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La lettera pastorale dei Vescovi calabresi per il VI Centenario della nascita di San Francesco

"Dio vi aspetta a braccia aperte" tratta temi attualissimi per la Calabria, dall'a 'ndrangheta, al problema lavoro alla corruzione.

La lettera pastorale dei Vescovi calabresi per il VI Centenario della nascita di San Francesco

DIO VI ASPETTA A BRACCIA APERTE

Lettera pastorale dei Vescovi Calabresi

In occasione del VI Centenario della nascita di S. Francesco da Paola

1416 - 27 marzo - 2016 

Sorelle e fratelli carissimi,

il prossimo 27 marzo ricorre il VI Centenario della nascita di S. Francesco da Paola, Patrono della Calabria. Noi, Vescovi delle diocesi di Calabria, sentiamo il dovere di rivolgerci a tutti voi per fare memoria di questo figlio illustredella nostra terra e Santo della nostra Chiesa, che ha incarnato i valori più alti della nostra storia e cultura e li ha diffusi nel mondo. Vogliamo ricordare, pertanto, gli esempi della sua vita e riproporre i valori che ha testimoniato durante la sua lunga esistenza: visse per 91 anni, facendo penitenza. La sua vita fu sempre la stessa. Così i contemporanei esaltarono i suoi lunghi anni, vissuti all’insegna del Vangelo.

 

1. Dio vi aspetta a braccia aperte

La Provvidenza di Dio ha voluto far coincidere in questo anno di grazia 2016 due celebrazioni: il Centenario della nascita di S. Francesco e il Giubileo straordinario della misericordia. Perciò a questa nostra lettera abbiamo voluto dare come titolo l'invito che S. Francesco spesso rivolgeva alle persone: Correggetevi e pentitevi dei vostri peccati passati, poiché Dio vi aspetta a braccia aperte. Egli ci conferma nella certezza di fede, ricordata e celebrata quest'anno: Dio ci aspetta a braccia  aperte, perché è Padre di misericordia. Vogliamo, pertanto, presentarvi S. Francesco come esempio e proposta di misericordia, perché la sua vita e il suo messaggio penitenziale trovano la loro sintesi in questo annuncio: Dio ci vuole bene e non ci abbandona. S. Francesco portò dovunque lo stesso annuncio di misericordia che S. Paolo portò ai primi cristiani: Lasciatevi riconciliare con Dio (2Cor 5, 20). Noi speriamo e preghiamo che S. Francesco impetri il dono della misericordia soprattutto per gli abitanti della nostra Regione.

 

2. Luce di misericordia

S. Giovanni XXIII, nel proclamarlo patrono della Calabria, lo definì Luce della Calabria.

In verità, il rapporto con il fuoco e la luce ha contrassegnato tutta la sua vita. La fede popolare ha accolto lo stereotipo letterario medievale delle vite dei santi e ci ha trasmesso che alla nascita sulla sua casa apparve come una colonna di fuoco. Ma è nella sua vita che si parla spesso di luce e di fuoco per esprimerne la santità. I suoi contemporanei hanno raccontato di averlo visto avvolto di luce mentre era rapito in estasi, mentre di notte si trovava a pregare in una vallata vicino al convento di Paola, a Napoli in una stanza del Castello, a Tours in una grotta del Parco reale.

La dimestichezza col fuoco, poi, è un aspetto caratteristico della sua vita. È entrato nella fornace ardente, sia a Paola che a Paterno, per ripararla; ha preso il fuoco tra le mani, come segno che si può avere fiducia nell’assistenza divina, quando ci si trova dinanzi a scelte difficili e impegnative, per le quali la fede e la carità giocano un ruolo importante. Ma, soprattutto, ha irradiato luce con la sua vita, muovendosi nella società del suo tempo come costruttore di speranza e di giustizia tra i più poveri; costruttore di pace tra le nazioni; promotore e profeta di conversione all’interno della Chiesa. Ha avuto coscienza di essere stato inviato da Dio per proclamare la grazia e la misericordia del Signore (Lc 4, 16-19; Is 61, 1-2). E non si è tirato indietro, ma ha svolto questa missione per tutta la vita. Perciò, Leone X, quando lo canonizzò, lo definì astro splendente nella Chiesa, acceso da Dio per diradare le tenebre del male e del mondo.

 

3. Profeta di penitenza e di misericordia

Il Papa Giulio II, approvando la Regola per la sua famiglia religiosa, definì lui e la sua proposta di vita: Luce che illumina i penitenti nella Chiesa. Ha chiarito così, una volta per sempre, la sua collocazione all’interno della Chiesa: Dio l’ha voluto come continuo richiamo a quella penitenza per il Regno (Mc 1, 15), proclamata da Gesù e dal Battista (Lc 3; Mt 3; Mc 1, 1). Una penitenza che, ancor prima di essere sforzo morale da parte dell’uomo, è dono di Dio (Rm 3, 21ss.). Francesco visse il suo ascetismo contemplando il Crocifisso e implorando il perdono per i peccati dell’uomo, che rinnovano a Gesù la sofferenza della croce (Eb 6, 6). È  anche il messaggero della misericordia, che accoglie, converte, riabilita, ridona serenità e speranza. La penitenza cristiana, infatti, vive dell’offerta sacrificale di Cristo e si colloca, perciò, nell’ottica della misericordia: Misericordia io voglio e non sacrificio (Mt 9, 13); Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo (Gv 12, 47). Il Relatore della Causa della canonizzazione di S. Francesco ha sintetizzato così il suo modo di esercitare la misericordia: Sebbene amasse la solitudine della cella si aprì con una straordinaria umanità a quanti ricorrevano a lui ed erano affetti da varie malattie prodotte dalle passioni. Il monito dell’umana condizione piegava i superbi e gli orgogliosi; l’attesa della misericordia divina sollevava gli infelici e gli sfiduciati;  la consolazione piena della sapienza asciugava le lacrime di coloro che piangevano.

