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L'abbraccio della diocesi agli innamorati e alle famiglie

Celebrata in Seminario la festa organizzata dal'Ufficio famiglia diocesano. Mons. Nolè: "gustate il vostro matrimonio". Le ricette del Vescovo su fedeltà, castità e percorsi matrimoniali.

L'abbraccio della diocesi agli innamorati e alle famiglie

La castità, la fedeltà, la rilevanza degli addobbi floreali; e ancora, cosa distingue il matrimonio cristiano da quello civile, il perché ci si sposa in chiesa, l’appartenenza alla comunità parrocchiale. Sono stati questi i temi affrontati da monsignor Francesco Nolè nella festa degli innamorati e delle famiglie, che domenica scorsa ha riempito l’Auditorium Giovanni Paolo II di Rende. Oltre 800 i partecipanti all’evento, promosso dall’Ufficio famiglia diocesano e che rientra nel percorso pastorale che l’Arcivescovo ha voluto dedicare alla famiglia. Sono arrivati in tanti, al Seminario, per un evento ormai tradizionale nella diocesi cosentina. Giovani e meno giovani per condividere la loro esperienza in un evento che quest’anno si è trasformato in una vera e propria festa. Gli ingredienti, per una domenica pomeriggio diversa, c’erano proprio tutti. C’era la musica, c’erano gli sketch teatrali curati rigorosamente dalle famiglie, c’era quel clima frizzante della gioia che dà sale a eventi come questo. Ci sono state poi le storie di tante coppie che, negli anni, hanno fatto un percorso di fede. L’hanno raccontato, hanno detto che uscire dalle macerie, dalle difficoltà della vita, dai dubbi, si può. E si può insieme. Condividendo. All’inizio della festa, la preghiera, primo ingrediente per un pomeriggio fruttuoso. “La tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa”. La salmodia tipica delle nozze risuona, così come la preghiera di don Aldo Giovinco, l’assistente diocesano della famiglia. Al piano di sotto, invece, i più piccoli giocano con gli animatori di “Animatema”, che all’inizio della serata, presentati dai direttori dell’Ufficio, Gianluca Marino e Zaira Sorrenti, avevano fatto capolino sul palco. Di carne al fuoco, tanta. Tanta quanto i temi che accompagnano la formazione delle giovani coppie che si preparano al matrimonio o quelle che già sono convolate. Dalla castità prematrimoniale: “qui si dona una parte di se stessi” – parola dell’Arcivescovo, al “processetto”: “il sacerdote lo presenti all’inizio del corso prematrimoniale” – l’altro consiglio di Nolè. Fino alla fiducia, l’uno dell’altro, con la certezza che “la fedeltà è la misura dell’amore”. Col processetto, nell’Auditorium, si ride pure, grazie a un piccolo sketch proposto da una famiglia membra dell’Equipe di pastorale familiare. A gremire il salone, anche i parroci con le coppie prossime al matrimonio. Accompagnare, una delle parole chiave. Il prete che “dà un po’ del suo tempo ad ascoltare”, la considerazione del Vescovo. Ci sono anche tanti giovanissimi, che ancora sono lontani dal grande passo. “Ma essere oggi qui ci sta” – confidano al giornale diocesano. “Incontri come questi stimolano la riflessione e ci aiutano nel cammino” – aggiungono altri. Per loro, l’Equipe di pastorale familiare, organizzando l’evento, ha pregato. La confidenza, di Zaira Sorrenti, è già un consiglio. Il talamo della preghiera dà sostanza e fondamento allo stare insieme. La vera sfida, oggi, è starci per sempre. Maè una sfida possibile.

Mons. Nolè: gustate il vostro matrimonio

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“Nella castità si dona una parte di sé stessi, la capacità di essere fedeli fino al compimento del matrimonio, fino a quando si è una cosa sola. Non è facile, non è di tutti e non è scontato. Ma è possibile”. Il tema della castità è stato il primo affrontato da monsignor Francesco Nolè, Arcivescovo di Cosenza – Bisignano, nell’incontro con gli innamorati e le famiglie della diocesi. “Avete detto già tutto voi”, l’esordio del presule, che ha sottolineato la ricchezza delle testimonianze proposte durante l’incontro.  “Andare controcorrente significa fare questi incontri, parlare della fede e dell'amore e nella fedeltà” – ha detto mons. Nolè – quasi facendo eco alla provocazione iniziale di Zaira Sorrenti, direttrice dell’Ufficio famiglia: questo incontro si pone come a un’alternativa a San Valentino. “Il matrimonio cristiano, come il matrimonio civile, “è un contratto, ma c'è qualcosa di più. La differenza non la fanno i tanti fiori, la tanta musica, le foto e il mangiare, uno spreco enorme. La fede non toglie nulla ma arricchisce lo spirito. Non toglie nulla alla natura, al divertimento, alla gioia di stare insieme, ma ci mette l'anima, si vive una dimensione più alta, di noi stessi”. E se il processetto può essere presentato già “all'inizio del corso prematrimoniale”, l’invito ai sacerdoti è di “dialogare, spiegare e avere pazienza, dare un po’ del proprio tempo”. Alla base del matrimonio cristiano, oggi, anche una “riscoperta della fede”, da vivere soprattutto nella parrocchia. “La città ha una insidia terribile che è l'anonimato perché è grande. La parrocchia rende possibili relazioni più vere, la gioia condivisa fra di voi”. Tra le insidie del matrimonio, quello della fedeltà. Ma, parola dell’Arcivescovo, “la fedeltà è la misura dell'amore. L'infedeltà non è solo stare con un altro o con un’altra, è pensare che l'altro non basti a me e quindi cercare altro. Insieme dovete cercare gli altri, non da soli, perché l'infedeltà porta al non dialogo” – la certezza di Nolè. “Dobbiamo fidarci dell'altro come Dio si fida di noi”. Il luogo del matrimonio? “Non andate in cerca delle chiese belle, c’è la vostra. La chiesa è bella perché mi appartiene”. Nella comunità parrocchiale, la pienezza della vita coniugale. E se è forte il rischio di abbandonarsi al “dio consumo”, “l’unico vero rischio della nostra vita è che si consumi l’amicizia, l’amore, la fedeltà. Invece, dobbiamo gustare quello che abbiamo”. L’ultima carezza: “gustate il vostro matrimonio”.

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