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L'Azione Cattolica diocesana interviene sulla crisi in Calabria

CI STA A CUORE! “È l’ora della responsabilità sociale che investe ciascuno di noi”.

L'Azione Cattolica diocesana interviene sulla crisi in Calabria

A proposito della situazione di emergenza sanitaria e sociale che sta investendo la nostra regione, la riflessione dell’Associazione della diocesi di Cosenza-Bisignano L’urgenza di non rimanere in silenzio

L’Azione Cattolica della Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, radicata in tutte le realtà della nostra terra, provocata dallo sconcerto che vivono i nostri concittadini dinanzi alla malattia e alla preoccupazione di questo tempo, sente la necessità di intervenire nel rumoroso dibattito che sta accompagnando la questione della sanità in Calabria. Tra la percezione degli eventi e la responsabilità che investe tutti I numeri del contagio, le acclarate inefficienze del sistema sanitario, le preoccupanti notizie sulle non adeguate dotazioni di posti letto, amplificano l’amarezza – ben espressa dai Vescovi di Calabria – e suggeriscono alcune riflessioni critiche dinanzi ad un quadro che assume i colori del grottesco con riferimento alla nomina del Commissario alla Sanità. Non è compito dell’Azione Cattolica commentare o censurare quel che si sta compiendo sotto i nostri occhi; ci sentiamo chiamati, semmai, a proporre alcune considerazioni legate alla percezione degli eventi e alla responsabilità che investe tutti. Le responsabilità di chi doveva attivarsi e invece ha solo confidato che il peggio fosse passato In questo contesto pare prevalere la logica della attribuzione delle colpe a seconda delle convenienze; è evidente, semmai, che la situazione che abbiamo di fronte ci mostra come in uno specchio quello che è diventata la nostra terra. La strutturale incapacità di garantire i servizi essenziali, di offrire rispetto a chi soffre, di prestare cure adeguate a chi si trova nel bisogno, oggi, nel tempo del COVID, non fa altro che rimandarci l’immagine della fragilità non solo delle strutture sanitarie, ma di tutta la nostra società. L’incredibile impegno di tanti medici ed infermieri non può sopperire agli evidenti livelli di precarietà, sottodotazione, disorganizzazione delle strutture sanitarie. Nonostante fossero ben chiari i limiti organizzativi, ben poco è stato compiuto nei mesi che hanno seguito il primo lockdown. È una responsabilità grave che investe non un uomo solo, ma assume ben più ampio spettro: colpisce tutti coloro i quali avevano il compito di attivarsi ed invece hanno solo confidato che il peggio fosse passato. Tutto ciò non appare frutto del caso, ma espressione dell’inadeguatezza di quanti hanno in mano le sorti della nostra regione e non hanno le competenze necessarie. È questa l’immagine che ci viene restituita: una società che, a tutti i livelli, non è in grado di autogovernarsi.

Accusare soltanto taluno è una comoda scorciatoia Non è, però, solo in questione la colpa di chi si è mostrato incapace di gestire il sistema, di costruire scenari di sicurezza. Perché è evidente che la strutturale inadeguatezza dell’organizzazione affonda le sue radici in anni passati e in scelte scellerate delle quali paghiamo il prezzo. Lo spaventoso deficit accumulato nel tempo dalle Aziende Sanitarie, l’incapacità di approvare i bilanci, la permeabilità alle infiltrazioni mafiose, lo sciupìo di danaro pubblico, l’incompetenza gestionale diffusa, sono responsabilità di tanti e di tanti calabresi. Anche di coloro i quali hanno alimentato un sistema clientelare che mai ha smesso di inquinare le logiche di reclutamento e di funzionamento di strutture che, prima di curare il bene pubblico, hanno tutelato e ingrassato il patrimonio di pochi. Esiste una responsabilità diffusa che ha determinato lo scempio che è sotto i nostri occhi.

Accusare soltanto taluno è una comoda scorciatoia per sfuggire alla comune responsabilità. Gettare le basi per uscire dall’emergenza In questo quadro, la querelle sulla nomina del Commissario rischia non solo di nascondere il vero problema ma anche di gettare le basi per una nuova emergenza. Non ci salverà un uomo solo. Confidare nelle capacità prodigiose del singolo, senza - costruire le condizioni per una radicale riorganizzazione del sistema, - destrutturare le inquinate catene organizzative, - attivare corretti processi di reclutamento, - predisporre severi strumenti di valutazione dei risultati, rappresenta il miglior viatico non solo per l’insuccesso, ma anche per la predisposizione di un inutile capro espiatorio. E a soffrirne saranno di nuovo i piccoli e gli ultimi. Riannodare i fili per un nuovo patto ed assumere un nuovo impegno Questo è un tempo che ci chiama alla fraternità, alla ri-costruzione di rapporti di solidarietà, a prenderci di nuovo cura gli uni degli altri, nella consapevolezza di un destino comune che siamo chiamati a costruire non pensando solo all’interesse singolo. È giunto il tempo di rendersene conto, di riannodare i fili di un patto di amore che leghi i cittadini della nostra terra e che superi le logiche che ci hanno condotto a gustare il frutto amaro della paura e del dolore. Tutto ciò si traduce nel dovere di interrogare e compiere le nostre scelte nella consapevolezza della responsabilità sociale che investe ciascuno di noi, nessuno escluso. Sarà un lungo cammino. Ci aiuti l’esempio di Maria che, dinanzi alla chiamata alla responsabilità di dare vita e speranza, “si alzò e andò in fretta” (Lc 1, 39). Cosenza, 24.11.2020 La Presidenza Diocesana di Azione Cattolica

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