 

4. S. Francesco di Paola come Giovanni Battista

I contemporanei guardavano ammirati l’Eremita di Paola e, per valutare la sua scelta di vita e la sua testimonianza nella Chiesa, lo paragonarono fondatamente a S. Giovanni Battista. Al Precursore del Signore si è guardato nella Chiesa ogni volta che si è sperato nella conversione del cuore per rinnovare la Chiesa. Richiamare il Battista mentre si guardava a Francesco, al suo stile austero di vita, alla severità con la quale affermava le esigenze di Dio, al coraggio di affrontare chiunque fosse bisognoso di conversione: il ricco o il povero, il potente o l’umile, il Signore o il servo, significava sperare ancora che il Signore, per mezzo di Francesco, avrebbe salvato la Chiesa dalla crisi che allora l’attraversava. I due profeti, come voci di Dio, erano accomunati dal profondo amore per Gesù, dinanzi al quale entrambi si dichiararono umili, minimi: Io sono voce che prepara (Gv 1, 23) diceva il Battista, ed è opportuno che lui cresca ed io diminuisca (Gv 3, 30). Io sono il Minimo dei minimi servo del Signore Gesù Cristo, affermava Francesco. Il Precursore predicava una conversione per accogliere il Signore, che stava per manifestarsi al mondo; Francesco invitava a pentirsi dei propri peccati e a ritornare sulla via dei comandamenti  e del timore del Signore. Entrambi davano forza alla loro predicazione con un regime di vita molto austero, sia nella scelta del luogo dove abitare, sia nel modo di vestirsi, sia nella sobrietà del cibo. Nel deserto entrambi invitavano la gente a fare esperienza dell’amore di Dio e a convertirsi (Mt 3, 1ss). Ed erano perciò credibili e affidabili.

 

5. S. Francesco, dono della misericordia di Dio per la nostra conversione

La misericordia è dono gratuito di Dio, che stende la sua mano su di noi e sulle nostre colpe, senza nostro merito. Questa mano ci dà la possibilità di rialzarci dalle nostre cadute, di riabilitarci nella nostra dignità di figli adottivi di Dio, di riottenere i beni della grazia perduti a causa del peccato, anche mediante le celebrazioni sacramentali. La misericordia di Dio ci offre i mezzi e le occasioni perché noi possiamo convertirci, e ci pone sulla strada del nostro ritorno a Lui.

Il Papa ci ha proposto il Giubileo della misericordia in questo tempo difficile per tutti: per la Chiesa, per le Nazioni, per il futuro del nostro pianeta, per i poveri soprattutto e per gli emarginati e gli scartati della vita, per non abbatterci, ma per sollevare il capo pieni di fiducia e di speranza, esortandoci alla conversione del cuore.

S. Francesco è ancora oggi  un dono della misericordia di Dio, che chiama ogni donna ed ogni uomo alla conversione. Quanti lo hanno incontrato e si sono accorti della presenza di Dio in lui, si sono sentiti chiamati a cambiar vita ed a impostare un nuovo rapporto con Dio vissuto nella comunione, nella penitenza e nella preghiera. Tale esperienza noi vi auguriamo di fare in questo anno di grazia, carissimi fratelli e sorelle, al di là delle forme devozionali popolari, con le quali è tenuta viva in mezzo a voi la santità di Francesco. Vi auguriamo che possiate incontrarlo veramente nella sua interiorità più profonda e ascoltare il suo invito: Va’ pulisci la tua casa, cioè la coscienza e sii un buon cristiano. S. Francesco ci faccia scoprire la bellezza del sacramento della riconciliazione, che ci immette nella vita nuova e ci dà la gioia, se pentiti e disponibili a non peccare più, di accogliere gioiosamente la misericordia del Padre.

 

6. Nella famiglia la prima esperienza della misericordia di Dio

I due Sinodi dei Vescovi sulla famiglia hanno richiamato l’attenzione, in questo momento di grave crisi di valori, sull’importanza nel piano di Dio della famiglia, fondata sull’amore tra uomo e donna e aperta al dono della vita. È al suo interno che un figlio fa la prima esperienza della misericordia di Dio, perché è tramite l’amore dei genitori che egli si accorge di aver ricevuto il dono della vita da un Dio che ci ama; è nella cura amorevole che papà e mamma gli dimostrano che egli si sente che Dio non lo abbandona; è nella saggezza dell’educazione dei genitori che egli impara che la legge di Dio è un dono per la vita.

Il ricordo della nascita di S. Francesco non può che richiamarci il peso che hanno avuto mamma Vienna e papà Giacomo nella sua educazione. Essi accolsero Francesco come dono della misericordia di Dio, che rispose alle preghiere per avere il dono di questo figlio e per ottenerne la guarigione dalla malattia che lo colpì agli occhi appena nato. Consapevoli che Francesco era dono di Dio, lo educarono nel contesto di quella fede cristiana semplice che essi professavano: accoglienza della volontà di Dio, timore del suo santo nome, fedeltà ai comandamenti, obbedienza alla Chiesa e rispetto caritatevole per gli altri, con i quali condividevano le sofferenze attraverso l’elemosina e le altre opere di misericordia corporale e spirituale. Francesco assorbì bene questa educazione. Se, da una parte, cresceva nella preghiera e nella devozione verso Dio, dall’altra imparava ad essere caritatevole verso i poveri. L’eremita Francesco, che accoglie numerosi poveri ed emarginati e difende la loro causa, ha avuto la sua prima formazione cristiana in famiglia, alla scuola dei suoi genitori.

