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Ecco un action movie riuscito

Convince il quinto episodio di ''Mission impossible''.

Ecco un action movie riuscito

Uno dei generi cinematografici che da sempre hanno goduto di un grande successo è quello del cinema d’azione. Nel passato i gangster movie e i western erano considerati i capolavori del genere, negli anni sessanta, quando i due precedenti filoni sembrano esauristi, nasce proprio il genere a sè: l’action movie. Steve McQueen con il suo Bullit ne è un esempio: inseguimenti mozzafiato sui colli di San Francisco a bordo di auto sportive. Il genere poi cresce nel tempo e trova la sua consacrazione negli anni Ottanta. Basti fare due nomi: Bruce Willis e Mel Gibson, con i loro Die Hard e Arma Letale, pellicole spettacolari di spari e lotte, benedette dal botteghino. Pellicole, inoltre, che inaugurarono, tra le prime, la serialità del genere: e cioè la riproposta degli stessi personaggi in contesti di poco differenti, sempre all’interno di storie in cui l’azione è la vera protagonista.Negli anni Novanta un altro grande divo lancia un action movie destinato a diventare seriale: si tratta di Tom Cruise con Mission impossible. Le avventure della spia Ethan Hunt, interpretate con convincente fisicità dall’attore americano, sono divenute un franchising di successo e non a caso sui nostri schermi è presente la quinta pellicola della saga. Mentre per i primi episodi si era puntato a una regia più autoriale (Brian De Palma e l’esotico John Wood), col tempo i produttori dei film (tra i quali lo stesso Cruise) hanno capito che per questo genere di pellicole non conta tanto il nome e il tocco del regista, quanto la riconoscibilità dei personaggi e soprattutto la spettacolarità delle vicende raccontate. Per la regia della quinta pellicola, perciò, è stato scelto un regista poco noto ma si è lavorato molto sulla storia perché fosse avvincente e capace di coinvolgere il pubblico. Evitando il più possibile scene ricostruite con effetti speciali e utilizzando invece stuntman in grado di dare grande verosimiglianza alle scene d’azione. Anzi Tom Cruise, da sempre maniacale s u questo aspetto, ha rifiutato ogni controfigura per girare anche le scene più pericolose da solo. Come quella iniziale, in cui lo vediamo appeso in aria alla cabina di un aeroplano che sta decollando, o quella in cui recita in apnea prolungata, fino a quella della corsa vertiginosa in moto senza casco e ancora quella del travestimento che non ti aspetti. Non c’è nulla che Tom Cruise non sappia fare, tanto che, nonostante le minacce titaniche, sono tutti tranquilli (la Cia lo cerca con tutti i mezzi? “Non lo troveranno mai”). Non è baldanza né tantomeno ingenuità, è invece parte integrante di un discorso sopra le righe che permea il film di sana ironia.La Cia ha deciso di chiudere la divisione di Ethan Hunt e compagni, giudicandone i metodi troppo caotici e i risultati dettati più dalla fortuna che della professionalità. Basta vedere il caos che hanno fatto al Cremino, ghigna soddisfatto il direttore (Baldwin), che non ha mai avuto l’Imf in simpatia. Hunt però non ci sta e si condanna a ricercato pur di continuare le indagini sul cosiddetto “Sindacato”, un gruppo di agenti addestrati e pericolosi, per lo più dichiarati morti, e invece attivissimi in ogni settore del terrorismo contemporaneo. L’intreccio è tutt’altro che comprensibile, rimane cioè un po’ vago, perché ciò che conta è correre e saltare nella maniera più acrobatica e spettacolare. Basterà dire che il Sindacato è un’organizzazione terroristica che usa come braccia altre organizzazioni terroristiche, in tutto il mondo, per ritorcersi con immenso odio verso chi l’ha creata per altri scopi: credibile è credibile, e attuale quanto basta. Riguardo a salti e corse, invece, quelli van fatti con stile, perché sono la vera sostanza, e McQuarrie (il regista) non delude: all’Opera di Vienna così come sui tornanti fuori Casablanca, combina sapientemente adrenalina e punti macchina, tempistiche da cardiopalmo e tacite promesse di romance. Non manca infatti la love-story, sempre puntualmente impossibile, c he fa da contraltare a tutto il testosterone sviluppato dall’intreccio. Così sia il pubblico maschile che quello femminile sono serviti. Non a caso il film è in vetta al box office italiano (certo in un periodo in cui non ha molta concorrenza), dopo aver conquistato quello, più difficile, americano.

Fonte: Sir
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