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Il Papa ai confratelli ecuadoriani: non cadere nell'alzheimer spirituale, servire sempre

Incontro del pontefice con sacerdoti e religiosi nel santuario nazionale mariano di Quito. Al centro la gratuità e il servizio, sull'esempio di Cristo. Grande festa per l'arrivo del Papa, in molti per vederlo hanno atteso dalla scorsa sera ecuadoriana. E ancora: l'invito a non negare le proprie radici e a coltivare le tradizioni religiose popolari.

Il Papa ai confratelli ecuadoriani: non cadere nell'alzheimer spirituale, servire sempre

“Gratuità e servizio”: sono le due parole chiave del discorso che oggi Papa Francesco ha rivolto a sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi, nel santuario nazionale mariano “El Quinche” a Quito, durante il suo viaggio apostolico in Ecuador. Il Pontefice ha detto di non “avere voglia” di leggere il discorso preparato, che ha consegnato alla Conferenza dei religiosi affinché sia diffuso tra i presenti e ha parlato a braccio. Il primo pensiero è stato per Maria, che “non ha mai vissuto come protagonista”, ma è stata la “prima discepola di suo Figlio”. E proprio da Maria dobbiamo imparare la coscienza della gratuità di Dio: “Tutti i giorni - ha affermato - tornate a percorrere questo cammino della gratuità con cui Dio ci ha scelto”. Infatti, ha osservato, “non avete pagato un ingresso per entrare nella vita religiosa, non lo avete meritato. Siamo oggetto della gratuità di Dio”. Il Santo Padre ha messo in guardia da un rischio: “Se dimentichiamo questo, ci renderemo importanti. Lentamente ci allontaniamo da quello da cui Maria non si è mai allontanata: la gratuità di Dio”. Perciò, “prima di andare a dormire - è stato il consiglio di Francesco - dare uno sguardo a Gesù” e, imparando da Lui, “dire tutto è gratis”. 

Il Papa, poi, ha parlato del rischio di cadere in “una malattia pericolosa”: “Non cadete - ha esortato - nell’Alzheimer spirituale, non perdete la memoria da dove siete stati tolti, non perdete le radici. La gratuità è una grazia che non può convivere con la promozione”. La gratuità va insieme al servizio: “Servire - ha sostenuto il Pontefice - e non fare altro che servire, anche quando siamo stanchi, anche quando la gente disturba. Chi percorre il cammino del servizio deve lasciarsi disturbare senza perdere la pazienza”. Dunque, “il servizio” va “mescolato alla grazie”, è la ricetta suggerita dal Santo Padre: “Quello che hai ricevuto gratis, dallo gratis per favore. Per favore - ha insistito - non fate pagare la grazia. La nostra pastorale sia gratuita. È brutto quando qualcuno perde questo senso della gratuità”. Il sacerdote o il consacrato che vive questi due aspetti della gratuità e della memoria si vede perché ha due caratteristiche: “la gioia e il fatto di godersi le cose”. Infine, l’invito: “Facciamo memoria delle meraviglie che il Signore ha fatto nella nostra vita”. “Non siamo mercenari, ma servitori; non siamo venuti per essere serviti, ma per servire e lo facciamo con pieno distacco, senza bastone e senza bisaccia”. “La parola di Dio - ha detto Francesco dal santuario nazionale mariano El Quinche, dedicato all’omonima Madonna, venerata in tutto il Paese - ci dice che nella storia di Israele i giudici, i profeti, i re sono un dono del Signore per far giungere la sua tenerezza e la sua misericordia al suo popolo. Sono segno della gratuità di Dio: è Lui che li ha eletti, scelti e inviati”. “Questo ci libera dall’autoreferenzialità - ha proseguito - ci fa comprendere che non ci apparteniamo più, che la nostra vocazione ci chiede di rinunciare ad ogni egoismo, ad ogni ricerca di guadagno materiale o di compensazione affettiva, come ci ha detto il Vangelo”, in cui “il Signore ci invita ad accogliere la missione senza porre condizioni”. Come fa Maria, che “è stata un dono di Dio per i suoi genitori e per tutto il popolo che aspettava la liberazione”.