Cari genitori, impegnatevi fortemente nella trasmissione della fede, per offrire ai vostri figli il vero volto di Dio, che è amore misericordioso; e per educarli ad una cultura di misericordia e di carità. Abituateli allo spirito di fraternità e alla condivisione sin dalla più tenera età; non cedete alla cultura consumistica, che trasforma l’amore in uno sforzo di far affogare i figli in beni di consumo, che non riempiono mai il cuore, anzi generano nuovi disagi.

 

7. La misericordia si alimenta con la preghiera

La consapevolezza che Dio si manifesta a noi con il volto della misericordia ci spinge a chiedere questo dono nella preghiera. Dobbiamo pregare per diventare misericordiosi come il Padre, secondo l’invito di Gesù (Lc 6, 36). Pregare non moltiplicando parole e formule, ma cercando di penetrare il mistero del cuore di Dio, affinché alla scuola della sua infinita misericordia impariamo anche noi ad essere misericordiosi.

S. Francesco apprese la misericordia dinanzi al Crocifisso, la cui immagine l’accompagnò in tutta la sua vita spirituale, dall’esperienza di S. Marco Argentano sino alla morte, che avvenne di Venerdì Santo abbracciando e baciando un Crocifisso, dopo aver ascoltato la lettura della Passione. La sua preghiera, appropriata alle sua vita di eremita e di penitente, fu anzitutto pura, nel senso che non fu influenzata da alcun condizionamento, né interiore né esteriore; fu anche assidua, nel senso che non perdette mai il legame e il riferimento a Dio. Di lui si diceva che o pregava o dava l’impressione di uno che pregava. Dalla preghiera incessante, sorretta dall’ascesi, egli imparò ad essere misericordioso ed ad aprirsi alle sofferenze degli altri, sulle quali si inchinò con compassione. Accogliendo l’insegnamento biblico (Tb 12, 8: Buona cosa è la preghiera unita al digiuno), poggiò la Regola del suo Ordine sulla preghiera e sul digiuno per far diventare i suoi seguaci, tra loro e con gli altri, benigni, mansueti ed umili: virtù che fanno parte della misericordia.

In questo anno giubilare è bello riscoprire il valore della preghiera che ci apre alla comunione con Dio. S. Francesco la paragona ad un messaggero che compie il suo mandato, giungendo là dove non può arrivare la carne. Impareremo anche noi a vedere gli altri con gli occhi stessi di Dio e diventeremo quindi più misericordiosi. Vi esortiamo alla preghiera personale e alla preghiera comune in famiglia. Quante tensioni svanirebbero, se si pregasse di più assieme, in quanto si percepirebbe, secondo la sua promessa (Mt 19, 20), la presenza di Gesù! 

 

8. I sacramenti e la molteplice grazia della misericordia

La fonte ove attingere il dono della misericordia sono i sacramenti, che Gesù ha messo nelle mani della Chiesa come segni efficaci per portare a compimento la sua opera di salvezza. L’amicizia con Dio, ri-guadagnata da Gesù morendo sulla croce (Ef 2, 1ss.), ci viene garantita dall’azione potente dei sette sacramenti. Ognuno di essi, per la forza dello Spirito Santo, ci consente un modo sempre nuovo di attingere il dono della misericordia: da quella che ci rende figli adottivi di Dio nel Battesimo, a quella della Penitenza, che ci restituisce l’amicizia con Dio persa con il peccato; dalla misericordia, che ci rende testimoni forti del Vangelo nella Confermazione a quella che ci nutre del Pane dei forti nell’Eucarestia; dalla misericordia sperimentata nella malattia attraverso l’Unzione dell’Olio della misericordia, a quella che ci abilita, secondo le rispettive vocazioni, al servizio della famiglia nel Matrimonio o a servizio della comunità di fede nell’Ordine Sacro.

Questo è il cammino della santità che ci conduce in Paradiso. E questo è stato anche il cammino della santità di S. Francesco: la vita sacramentale, che in lui è stata assidua ed intensa. Le opere meravigliose da lui compiute appartengono ad una sua personale missione, che Dio gli ha affidato; essi, pertanto, sono secondari per la sua santità.

Vi auguriamo, cari fedeli, che possiate scoprire la grazia di tutti i sacramenti, desiderati come partecipazione alla vita di Cristo e non solo come ossequio alla nostra tradizione cattolica. Prepariamoci con fede quando decidiamo di riceverli, particolarmente per ottenere l’indulgenza giubilare. Riscoprite in modo particolare, nell’Anno santo, il sacramento della riconciliazione, al quale teneva tanto S. Francesco. Voi presbiteri siate disponibili a dedicare più tempo all’ascolto della confessioni, aiutandovi reciprocamente nella vita pastorale.

