiere, per celebrare i divini misteri, per elevare inni e lodi a Dio, ove possiate pregare e ricevere i sacramenti. Voi capite ch’è la casa delle vostre preghiere. Volete costruirla? Siate voi stessi la casa di Dio e la casa è costruita” (disc. 107/9, 9). L’edificio per ergersi ha bisogno non solo di pietre materiali, ma di “pietre vive”, come le definisce l’apostolo Pietro (cfr. 1Pt 2, 5). “Che significa: Voi siete insieme costruiti come pietre viventi?”, si chiede ancora il vescovo di Ippona. “Per vivere, ti è necessario credere; credendo diventi tempio di Dio, nel senso inteso dall’apostolo Paolo quando dice: Santo è il tempio di Dio, e questo siete voi” (Comm. al salmo 121, 4). I fratelli, radunati nella Chiesa una ed unita, e ciascuno per la sua parte, costituiscono la casa di Dio.
Se la solidità di un edificio è assicurata dalle fondamenta poste in basso, al contrario in un edificio spirituale, come la comunità cristiana, la pietra angolare è nel cielo: “Quanto a noi, che veniamo costruiti in senso spirituale, il nostro fondamento è stato posto nella sommità”. Il fondamento è Cristo Risorto, che si trova nei cieli; verso di Lui non solo dobbiamo muoverci, ma affrettarci e correre per entrare nella comunione con Dio. Così la Chiesa terrena è anche un rimando alla pace della Chiesa celeste.
*rettore della Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio e priore della Comunità agostiniana a Roma
. fonte: AgenSIR

