Editoriali
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E letizia dell'amore sia!..Per dare ragione della speranza

Nell'Amoris Laetitia papa Francesco invita anche la Chiesa ad un'autocritica, perché l'apertura alla grazia propria del matrimonio non venga solo annunciata o imposta, ma motivata. a partire dalle reali esperienze di famiglia. 

Parole chiave: amoris laetitia (7), fabio mandato (6), famiglia (48), papa francesco (321)
E letizia dell'amore sia!..Per dare ragione della speranza

E letizia dell’amore sia!.. Perché niente è più lieto dell’amore, prima, ultima, costante verità del disegno divino del Padre. Nome stesso di Dio, nella certezza dell’agiografo Giovanni. Deus Caritas Est. Per questo, offrendo all’oikoumene l’esortazione apostolica post-sinodale, Francesco si pone dinanzi allo splendido idillio della lettera di Paolo ai Corinzi, quell’inno alla carità capace di riscaldare i cuori. Forse proprio di questo c’è bisogno, nella sensibilità del Papa: di un annuncio rinnovato della carità e con carità, della misericordia e con misericordia. Perciò, una delle icone del lungo testo papale frutto del doppio Sinodo dei Vescovi è la peccatrice. A lei, il Signore Gesù propone una vita più degna, un percorso nuovo. Quello stesso cammino che il Papa addita per le famiglie, in realtà per tutte, non solo quelle ferite, perché sappiano che il sì del matrimonio è una scelta da fare giorno per giorno, e perché oltre i sentimenti c’è la ragione di un progetto comune che può durare quattro, cinque, sei decenni. La ragione dell’amore. Così, se disegno originario dell’Altissimo era che “l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie ed essi saranno una carne sola”, la creazione continua dell’umanità ha come centro e culmine l’esistenza stessa del Figlio, dell’increato logos, ragione eterna del Padre. Solo su questi presupposti  Dio stesso è famiglia e “Dio Trinità è comunione d’amore, e la famiglia è il suo riflesso vivente”. Per questo, sottolinea Francesco “come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio”. Non merita il matrimonio di essere sacrificato all’altare della “sensibilità attuale”, della “moda”, dei “sentimenti di inferiorità di fronte al degrado morale e umano”. “Staremmo privando il mondo dei valori che possiamo e dobbiamo offrire” – sottolinea Francesco. Il Papa sa bene che non è il tempo del lamento, della denuncia non costruttiva, della rammaricazione. La vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte non consente di “annacquare il Vangelo”, ma fornisce la certezza di una gioia rinnovata. La stessa famiglia è “il giubilo” della Chiesa. “Non ha senso fermarsi a una denuncia retorica dei mali attuali, come se con ciò potessimo cambiare qualcosa. Neppure serve pretendere di imporre norme con la forza dell’autorità”. Francesco invoca “uno sforzo più responsabile e generoso, che consiste nel presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della famiglia”. Riecheggia qui la lettera di Pietro, in cui l’apostolo invita a “rendere ragione della speranza che è in voi”. Cristo, pastore bello, è l’unica ragione di quel bisogno interiore d’amore dell’uomo, di quella verità che, con Agostino, “habitat in interiore hominis”. Per questo, il vangelo del matrimonio è un cammino per tutti, prima ancora per la Chiesa stessa, che il Papa chiama a una “autocritica”, perché “spesso abbiamo presentato il matrimonio in modo tale che il suo fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco sono rimasti in ombra per un accento quasi esclusivo posto sul dovere della procreazione”. E il Papa aggiunge: “né abbiamo fatto un buon accompagnamento dei nuovi sposi nei loro primi anni, con proposte adatte ai loro orari, ai loro linguaggi, alle loro preoccupazioni più concrete. Non più dunque presentare “un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono”. Non insistere, quindi “solamente su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia”, perché la vera missione è “risvegliare la fiducia nella grazia”. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle. 

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