 

9. La misericordia, frutto della penitenza

Sia per ricevere il dono della misericordia, sia per donarlo agli altri, è necessario avere un cuore puro, libero cioè da ogni incrostazione egoistica, che ci fa sentire giusti davanti a Dio e ci rende duri nei confronti delle fragilità degli altri. È necessario, allora, un cammino di liberazione, che la penitenza cristiana promuove e favorisce e che, nella Regola lasciata ai suoi religiosi e seguaci, S. Francesco ha così espresso: Il digiuno purifica la mente, sublima i sensi, sottomette la carne allo spirito, fa il cuore contrito e umiliato. Scegliendo la vita eremitica sin dalla giovinezza, egli si è messo su questo cammino ed è diventato, così, capace di immedesimarsi nelle sofferenze degli altri e libero di essere difensore dei poveri  e degli scartati, contro ogni forma di ingiustizia.

Se percorriamo anche noi questo cammino, saremo capaci di comprensione e di accoglienza nei confronti di chi sbaglia e cade nel peccato, ma aspetta l’invito tenero di Dio a convertirsi. S. Francesco ci insegna che la consapevolezza di essere noi stessi bisognosi di conversione, ci renderà compassionevoli verso gli altri e ci insegnerà a coniugare misericordia e giustizia.

 

10. Misericordia e rinnovamento della Chiesa

Bisogna essere misericordiosi nei confronti della Chiesa in genere e della nostra comunità di appartenenza in particolare. Troppi scandali, troppe incoerenze, troppi errori, troppe connivenze hanno offuscato il volto della Chiesa e le hanno tolto alcune volte anche la credibilità. È un esame di coscienza che dobbiamo fare tutti: Vescovi, presbiteri, diaconi, ministri istituiti, religiosi, operatori pastorali, tutti i credenti, soprattutto coloro i quali nella loro vita o nelle loro attività si fregiano del nome cristiano, o hanno dato luogo ad una famiglia cristiana fondata sul sacramento del Matrimonio. La Chiesa esige sequela di Gesù, impegno concreto nella vita personale e in quella sociale. Essa non può tollerare  altri scandali, anche se questi, purtroppo, hanno accompagnato e accompagneranno sempre la vita di ogni istituzione a causa della fragilità umana. Dobbiamo essere misericordiosi verso la nostra Madre Chiesa, non tollerando il peccato, ma distruggendolo, e tuttavia offrendo una possibilità di perdono ai peccatori. Il Papa ha indetto questo Giubileo della misericordia perché la Chiesa intera si purifichi e riscopra la sua bellezza di sposa del tutto dedita al suo Sposo, che è il Cristo.

S. Francesco di Paola ci sarà di esempio e di sprone. Pur professando obbedienza incondizionata alla Chiesa, non ha omesso di rimproverare e di richiamare alla conversione le donne e gli uomini di Chiesa, quando ha giudicato di doverlo fare. Dal rimprovero del lusso, che ostentava un Cardinale incontrato a Roma (Gli Apostoli di Cristo non andavano in giro in questo modo), all’invito alla conversione rivolto al Parroco di Paola (va’ pulisci la tua coscienza, perché hai celebrato la messa in modo indegno), al richiamo rivolto al Papa Alessandro VI, che, come ogni altro principe italiano, cercava di allargare, anche con guerre, i confini dello Stato Pontificio (Dio ti ha scelto a questa Sedia perché tu promuova la pace tra i principi cristiani), alla nascita della sua famiglia religiosa, che vuole ancorata ai principi e alle regole, posti alla base del movimento riformatore della Chiesa del secolo XV.

 

11. Misericordia e perdono

Il biografo anonimo di S. Francesco dice che era austero con se stesso e molto umano con gli altri. Ha dimostrato questa umanità soprattutto nell’esercizio del perdono cristiano. Nella sua vita ha dovuto sperimentare opposizioni di ogni genere, attacchi personali, calunnie e insulti. Molti medici ridevano dei suoi miracoli e delle ricette date a chi gli chiedeva la guarigione. Alcuni suoi concittadini si dimostravano diffidenti nei suoi confronti. Anche da parte della Santa Sede ci furono riserve e inchieste. Il re di Napoli non lo sopportava perché era molto critico verso la sua politica contro la povera gente e di disinteresse per la difesa dei confini del Regno dalle invasioni Turche.

Il nostro Santo seppe attendere paziente l’azione potente di Dio, che premia sempre il giusto e al momento opportuno ristabilisce verità e giustizia. Perciò non ha mai risposto male per male, non si è mai vendicato; sempre disponibile, invece, a riabbracciare quanti lo avevano umiliato e aggredito. Ha esortato i suoi seguaci a perdonare sino a dimenticare il torto ricevuto, e a convincersi che nelle liti e in ogni discordia bisogna puntare sempre alla riconciliazione e alla pace. Quando ricevette nel romitorio di Paterno Calabro il frate Francescano che in Chiesa ripetutamente lo aveva accusato di essere un imbroglione, egli con molta dolcezza e carità, prese del fuoco tra le mani e glielo offrì dicendo: Scaldatevi.

Che forza avrebbe la famiglia se la cultura della misericordia istillasse in tutti la disponibilità al perdono e alla riconciliazione, anche dinanzi al peccato dell’infedeltà! Con l’odio e la vendetta non si costruisce né una famiglia, né una società serena e tranquilla, e né si crea benessere. Noi calabresi non dobbiamo dimenticare le faide, che hanno insanguinato tanti nostri paesi, creando morti, paure, fughe dai propri territori d’origine. Non possiamo permettere che ciò si ripeta.

Carissimi giovani, soprattutto a voi vogliamo presentare la figura di S. Francesco come modello di vita, non tanto come eremita penitente, perché ognuno di noi ha la sua particolare vocazione, quanto per quegli ideali e valori cristiani, che ha saputo realizzare fin dalla pre-adolescenza. Vi invitiamo, pertanto, a educarvi ad uno sguardo di misericordia sul mondo, soprattutto quello più vicino a voi. La vostra voce critica, che è segno di speranza, sia sempre accompagnata dalla misericordia. S. Francesco ha saputo elevare il suo grido di giustizia e chiedere cambiamenti nella società, ma senza essere un ribelle e senza usare metodi violenti.