 “Ciascuno di noi ha fatto l’esperienza di un Dio che ci viene incontro all’incrocio, che nella nostra condizione di persone cadute, abbattute, ci chiama”. Lo ha detto il Papa, che incontrando il clero prima di congedarsi dall’Ecuador ha ammonito: “Che la vanagloria e la mondanità non ci facciano dimenticare da dove Dio ci ha riscattati! Che Maria del Quinche ci faccia scendere dalle nostre ambizioni, dai nostri interessi egoistici, dalle eccessive attenzioni verso noi stessi!”. “Non rifiutate di condividere, non fate resistenza a dare, non rinchiudetevi nella comodità, siate sorgenti che tracimano e rinfrescano, specialmente gli oppressi dal peccato, dalla delusione, dal rancore”, l’invito di Francesco, che ha ricordato come “l’autorità che gli apostoli ricevono da Gesù non è per il loro vantaggio: i nostri doni sono destinati a rinnovare e edificare la Chiesa”.

Infine, dal santuario nazionale mariano, l'esortazione: "Non dimentichiamo di aver cura, di animare e di educare la devozione popolare che si tocca con mano in questo Santuario ed è tanto diffusa in molti Paesi latinoamericani”.“Maria non guarda indietro e, con chiaro riferimento al monito evangelico, cammina decisa in avanti. Anche noi, come i discepoli nel Vangelo, ci mettiamo in cammino per portare ad ogni popolo e luogo la Buona Notizia di Gesù”. Il Papa ha usato questa analogia, per spiegare al clero ecuadoregno la virtù della “perseveranza”, che in chiave missionaria “significa non andare girando di casa in casa, cercando dove ci trattino meglio, dove ci siano più mezzi e comodità”, ma “richiede di unire la nostra sorte a quella di Gesù sino alla fine”. Poi il riferimento alle apparizioni della Vergine del Quinche, che parlano di una “signora con un bambino in braccio” che “visitò per alcuni pomeriggi di seguito gli indigeni di Oyacachi quando questi cercavano rifugio dagli assalti degli orsi”: “Varie volte - il comento di Francesco - Maria andò incontro ai suoi figli; loro non le credevano, dubitavano di questa signora, però restarono ammirati dalla sua perseveranza nel ritornare ogni pomeriggio al calar del sole”. Di qui la consegna: “Perseverare, anche se ci respingono, anche se viene la notte e crescono lo smarrimento e i pericoli. Perseverare in questo sforzo, sapendo che non siamo soli, che è il Popolo Santo di Dio che cammina. Camminiamo uniti, sostenendoci gli uni gli altri, e chiediamo con umiltà il dono della perseveranza nel suo servizio”. “Com’è bello quando la Chiesa persevera nel suo sforzo per essere casa e scuola di comunione, quando generiamo quello che mi piace definire la cultura dell’incontro!”, ha esclamato il Papa, secondo il quale “incontrare il Signore, vivere nella sua casa, partecipare alla sua intimità, impegna all’annuncio del Regno e a portare la salvezza a tutti”. “Attraversare le soglie del Tempio esige di trasformarci come Maria in templi del Signore e metterci in cammino per portarlo ai fratelli”, ha proseguito, ricordando che “la Vergine, come prima discepola missionaria, dopo l’annuncio dell’Angelo, partì senza indugio verso un villaggio della Giudea, per condividere questa immensa esultanza, la stessa che fece sussultare san Giovanni Battista nel grembo di sua madre”. “La gioia di evangelizzare muove la Chiesa, la fa uscire, come Maria”, ha spiegato il Pontefice: “Una Chiesa in uscita è una Chiesa che si avvicina, che si adatta per non essere distante, che esce dalla sua comodità e ha il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo”.

Fonte: Sir
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