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Torna l'attenzione sui piccoli ospedali

Necessario un programma di riordino basato sui bisogni e sull'implementazione di tecnologie avanzate 

Torna l'attenzione sui piccoli ospedali

La dichiarazione di Roger Waters, polistrumentista britannico cofondatore dei Pink Floyd, sulla riapertura del nosocomio di Cariati, ha provocato un’eco mediatica senza precedenti ridando slancio agli appelli sulla necessità di riordino e rilancio dei piccoli ospedali alla luce dei bisogni territoriali in un contesto storico di grave emergenza pandemica. Serviva l’affermazione di Waters per destare l’attenzione della “grande stampa” rispetto ad un argomento passato in secondo piano, trattato e discusso solo a livello locale. Eppure sono anni che la vertenza legata ai diciotto presidi ospedalieri in via di depauperamento va avanti dopo lo scellerato programma di dismissione o riconversione dei plessi nelle diverse province calabresi. Fiumi di inchiostro sono stati utilizzati per raccogliere le indicazioni progettuali delle istituzioni periferiche, le lamentele delle associazioni, le proteste dei cittadini.  Di un mondo in fermento che in tempi non sospetti ha denunciato la carenza dei servizi socio-assistenziali, la criticità dei collegamenti, l’impossibilità per molti utenti di percorrere “strade alternative” rispetto alla emigrazione sanitaria. Nonostante ciò, nonostante il lungo periodo di commissariamento, il comparto sanitario regionale è rimasto condizionato da un disastro finanziario e strutturale senza precedenti. Sarebbe stato forse meglio mantenere in vita i piccoli ospedali attraverso un processo di riordino mirato, in grado di assicurare un supporto specifico ai grandi Hub, invece di continuare a sprecare soldi, alimentare clientele, congestionare gli ospedali metropolitani fino a farli quasi scoppiare, creando difficoltà logistiche e ingiustizie sociali. Con la chiusura dei presidi zonali interi territori sono rimasti infatti scoperti, lasciati alla sola “cura” dei medici di famiglia o del personale del 118, con conseguenze anche serie per le Comunità, soprattutto in una provincia vasta come quella di Cosenza. “E’ necessario organizzare per questo un modello di assistenza sanitaria omogenea sul territorio, uguale per tutti i cittadini così come previsto dalla Costituzione”. In che modo? Con i fondi del Pnrr, realizzando centri specialistici capaci di assicurare risposte alle necessità della popolazione mediante la riattivazione e la messa in rete del patrimonio nosocomiale dismesso. Di un programma moderno e interdisciplinare che si avvalga di conoscenza scientifica e dotazione strumentale di ultima generazione (telemedicina, domotica, digitalizzazione dei dati clinici) in modo da offrire diagnosi precoce o a distanza. Quindi, di un Pronto Soccorso ma, soprattutto, di un sistema di emergenza territoriale collegato in tempo reale con la centrale operativa dell’ospedale principale. Va in buona parte in questa direzione la proposta tecnica che l’associazione 'Giuseppe Dossetti' di Cosenza ha intenzione di proporre alla Regione Calabria con il sostegno delle amministrazioni interessate alle quali i relatori coordinati dall’ex parlamentare Paolo Palma hanno chiesto “di essere presenti” nella discussione non foss’altro per l’esistenza di strutture conosciute, accessibili e immediatamente utilizzabili dalla popolazione.

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