 

12. La misericordia e il coraggio della verità

Una forma di misericordia, praticata con coraggio da S. Francesco, è stata la denuncia di ogni male: spirituale, morale, sociale, politico, economico. Ha avuto il coraggio di mettersi di fronte ai re e ricordare che il denaro, che arricchiva le loro casse, era il sangue dei poveri. Da lì il grido: Sire, restituite quanto avete rubato ai poveri. Dinanzi agli uomini di Chiesa ha gridato il bisogno di riformare la comunità di Cristo. Considerando le ristrettezze economiche dei più poveri, pur rivendicando la legittimità delle tasse, ha affermato il principio che i poveri devono esserne esentati. Ha sempre tenuto in conto la centralità della persona, richiamando il valore della vita umana contro l’aborto, l’obbligo dell’assistenza degli anziani da parte dei figli, il rispetto anche del colpevole che potrebbe comunque pentirsi e cambiare vita. Il coraggio della verità lo  portò sino all’estremo pericolo del carcere. Solo un miracolo lo salvò dall’essere arrestato dai soldati inviati a Paterno dal re di Napoli.

In questo Giubileo della misericordia, l’amore che portiamo al bene comune e alla nostra terra, la speranza di un futuro diverso, da realizzare anche mediante oculate scelte politiche, economiche e amministrative, ci liberi finalmente dalla paura della ‘Ndrangheta e da ogni altra forma di oppressione fisica e morale! Evitiamo ogni forma di collusione con il male, educhiamoci al coraggio della verità e  a denunciare ogni forma di peccato presente in mezzo a noi, soprattutto la corruzione, i condizionamenti, le estorsioni e le minacce dei mafiosi. Sarà un atto prezioso di misericordia verso la comunità religiosa e civile.

 

13. Misericordia ed accoglienza

L’accoglienza è una delle manifestazioni più belle della misericordia. Tutti vorremmo sentirci accolti ed amati. Si accoglie un altro perché si vuole condividere la sua sofferenza e venire incontro ai suoi bisogni. È quanto possiamo verificare nel nostro Santo, che si è mostrato sempre accogliente. La sua missione iniziò a Paola quando, la grotta prima e il convento dopo, diventano il luogo ove accoglie con amore e generosità, senza alcuna distinzione, tante persone, che si rivolgevano a lui per i più svariati bisogni, anche i malati più gravi, come i lebbrosi. Viene così incontro ai poveri, ai malati, a quanti erano disperati per la malattie dei loro parenti, a quanti erano bisognosi di conforto e di speranza, a quanti si tormentavano per il rimorso dei propri peccati. Diffonde attorno a sé una cultura di misericordia, come lascia intravedere il Vescovo di Cosenza Pirro Caracciolo, che comunica a Roma questo apostolato di accoglienza, dal quale scaturivano nella gente gesti di pacificazioni.

È una grande lezione per noi, oggi, che siamo chiamati da questo Giubileo della misericordia a riproporre a noi stessi e alla nostra società la cultura della misericordia e del perdono, per poter superare, come dice Papa Francesco, la globalizzazione dell’indifferenza e la cultura dello scarto, e aprirci all’accoglienza dinanzi al fenomeno epocale dell’immigrazione di quanti fuggono dalla guerra, dalla violenza e dalla fame.

 

14. Misericordia e giustizia

Sappiamo quanto sia difficile coniugare la giustizia con la misericordia. La prima, intesa come retribuzione per il proprio comportamento, spesso si trasforma in vendetta, rendendo i rapporti interpersonali difficili e violenti. Invece, secondo come ci insegna S. Paolo (Rm 3, 21-26), la giustizia di Dio è la manifestazione della sua misericordia, che naturalmente non esclude la doverosa riparazione per il male commesso. Ma quale delle due virtù deve prevalere nell’attività punitiva e rieducativa degli educatori e delle stesse istituzioni?

S. Francesco, nella Regola lasciata ai suoi figli, ha offerto una indicazione straordinaria: Nel correggere i superiori uniscano la verga con la manna, l’olio con il vino, cioè la giustizia e la misericordia… correggano nel contesto di una vera giustizia in modo da non disperdere da essa la misericordia; e usino tanta misericordia da non dividere da essa la giustizia. Al centro di questa raccomandazione egli mette il rispetto per la dignità della persona umana, anche di chi ha sbagliato. Bisogna accostarsi al colpevole con lo stile di Gesù, che si è accostato alle nostre debolezze con pietà e compassione, sino a condividere lo stesso dolore e la stessa afflizione. Vogliamo inviare il nostro pensiero affettuoso a tutti i carcerati ed invitarli a  fare tesoro  della grazia del Giubileo per un sincero ritorno a Dio, attraverso il pentimento per il male liberamente commesso, la disponibilità al risarcimento dei danni inferti alla società, la promessa di una vita rinnovata. Incoraggiamo i collaboratori di giustizia a continuare su questa strada di presa di distanza dall’omertà e dal silenzio, che è una prova concreta, dinanzi alla società, della loro volontà di cambiamento e di riabilitazione. Sosteniamo, poi,  la richiesta di Papa Francesco di un gesto di clemenza nei confronti dei detenuti da parte delle Autorità competenti.

