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Papa Francesco: Dio non è assente nelle situazioni drammatiche

Udienza generale di papa Francesco, che parla di misericordia e del mistero di consolazione del Signore. Un accenno alle questioni albanesi e, nel saluto ai pellegrini di lingua araba, la vicinanza per le persecuzioni della popolazione del Medioriente.

Papa Francesco: Dio non è assente nelle situazioni drammatiche

“Mi viene il pensiero della vicina Albania, di come dopo tanta persecuzione e distruzione è riuscita ad alzarsi, nella dignità e nella fede. Così avevano sofferto gli israeliti nell’esilio”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, che nella catechesi di oggi si è soffermato sui capitoli 30 e 31 del libro del profeta Geremia, che fanno parte del cosiddetto “libro della consolazione”, perché in essi “la misericordia di Dio si presenta con tutta la sua capacità di confortare e aprire il cuore degli afflitti alla speranza”. “Oggi vogliamo anche noi ascoltare questo messaggio di consolazione”, ha detto il Papa ai circa 25mila fedeli presenti, ai quali ha ricordato che Geremia “si rivolge agli israeliti che sono stati deportati in terra straniera e preannuncia il ritorno in patria”. “Questo rientro è segno dell’amore infinito di Dio Padre che non abbandona i suoi figli, ma se ne prende cura e li salva”, il commento di Francesco: “L’esilio era stata un’esperienza devastante per Israele. La fede aveva vacillato perché in terra straniera, senza il tempio, senza il culto, dopo aver visto il paese distrutto, era difficile continuare a credere alla bontà del Signore”.

“Dio non è assente, Dio è vicino, e neppure oggi in queste drammatiche situazioni”. Lo ha garantito il Papa, sulla scorta del profeta Geremia:  “Il popolo esiliato potrà tornare a vedere la sua terra e a sperimentare la misericordia del Signore”. “È il grande annuncio di consolazione”, il commento di Francesco nella catechesi odierna: “Dio non è assente, Dio è vicino, e neppure oggi in queste drammatiche situazioni. Dio è vicino e fa opere grandi di salvezza per chi confida in Lui. Non si deve cedere alla disperazione, ma continuare ad essere sicuri che il bene vince il male e che il Signore asciugherà ogni lacrima e ci libererà da ogni paura”. “Il Signore è fedele, non abbandona alla desolazione”, ha ripetuto Francesco: “Dio ama di un amore senza fine, che neppure il peccato può frenare, e grazie a Lui il cuore dell’uomo si riempie di gioia e di consolazione”.

“Anche noi possiamo vivere a volte una sorta di esilio, quando la solitudine, la sofferenza, la morte ci fanno pensare di essere stati abbandonati da Dio”. Lo ha assicurato il Papa, che nella catechesi di oggi ha detto a braccio: “Quante volte abbiamo sentito questa parola: Dio si è dimenticato di me, tante volte le persone che soffrono si sentono abbandonate!”. Il riferimento di Francesco è al dramma dei profughi: “Quanti nostri fratelli stanno vivendo in questo tempo una reale e drammatica situazione di esilio, lontani dalla loro patria, con negli occhi ancora le macerie delle loro case, nel cuore la paura e spesso, purtroppo, il dolore per la perdita di persone care!”. “In questi casi – ha proseguito il Papa – uno può chiedersi: dov’è Dio? Come è possibile che tanta sofferenza possa abbattersi su uomini, donne e bambini innocenti?”. “E che anche quando cercano di entrate in un’altra parte, gli chiudono la porta”, le parole pronunciate a braccio: “E sono lì, al confine, perché tante porte e tanti cuori sono chiusi. I migranti di oggi che soffrono, che soffrono all’aria, senza cibo, e non possono entrare. Non sentono l’accoglienza”. “A me piace tanto sentire quando vedo le nazioni i governanti che aprono il cuore e aprono le porte”, l’affermazione di Francesco che è suonata come un appello indiretto alla politica.

