Editoriali
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Il tempo del Te Deum e l'anelito di gioia

Alla fine di un nuovo anno, tra bilanci e speranze, la Chiesa ci rinnova una proposta di lode e ringraziamento.

Il tempo del Te Deum e l'anelito di gioia

Gli ultimi giorni di dicembre notoriamente sono riservati ai bilanci, non sempre e non solo economici. Arriva la fine dell’anno e porta con sé quel velo di tristezza che altro non è che l’anelito del cuore che invita a desiderare sempre di più.  Si ripercorrono mentalmente i momenti vissuti e i conti raramente tornano. La Chiesa, Madre sempre premurosa, riserva all’ultimo giorno dell’anno un canto di lode, un inno antico: “Te Deum laudamus” (Dio ti lodiamo). Uno strumento essenziale per chiunque voglia vincere la tentazione della delusione e dello sconforto. Scriveva il cardinal Ravasi nel 2006 su Avvenire: “Satana è colui che dà tristezza. La sua abilità non sta tanto nel farti peccare (a questo ci pensiamo spesso già noi con le nostre scelte libere). È, invece, quella di scoraggiarti, di abbatterti, di avvilirti. La persona abbattuta e sconfortata non spera più e quindi non fa che lasciarsi andare di balza in balza, di girone in girone, di male in male, disperando di potersi risollevare, di poter essere perdonata, di riuscire a risorgere o a rinascere. È questa la grande maledizione a cui Satana ci destina, è il rifiuto della grazia, è la morte della speranza e della fiducia”. Quante volte negli ultimi anni abbiamo sentito dire al Papa “non siate mai uomini e donne tristi”, “la tristezza è del diavolo”! Arriva il 31 dicembre e davvero ognuno di noi con la coscienza di aver ricevuto ancora il dono della vita può cantare il suo Te Deum laudo. L’anno della Misericordia è appena all’inizio e già tanti sono i frutti di speranza che sta portando nelle nostre comunità. Misericordiosi come il Padre significa essere chiamati ad una speranza nuova: quella di affidare ogni momento della vita alla Sua Provvidenza. Solo così le parole dell’inno che canteremo non saranno vuote: “Per singulos dies benedicimus te; et laudamus nomen tuum in saeculum, et in saeculum saeculi” (Ogni giorno ti benediciamo, e lodiamo il tuo nome per sempre). Una lode che unisce terra e cielo, una lode che tiene lontana la tristezza dell’antico seduttore, una lode che ci fa sperare e, perciò, camminare con la Chiesa verso il nuovo anno.

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