Dobbiamo imparare molto dal nostro Santo per essere misericordiosi e per non lasciarci coinvolgere dall’atteggiamento violento e senza cuore di chi cerca una giustizia solo come punizione del colpevole, senza alcun gesto di misericordia e senza speranza di recupero del deviante. Dio ci chiama a praticare una giustizia più alta, che è il desiderio di usare misericordia e perdono, nell’attesa del sempre possibile cambiamento del cuore.

 

15. Misericordia e cultura dell’essenziale

Papa Francesco intenzionalmente ha voluto legare questo Giubileo della misericordia al superamento della cultura dello scarto, per inseguire una cultura dell’essenziale, che diventa anche amore e rispetto dell’ambiente, al quale ci ha richiamati con l’Enciclica: Laudato si’. Chi meglio di S. Francesco di Paola può guidarci in questo cammino? Il suo ascetismo e la sua proposta penitenziale sono una contestazione aperta della civiltà consumistica e costituiscono una sollecitazione forte per un cammino austero e rispettoso della vita e dell’ambiente. Il consumismo conduce l’uomo agli antipodi della misericordia, perché rende egoisti, arrivisti, violenti, insensibili ai bisogni e necessità dell’altro, sordi agli appelli provenienti dalla casa comune, che è la terra, troppo martoriata da uno sfruttamento senza regole. La sete di denaro rende schiavo l’uomo. Il malessere diffuso che ci circonda , sia quello individuale come quello  collettivo e ambientale nasce dalla sete insaziabile di beni.

S. Francesco ha definito il denaro vischio dell’anima, che porta a perdizione molte persone; ha invitato tutti, perciò, accogliendo l’esortazione di S. Pietro (1Pt 2, 11), a farsi stranieri e pellegrini in questo mondo che passa; ha invitato, seguendo il monito di S. Paolo (1Cor 7, 29-31), a considerare i beni di questo mondo fugaci, perché sono come ombra che presto si dissolve; sulla base delle parole di Gesù (Mt 4, 4), ha insegnato a cercare il necessario per vivere e condividere con gli altri non solo il superfluo ma anche i propri beni, come faceva lui all’eremo di Paola, dove con i suoi frati riceveva le elemosine e le distribuiva ai poveri.

Impariamo anche noi ad accontentarci di quanto il Signore ci dona ed evitiamo qualsiasi comportamento di saccheggio del pianeta; se guardiamo alle povertà che esistono attorno a noi, abbiamo bisogno veramente di instaurare una relazione di condivisione e di solidarietà, oltre che di cura per la casa comune. S. Francesco ha invitato sempre a condividere con il povero e a distribuire quanto avanza dal proprio bilancio in favore di buone cause.

 

16. Misericordia e impegno sociale e politico

La misericordia non può essere confinata solo ad un sentimento, che, per quanto nobile, può alla fine risultare inoperoso. La misericordia deve avere un riscontro anche sociale, economico e politico. Ecco perché papa Francesco, indicendo l’Anno giubilare, ha richiamato la nostra attenzione sui peccati di corruzione, di delinquenza organizzata e di distruzione del creato. Il cambiamento per il Regno di Dio, predicato da Gesù e vissuto da S. Francesco di Paola, non può risolversi in un fatto emotivo e interiore, ma deve avere delle ripercussioni anche nelle relazione istaurate con il biosistema e con gli altri nella vita familiare, sociale, economica e politica.

S. Francesco ha testimoniato questo impegno intervenendo per come ha potuto nella questione sociale del tempo. La comunione con Dio gli ha dato la libertà, il coraggio e la forza di farsi interprete della voce degli oppressi dai gravami politici e fiscali del regno di Napoli. Verità, libertà e carità lo hanno mosso continuamente per un’azione di misericordia, che ha guardato i singoli, le istituzioni, l’ambiente. A lui era sufficiente accorgersi della verità delle cose, perché la carità lo spingesse ad intervenire con libertà e decisione.

In che modo possiamo imparare anche noi a coniugare verità, libertà e carità?

La fede nella misericordia chiede anche a noi di prendere posizione dinanzi ai problemi sociali. Anche noi, destinatari dell’annuncio della misericordia e dell’anno di grazia, predicati dal Battista e da Gesù, rivolgiamo idealmente la domanda: E noi che cosa dobbiamo fare? (Lc 3, 10-14). Ricordiamo anzitutto la formazione delle coscienze morali, attraverso la normale catechesi in famiglia e in parrocchia, ma anche le varie scuole di teologia, di politica, di dottrina sociale… presenti un po’ in tutte le Diocesi. Riflettendo, poi, che la questione sociale può prendere nella nostra Regione diversi nomi, vogliamo ricordare ora tre ambiti particolari: la questione del lavoro, la corruzione politica, la piaga della ‘Ndrangheta. Essi metteranno alla prova la verità della nostra volontà di rinnovamento di vita e di adesione al Vangelo, che farà ripartire con certezza la nostra Regione su basi di una speranza raggiungibile e realizzabile. Saranno tre banchi di prova per l’esercizio della nostra misericordia.