“Quando tornarono in patria la bocca gli si riempì di riso”. Sono le parole del salmo citate a braccio dal Papa, per descrivere l’effetto della “consolazione” di Dio sul popolo di Israele. “È una gioia tanto grande”, ha commentato il Papa ancora fuori testo: “È il dono che il Signore vuol fare a ciascuno di noi, con il suo perdono che converte e riconcilia”. “Questo ritornare a Gerusalemme e ai suoi beni è descritto con un verbo che letteralmente vuol dire affluire, scorrere”, ha spiegato Francesco: “Il popolo è visto, in un movimento paradossale, come un fiume in piena che scorre verso l’altura di Sion, risalendo verso la cima del monte. Un’immagine ardita per dire quanto è grande la misericordia del Signore!”. “La terra, che il popolo aveva dovuto abbandonare, era divenuta preda di nemici e desolata”, ha proseguito seguendo il racconto biblico: “Adesso, invece, riprende vita e rifiorisce. E gli esuli stessi saranno come un giardino irrigato, come una terra fertile. Israele, riportato in patria dal suo Signore, assiste alla vittoria della vita sulla morte e della benedizione sulla maledizione. È così che il popolo viene fortificato e consolato da Dio. I rimpatriati ricevono vita da una fonte che gratuitamente li irriga donando loro fecondità”. “Il profeta Geremia ci ha dato l’annuncio, presentando il ritorno degli esiliati come un grande simbolo della consolazione data al cuore che si converte”, ha concluso: “Il Signore Gesù, da parte sua, ha portato a compimento questo messaggio del profeta. Il vero e radicale ritorno dall’esilio e la confortante luce dopo il buio della crisi di fede, si realizza a Pasqua, nell’esperienza piena e definitiva dell’amore di Dio, amore misericordioso che dona gioia, pace e vita eterna”.

“Quando tornarono in patria la bocca gli si riempì di riso”. Sono le parole del salmo citate a braccio dal Papa, per descrivere l’effetto della “consolazione” di Dio sul popolo di Israele. “È una gioia tanto grande”, ha commentato il Papa ancora fuori testo: “È il dono che il Signore vuol fare a ciascuno di noi, con il suo perdono che converte e riconcilia”. “Questo ritornare a Gerusalemme e ai suoi beni è descritto con un verbo che letteralmente vuol dire affluire, scorrere”, ha spiegato Francesco: “Il popolo è visto, in un movimento paradossale, come un fiume in piena che scorre verso l’altura di Sion, risalendo verso la cima del monte. Un’immagine ardita per dire quanto è grande la misericordia del Signore!”. “La terra, che il popolo aveva dovuto abbandonare, era divenuta preda di nemici e desolata”, ha proseguito seguendo il racconto biblico: “Adesso, invece, riprende vita e rifiorisce. E gli esuli stessi saranno come un giardino irrigato, come una terra fertile. Israele, riportato in patria dal suo Signore, assiste alla vittoria della vita sulla morte e della benedizione sulla maledizione. È così che il popolo viene fortificato e consolato da Dio. I rimpatriati ricevono vita da una fonte che gratuitamente li irriga donando loro fecondità”. “Il profeta Geremia ci ha dato l’annuncio, presentando il ritorno degli esiliati come un grande simbolo della consolazione data al cuore che si converte”, ha concluso: “Il Signore Gesù, da parte sua, ha portato a compimento questo messaggio del profeta. Il vero e radicale ritorno dall’esilio e la confortante luce dopo il buio della crisi di fede, si realizza a Pasqua, nell’esperienza piena e definitiva dell’amore di Dio, amore misericordioso che dona gioia, pace e vita eterna”.

“Quante esperienze di esilio, di espatrio, di dolore e di persecuzione ci spingono a dubitare, perfino, della bontà di Dio e del suo amore per noi!”. Lo ha esclamato il Papa, salutando i fedeli di lingua araba presenti tra le 25mila persone in piazza San Pietro. Rivolgendosi in particolare ai pellegrini provenienti dal Medio Oriente, Francesco ha spiegato che il dubbio “si dissipa di fronte alla verità che Dio è fedele e compie le sue promesse per coloro che non ne dubitano e per coloro che sperano contro ogni speranza”. “La consolazione del Signore – ha assicurato il Papa – è vicina a chi sa attraversare la dolorosa notte del dubbio, aggrappandosi e sperando nell’alba della misericordia di Dio, che tutta l’oscurità e l’ingiustizia non potranno mai sconfiggere”.

Fonte: Sir
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