 

17. Misericordia e occupazione, soprattutto giovanile

La mancanza di lavoro nella nostra Regione è la piaga che diventa sempre più purulenta. Stiamo assistendo impotenti all’aumento dell’inoccupazione e della disoccupazione, alla fuga dei giovani dalla nostra terra: le menti più dotate, dei giovani più accreditati presso le nostre università, dei più promettenti, se possiamo esprimere tale giudizio su alcuni di loro. Molti li conosciamo di persona, per averli avuti protagonisti nei nostri gruppi parrocchiali. Se ancora una volta denunciamo una politica cieca in tal senso e imploriamo rimedi normativi ed economici ormai improcrastinabili, dobbiamo anche richiamare l’attenzione di tutti sul fatto che le occasioni di lavoro possono essere create, senza aspettare i miracoli dall’alto e sfruttando al massimo le possibilità che ci sono offerte dal nostro territorio, rinnovando il nostro modo di affrontare il problema del lavoro e guardando alle potenzialità e alle risorse della nostra terra.

Con gioia noi vediamo tanti giovani che cercano di fare impresa nel turismo e nell’agricoltura, vera risorsa della nostra terra; giovani che si stanno associando in cooperative per il rilancio del turismo e dell’artigianato, rispolverando gli antichi mestieri dei nostri padri e valorizzando le opportunità che la storia, l’arte, l’archeologia, i centri storici, i sistemi idrogeologici e naturalistici. Speriamo che i segnali di apertura e di appoggio che la politica della nostra Regione sta dando in tal senso, servano a spianare la strada a tante altre iniziative.

Non possiamo non offrirvi la figura di S. Francesco, sempre attivo e creativo nel lavoro, quando era alle prese con la costruzione dei suoi conventi e con il lavoro dei campi, per sostenersi. E ciò anche in Francia, dove, pur potendo avere tutto e vivere tranquillamente la sua vecchiaia, chiese al re un pezzo di terreno per coltivarlo al fine di ricavarvi il suo austero nutrimento.

 

18. Misericordia e corruzione politica.

Con i governanti del suo tempo S. Francesco non fu tenero, senza mai escluderli, però, dalla prospettiva della conversione da lui costantemente predicata. Per la costruzione dei conventi non ha mai preso denaro, che, anche lontanamente, potesse derivare dall’imbroglio o dall’ingiustizia; ma ha accettato la mano d’opera spontanea della gente: umili e potenti, ricchi e poveri, padroni e servi. Il furto e la rapina erano particolarmente combattuti da lui, sia che a rubare fossero i ricchi con la loro violenza, sia che fossero i poveri per la loro sopravvivenza. Contro i politici corrotti ha avuto parole durissime: Guai a chi regge, e mal regge, guai ai Ministri dei Tiranni e alle tirannie, guai ai Ministri di giustizia che è loro  ordinato di far giustizia e fanno invece il contrario. Bisogna essere misericordiosi verso il bene di tutti, nel senso che non possiamo badare solo ai nostri interessi, soprattutto quando essi vanno contro il bene comune, oppure attentano all’integrità della coscienza morale. Dobbiamo convenire che la corruzione è una delle componenti del mancato sviluppo della nostra Regione. Essa ha tante forme: appropriazione indebita, false dichiarazioni nei confronti dello Stato, sperpero del denaro pubblico, sostegno politico a chi non lo merita, connivenze con metodi illegali di arricchimento. Dobbiamo reagire con fermezza e coraggio e S. Francesco di Paola è per noi di esempio in questo Giubileo della misericordia. Abituiamoci a non premiare con il nostro voto politico o amministrativo chi ha mal governato o ha dato prova di corruzione nella gestione della cosa pubblica. Vogliamo approfittare di ritornare a richiamare l’attenzione della politica sulla situazione sanitaria regionale, specialmente quella delle Case di accoglienza di tutte le forme di disabilità. Hanno superato già da tempo il limite della sopportazione.

 

19. Misericordia e piaga della ‘Ndrangheta

Anche per gli uomini e le donne di ‘Ndrangheta esiste un progetto di misericordia da parte di Dio e della Chiesa. Ma questa misericordia, così come per tutti i credenti, non può essere banalizzata e ridotta a gesti meramente devozionali, che non costano nulla: attraversamento della porta santa e bacio del Crocifisso, processioni e forme devozionali. C’è bisogno di questo, ma soprattutto di altro, di più sostanzioso: c’è bisogno del cambiamento radicale di vita, della richiesta di perdono e della giusta riparazione. E non bisogna avere paura di fare tutto questo: la Chiesa attende e accompagna lentamente chi vuole convertirsi, ascoltare l’appello del Padre misericordioso, conducendolo per mano attraverso tappe, piccole ma efficaci.

S. Francesco di Paola è venerato da tantissime persone, perfino (non sappiamo se dire purtroppo) da persone contigue o affiliate a movimenti criminali, le quali dicono di voler bene a S. Francesco, ne venerano l’immagine, forse lo portano a spalla in processione, però sono lontane da Dio perché vivono ed operano nell’ illegalità e contro la sua legge. Ad essi diciamo che S. Francesco vuole segni più veri di affetto, che consistono nel dissociarsi da ogni aggregazione criminale, nel denunciare il male del quale si è a conoscenza, nel riparare in ogni modo al male fatto. A S. Francesco noi chiediamo di aiutarci a distruggere questo male endemico della nostra Regione e ad indurre a conversione i colpevoli.

 

20. Misericordia verso la nostra terra

S. Francesco ha amato il Sud e la nostra terra, la Calabria. A malincuore si è allontanato dalla Calabria per andare in Francia, su ordine del Papa. Ma gli rimase sempre viva nel cuore la nostalgia di essa. Qualche anno prima di morire, fece l’estremo tentativo con il re Luigi XII di ottenere il permesso di ritornare quaggiù. E l’ottenne. Ma quando era tutto pronto per il lieto rimpatrio, gente influente della corte fecero tornare Luigi XII sulle sue decisioni e il permesso fu revocato. Rimanendo in Francia, non si vergognò di essere l’umile contadino calabrese e, nonostante godesse del favore dei re, continuò con umiltà e semplicità a vivere la vita di sempre: sobrio, devoto, austero, penitente, accogliente, lavoratore della terra, annunciatore di riconciliazione. La tradizione vuole che egli, dall’alto del Pollino, nel suo viaggio verso la Francia, abbia benedetto questa nostra terra. In questo VI Centenario della sua nascita, dobbiamo di nuovo chiedere a S. Francesco questa benedizione, ricca di amore per la “sua” Calabria. Sì, dal cielo deve benedire tutti noi, che guardiamo fiduciosi verso di lui e chiediamo la sua potente intercessione presso il trono dell’Altissimo. Ma nulla potrebbe la benedizione di Dio  e dei suoi Santi, se non rinasce fra noi un amore verso la nostra terra e i suoi abitanti. Ci permettiamo, pertanto, di sollecitare da tutti un po’ più di amore per la nostra Calabria, così innamorata del Santo nostro.

A tutti chiediamo di tornare ad amare la nostra cultura e le nostre tradizioni, i nostri tesori d’arte, e di rispettare la natura, dataci da Dio: il mare, le coste meravigliose, le spiagge assolate, i monti aspri, brulli e alberati, i nostri fiumi, il nostro sistema di acque potabili, il nostro clima, la nostra atmosfera, le nostre risorse energetiche. Finisca ogni forma di violenza contro l’ambiente, ogni abuso edilizio, ogni abuso agricolo e tecnico. Non si sciupi l’acqua potabile, il grande dono di natura che ancora possediamo. Non si avveleni il sottosuolo con versamenti criminali di rifiuti, anzi si agisca per il riuso, il riciclo, la riqualificazione di ogni tipo di rifiuto.

Ai politici chiediamo che impostino un serio e articolato programma di sviluppo economico e sociale, creando lavoro per i nostri giovani, nel rispetto del bene comune, contro ogni forma di clientelismo. Agli amministratori chiediamo di riscoprire il loro vero compito, che non implica mai occupazione di fette di potere,ma  servizio per il bene e l’utilità di tutti. Ringraziamo politici e amministratori per gli sforzi finora fatti a servizio delle varie comunità.

Supplichiamo gli uomini e le donne di ‘Ndrangheta di non tenere più sotto scacco la vita politica e amministrativa della nostra Regione, liberandola dalle catene con le quali l’hanno legata e le impediscono di crescere, asfissiando colpevolmente le speranze dei giovani.

Esortiamo chi ha responsabilità educativa, anche nella Chiesa, ad intensificare gli sforzi, perché formando ragazzi e giovani ai valori e agli ideali alti e nobili e trasmettendo amore alla cultura e al bello di ogni tipo, possiamo sperare di avere domani cittadini più maturi e legati maggiormente alla nostra terra e alle sue ricchezze.

A voi giovani, che spesso siete costretti a lasciare questa nostra terra perché non vi offre futuro, chiediamo il coraggio e la pazienza di resistere ancora un po’, mettendo a frutto la vostra creatività in tutti i settori per contribuire voi stessi ad un futuro più ricco di opportunità  di lavoro e di successo.

 

21. Preghiera a S. Francesco

Luce della Calabria, S. Francesco di Paola,

la Chiesa ti ha scelto come Patrono della nostra Regione

e nostro intercessore dinanzi a Dio.

Veglia su di noi e sulla tua e la nostra terra.

Invochiamo la tua intercessione per la nostra Chiesa,

affinché mostri sempre un volto senza macchia né ruga,

tale da riflettere il volto misericordioso di Dio.

Fa’ che superiamo ogni interesse di parte

e tutto possa convergere verso il bene comune.

Aiutaci a sconfiggere i mali che ci affliggono:

la povertà di mezzi, il sottosviluppo economico,

la delinquenza organizzata, l’emigrazione.

Illumina e guida chi ci governa

perché imposti una politica saggia e risolutiva.

Benedici le famiglie, confortandole nei sacrifici che affrontano.

Impetraci un futuro migliore:

nella fedeltà al vangelo, nella giustizia, nella misericordia,

nella legalità, nella pace, nel rispetto della nostra natura

e delle nostre tradizioni più belle. Amen.

 

22. Conclusione

Carissimi fratelli e sorelle, meditando sulla persona e sul messaggio di S. Francesco di Paola in questo VI Centenario della sua nascita, abbiamo potuto meditare anche sui contenuti del Giubileo della misericordia e imparare così a viverlo con efficacia. Torniamo a ripetere: non banalizziamo la fede, i suoi contenuti e le sue opportunità spirituali. Non pensiamo di risolvere il Giubileo e ottenere misericordia compiendo solo alcuni gesti formali ed esteriori, con i quali cerchiamo, ma inutilmente, di tenere buone  le nostre coscienze. Dio non copre mai il peccato, lo scopre per cancellarlo. S. Francesco di Paola in questo anno ci aiuterà a scoprire i nostri peccati, affinché Dio li perdoni e noi, riconciliati e convertiti, possiamo riprendere con impegno il nostro cammino rinnovati nello spirito.

Per intercessione della Beata Vergine, vi benediciamo + di cuore nel nome del Signore e di S. Francesco.

                                                                                                                              Gli Arcivescovi e Vescovi della Calabria

Catanzaro, 14 febbraio 2016, I domenica di Quaresima

La lettera pastorale dei Vescovi calabresi per il VI Centenario della nascita di San Francesco
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